Inps, arriva la norma anti-colf

by redazione | 3 Ottobre 2015 9:04

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Il caso. Le nuove regole in una circolare contestata: escluso dalla Naspi chi fa meno di 24 ore a settimana. Un terzo delle lavoratrici domestiche, oltre 300 mila, non potrà accedere alla disoccupazione. Allarme anche per gli stagionali: indennità dimezzate. Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil chiedono un incontro urgente alle Camere

Il mondo delle colf è già molto bistrat­tato, e visto il basso grado di wel­fare e ser­vizi che si rice­vono a fronte di un con­tratto rego­lare (si pensi solo alla pen­sione, quasi un’utopia per le lavo­ra­trici stra­niere), molte col­la­bo­ra­trici dome­sti­che scel­gono — spesso anche volon­ta­ria­mente — di restare in nero. Ma sem­bra che l’Inps voglia dare il colpo di gra­zia, per­ché in forza di una cir­co­lare del luglio scorso sta di fatto impe­dendo a cen­ti­naia di migliaia di col­la­bo­ra­trici fami­liari di acce­dere alla disoc­cu­pa­zione (oggi defi­nita con il ter­mine «Naspi»).

L’inghippo, denun­ciato dai sin­da­cati — che hanno chie­sto un incon­tro urgente alle com­mis­sioni Lavoro di Camera e Senato — risiede nella cir­co­lare inter­pre­ta­tiva (ai decreti del Jobs Act) del 29 luglio di quest’anno, esat­ta­mente la numero 142. L’istituto gui­dato dall’economista Tito Boeri ha infatti ristretto i requi­siti per otte­nere la Naspi, ma solo per la cate­go­ria dei lavo­ra­tori dome­stici: se la norma gene­rale dispone che si ha diritto alla Naspi con almeno 30 gior­nate di lavoro nei 12 mesi pre­ce­denti, la cir­co­lare inter­pre­ta­tiva Inps spe­ci­fica che invece per colf, badanti e baby sit­ter si deve inten­dere un periodo minimo di 5 set­ti­mane di almeno 24 ore lavo­ra­tive cia­scuna (lo dice al punto 5.1: «Per­fe­zio­na­mento del requi­sito delle 30 gior­nate di effet­tivo lavoro per i lavo­ra­tori addetti ai ser­vizi dome­stici e familiari»).

L’interpretazione dell’Inps col­pi­sce secondo il sin­da­cato almeno un terzo dei lavo­ra­tori dome­stici rego­lari ita­liani, e in par­ti­co­lare quelli con meno ore di lavoro: se molte badanti hanno infatti con­tratti pari o anche supe­riori a 24 ore set­ti­ma­nali (ma molte non con­vi­venti sono part time, quindi pos­sono stare sotto), molto a rischio sono le baby sit­ter e le col­la­bo­ra­trici fami­liari. Si tratta di circa 310 mila per­sone sul totale delle 900 mila che lavo­rano nel set­tore, cal­cola la Fil­cams Cgil.

«Si apre una situa­zione di evi­dente ini­quità, in cui una lavo­ra­trice dome­stica part time, che magari lavora per 12 mesi con­ti­nua­tivi con un con­tratto di 20 (o anche 23) ore set­ti­ma­nali non può acce­dere alla Naspi, men­tre un’addettae di un altro set­tore, met­tiamo ad esem­pio una com­messa, con un iden­tico con­tratto part time, anche con una anzia­nità infe­riore, per­ce­pi­sce rego­lar­mente il trat­ta­mento», spiega la segre­ta­ria Fil­cams Cgil Giu­liana Mesina.

Secondo il sin­da­cato, l’Inps potrebbe anche aver scritto la cir­co­lare quasi senza capire che sarebbe andata a col­pire un set­tore già debole, tagliando con l’accetta una soglia sotto la quale la Naspi non si prende. «Non hanno sen­tito le parti sociali, ci sta che lo abbiano fatto addi­rit­tura senza ren­dersi conto delle con­se­guenze», ipo­tiz­zano alla Fil­cams Cgil.

Die­tro, però, ci sono cen­ti­naia di migliaia di lavo­ra­trici, spes­sis­simo immi­grate, che già peral­tro pagano i con­tri­buti per pen­sioni che forse non vedranno mai (in diversi casi man­cano gli accordi di reci­pro­cità con i Paesi di ori­gine). Lo si sia voluto o no, insomma, per­ché acca­nirsi pro­prio su di loro? E Boeri in par­ti­co­lare, attento in varie occa­sioni a cate­go­rie deboli come ad esem­pio gli over 55, si è reso conto del danno che l’Inps può arre­care a un eser­cito di per­sone quasi indi­fese? Ce lo chie­diamo e glielo chiediamo.

All’incontro chie­sto alle Com­mis­sioni Lavoro di Camera e Senato, Fil­cams, Fisa­scat e Uil­tucs, chie­de­ranno più in gene­rale una riscrit­tura dei ter­mini di accesso alla Naspi, anche per i lavo­ra­tori sta­gio­nali. La loro inden­nità di disoc­cu­pa­zione è infatti stata ridotta sen­si­bil­mente: «Se in pas­sato un lavo­ra­tore del turi­smo o dell’industria ali­men­tare, met­tiamo ad esem­pio chi fa i panet­toni o le uova di Pasqua, dopo 6 mesi di lavoro aveva diritto a sei mesi di inden­nità, adesso avrà diritto sol­tanto a 3 mesi — spiega Cri­stian Sesena, segre­ta­rio Fil­cams Cgil — In un anno, diversi mesi rischiano di rima­nere del tutto scoperti».

Dopo le pro­te­ste del sin­da­cato, e ulti­ma­mente anche di un nutrito gruppo Face­book, «Lavo­ra­tori sta­gio­nali» (oltre 29 mila iscritti), per il 2015 il mini­stero del Lavoro ha deciso di con­ge­lare le nuove regole, che però entre­ranno in vigore nel 2016. I sin­da­cati chie­dono una modi­fica nella Legge di Sta­bi­lità o al più tardi nel cosid­detto «Milleproroghe».

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