Il neopopulismo di governo

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RENZIME DEMOCRATICO. Il nostro paese si sta trasformando in un deserto nel quale crescono solo varietà diverse di una stessa pianta, tutte germogliate da un ceppo originario, il berlusconismo, che sta malinconicamente rinsecchendosi

Il pae­sag­gio poli­tico ita­liano si sta ridi­se­gnando sem­pre di più attorno alla figura del pre­si­dente del Con­si­glio. Più che par­lare di regime auto­ri­ta­rio si potrebbe par­lare di ren­zime demo­cra­tico, una forma nuova di inte­gra­zione tra popu­li­smo, comu­ni­ca­zione e governo che supera la tra­di­zio­nale distin­zione tra destra e sini­stra, ma con­ser­vando uno zoc­colo duro nel popolo di sini­stra da cui nasce, un popu­li­smo di nuova gene­ra­zione che rimo­della sistema poli­tico e com­pe­ti­tors.
Di popu­li­smi ne abbiamo avuti e ne abbiamo tanti oggi in Europa.

In genere essi si col­lo­cano a destra dall’opposizione e a que­sto modello si ispira la Lega. Ma in Ita­lia ne abbiamo par­to­rito altri.
Anche il M5S si è affer­mato gra­zie a un forte popu­li­smo anti­si­stema, ma con alcune novità impor­tanti: una forte attra­zione nel popolo di sini­stra su temi come la par­te­ci­pa­zione, l’ambiente, la mora­liz­za­zione della poli­tica, una inno­va­tiva capa­cità di comu­ni­ca­zione e di spet­ta­co­la­riz­za­zione della poli­tica e del rap­porto con i cittadini.

M5S e Lega nascono, comun­que, come forze anti­si­stema ed esterne al sistema dei par­titi sto­rici.
Il neo­po­pu­li­smo ren­ziano si pre­senta, invece, con due pecu­lia­rità: nasce come forza di governo, anzi solo per gover­nare (non potrebbe esi­stere senza); nasce come rottura/evoluzione/trasformazione dall’interno di un par­tito, anzi dell’ultima forza poli­tica sto­rica orga­niz­zata.
Adesso che, a metà legi­sla­tura e col com­ple­ta­mento delle riforme, si sta con­clu­dendo la prima fase di que­sta espe­rienza, può essere utile ana­liz­zare i prin­ci­pali filoni che ne hanno ispi­rato l’azione.

Il filone anti­ca­sta. Dopo quanto emerso a par­tire dall’omonimo libro, la lotta con­tro la casta era stata il prin­ci­pale cavallo di bat­ta­glia del M5S. Un tema così pre­gnante non poteva non essere caval­cato e così è stato: due tra le più impor­tanti modi­fi­che del nostro assetto isti­tu­zio­nale — Pro­vince e Senato — sono state affron­tate uti­liz­zando come moti­va­zione prin­ci­pale la neces­sità di ridurre gli eletti, la casta. Non si è com­piuta una ana­lisi delle fun­zioni e dei livelli isti­tu­zio­nali pro­li­fe­rati, dai muni­cipi delle grandi città, ai comuni, alle comu­nità mon­tane, alle pro­vince, alle regioni, per ristrut­tu­rarli in un dise­gno orga­nico, ma si è scelta la via della sem­pli­fi­ca­zione eli­mi­nando gli organi elet­tivi e dando vita in ambe­due i casi ad orga­ni­smi pastic­ciati e pres­so­ché inu­tili. La chiave con­tro la casta e i costi della poli­tica è stata fon­da­men­tale ed è ser­vita a accre­scere la con­cen­tra­zione dei poteri nell’esecutivo.

Il filone gover­na­bi­lità. Stret­ta­mente con­nesso a que­sto pro­cesso è il modello elet­to­rale deli­neato con lo slo­gan «sapere la sera delle ele­zioni chi ha vinto», pro­blema appena sen­tito dall’opinione pub­blica ed esa­spe­rato volu­ta­mente per far pas­sare un modello che cozza con la nostra cul­tura costi­tu­zio­nale e con l’equilibrio tra rap­pre­sen­tanza e governabilità.

Si è nasco­sta, così, die­tro al mes­sag­gio della gover­na­bi­lità, la sostanza di accen­tra­mento nelle mani di una sola per­sona dei poteri deci­sio­nali e di nomina senza con­trap­pesi. Una scelta gra­vis­sima e carica di rischi futuri che asse­gnerà il 55% dei seggi a un par­tito che avrà il con­senso del 30% dei votanti e del 15% degli elet­tori pas­sata col con­senso della mino­ranza di sini­stra che, di fronte a tanta gra­vità, si tra­stul­lava con le preferenze.

Il filone anti­pri­vi­legi. Anche la lotta ai pri­vi­legi non poteva non essere un cavallo di bat­ta­glia del neo­po­pu­li­smo. Spo­stando il con­cetto di pri­vi­le­gio dagli strati sociali ric­chi a tutti coloro che stanno meglio degli ultimi, si è arri­vati ad addi­tare come pri­vi­le­giati quelli che hanno un lavoro tute­lato a fronte dei tanti pre­cari e disoc­cu­pati. Tutto que­sto per arri­vare a col­mare l’ingiustizia eli­mi­nando l’articolo 18 a vita per i nuovi assunti. Un caso esem­plare di eli­mi­na­zione di una ingiu­sti­zia per alcuni eli­mi­nando la giu­sti­zia per tutti.

Il filone anti­bu­ro­cra­zia. A que­sto filone, anch’esso molto sen­tito dalla popo­la­zione, si è ispi­rata la cosid­detta riforma della pub­blica ammi­ni­stra­zione che ha par­to­rito finora solo slo­gan e bana­lità ele­vati a prin­cipi, ma tanto basta per far sfo­gare sui fan­nul­loni il males­sere dei cit­ta­dini. Anche la riforma della scuola con la con­cen­tra­zione di poteri nei pre­sidi pro­mossi a mana­ger per decreto, si col­loca in que­sto filone.

Il filone anti­spre­chi. E’ stata caval­cata con nomine e con­tro­no­mine la ridu­zione della spesa pub­blica ed enti locali e sanità sono stati addi­tati come i respon­sa­bili da dare in pasto all’opinione pub­blica. Con­se­guenze imme­diate: gli enti locali depe­ri­scono e tas­sano di più i cit­ta­dini. Con­se­guenze future: alcune ana­lisi saranno rese più dif­fi­cili a meno di non pagar­sele, chi può.

Il filone distri­bu­tivo. Casta, pri­vi­legi, buro­cra­zia, spre­chi: fin qui niente di diverso dagli altri popu­li­smi. Ma trat­tan­dosi di neo­po­pu­li­smo di governo si sono potuti atti­vare anche altri canali.

Uno in chiave com­pen­sa­tiva nella scuola: a con­di­zione che accet­tas­sero sedi lon­tane e la nuova orga­niz­za­zione si è offerta la siste­ma­zione a una parte dei pre­cari. Altri in chiave distri­bu­tiva: gli 80 euro, i con­si­stenti finan­zia­menti alle imprese che tra­sfor­mano i pre­cari in sta­bili per tre anni e adesso la pro­messa di detas­sare le prime case rien­trano in que­sto filone. Gio­cati al momento oppor­tuno per far pas­sare prov­ve­di­menti indi­ge­sti e soprat­tutto nei tempi giu­sti essi costi­tui­scono l’altra fac­cia delle poli­ti­che ren­ziane. Natu­ral­mente non si tratta di una redi­stri­bu­zione volta a ridurre le disu­gua­glianze: se gli 80 euro sono andati ai red­diti medio bassi, gli incen­tivi sono andati alle imprese e la detas­sa­zione della casa favo­rirà i ric­chi. Gli effetti eco­no­mici con­creti saranno dif­fi­cili da cal­co­lare, ma i con­sensi elet­to­rali facili da raccogliere.

Da que­sta sche­ma­tica rivi­si­ta­zione delle poli­ti­che del governo emerge una stra­te­gia che ha una sua orga­ni­cità e che risponde a una visione.
Così il nostro paese si sta tra­sfor­mando in un deserto nel quale cre­scono solo varietà diverse di una stessa pianta — il popu­li­smo — tutte ger­mo­gliate da un ceppo ori­gi­na­rio, il ber­lu­sco­ni­smo, che sta malin­co­ni­ca­mente rinsecchendosi.

In que­ste con­di­zioni ambien­tali stiamo svol­gendo un dibat­tito ampio sulla sini­stra e sul suo futuro. In pre­senza di due popu­li­smi di oppo­si­zione e di uno di governo il com­pito non è affatto facile. E forte può essere la ten­ta­zione di impor­tare le piante che cre­scono in altri paesi, o pro­vare a ripian­tare i semi originari.

Ma se que­sta è la situa­zione occorre ben altro. Dovremo sca­vare in pro­fon­dità, arri­vare alla sor­gente, rige­ne­rare il ter­reno, creare le con­di­zioni per­ché nuove piante attec­chi­scano e crescano.

E’ pro­ba­bile che incas­sate le riforme la prima fase ana­liz­zata si chiuda e se ne apra un’altra.
Essa dovrà fare i conti con una ripresa tanto strom­baz­zata quanto infe­riore a quella, pur fra­gile, dell’Europa. I pro­blemi finan­ziari ed eco­no­mici non potranno sem­pre essere rin­viati e molto dipen­derà dalla capa­cità di sini­stre e sin­da­cati di rimet­terli al cen­tro dell’agenda politica.

Se posso per­met­termi una sol­le­ci­ta­zione forse, dopo que­sta prima fase del nostro dibat­tito, dovremmo avviarne un’altra. Potremo seguire anche noi un filone refe­ren­da­rio per ten­tare di can­cel­lare alcune leggi e dovremmo farlo insieme, con­vin­cendo e costruendo unità e con­sensi. Ma non pos­siamo limi­tarci a que­sto. Penso che dovremmo aprire una nuova fase di discus­sione incen­trata for­te­mente sui con­te­nuti, per met­tere a punto un pre­ciso pro­gramma di governo rivolto a quella parte ampia della popo­la­zione che sta pagando il prezzo della crisi e soprat­tutto alle nuove generazioni.

Qui forse abbiamo qual­cosa da ripren­dere da quanto si muove in Spa­gna, in Gre­cia, in Gran Bre­ta­gna: in que­sti paesi le forze di sini­stra sono impe­gnate ad affron­tare il pro­blema del gover­nare e di come gestire da sini­stra una fuo­riu­scita dalle poli­ti­che di auste­rità.
Que­sto sì che sarebbe un metodo di lavoro da impor­tare per dare un nostro con­tri­buto ad una bat­ta­glia che non può che essere europea.


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