La maschera teatrale, si sa, è una sola, un unico “carattere”’ che contiene però mille identità. Dunque, per esempio, trafficante di valori è anche il mafioso antimafia, quel leader dell’antipizzo Roberto Helg che qualche mese fa è stato arrestato in flagranza cash di pizzo all’aeroporto di Palermo.
È però molto probabile che Carlo Goldoni avrebbe preferito stereotipare la nuova maschera con la bella faccia antica e abbronzata di questo Mario Mantovani, self made man padano in loden, completo sartoriale e bretelle che scriveva «l’aratro, la Croce e la ghisa sono la mia forza fisica e spirituale» e intanto incassava le bustarelle, le stecche e le mazzette sul trasporto dei dializzati: «Si scrive Lombardia ma si legge Buona Sanità, e lo dico con un pizzico di orgoglio personale».
Gestore di una immensa catena di case di riposo per anziani, centri per dialisi, cliniche e laboratori di ogni genere, da assessore alla sanità e da vicepresidente della Regione, Mantovani pilotava gli appalti, al punto da farne invalidare uno da 11 milioni, mentre vantava testualmente «la capacità di fare impresa, la generosità, la tensione costante verso l’innovazione, il senso della salute e della sua tutela come bene collettivo …». Proprietario di società immobiliari, palazzoni, ville, appartamenti e foresterie rivendicava «l’eccellenza dell’edilizia e dell’architettura di noi imprenditori lombardi» mentre pretendeva da architetti e ingegneri «prestazioni gratis nelle sue case in cambio di incarichi in appalti pubblici».
Certo, trafficante di valori è anche quel Pd romano, erede del partito comunista di Maurizio Ferrara, Antonello Trombadori e Giancarlo Pajetta, degli eroi della Resistenza e delle Fosse Ardeatine, che obbediva alla mafia capitale. E infatti trafficava in valori Salvatore Buzzi esibendo dietro la scrivania il Quarto Stato di simboli e di colori mentre taglieggiava il quarto stato di carne e di sangue. La sua cooperativa, dove si incontravano i redenti e i dannati, ostentava la carità cristiana e la solidarietà di classe per meglio vendere i profughi: «Tu ci hai idea di quanto ci guadagno sugli immigrati? Molto più che con la cocaina». Buzzi contrabbandava carne umana e dannava la schiuma della terra sbandierando il catechismo e Carlo Marx.
E però lì, anche nei soprannomi- er cecato, o’ pazzo, er diabolik… – c’è troppo inferno per essere soltanto maschera. Molto più teatrale è la maestà dei trafficanti di valori della sanità lombarda. Mantovani, per esempio, è “il faraone”. E Formigoni, che gli fu capo e maestro, era parinianamente, “il celeste”». Mentre era solo “il don”, quel don Verzé che trafficò con i valori al punto da amministrare i sacramenti insieme a «buste – raccontarono i testimoni oculari – alte tre o quattro centimetri con biglietti da 500 euro». E per i siciliani fu un sollievo scoprire padano un “don” che era due volte “don”, per il turibolo e per la coppola storta.
Il trafficante di valori non è il vecchio “vizi private e pubbliche virtù” e neppure l’ambiguità dell’abusato e perciò soffocante Pirandello, ma una novità transgenica dell’Italia postmoderma. Trafficanti di valori, doppi come Pantalone che mentiva anche a stesso, sono le guardie forestali che nei boschi del Sud accendono i fuochi che fingono di spegnere; e l’ultimo di questi pompieri incendiari, con lo sconfortante cognome di Conforto, è stato arrestato il 4 agosto scorso mentre dava fuoco ai ginepri, alle palme nane, ai capperi e alle tamerici di una delle riserve naturali più belle d’Italia.
Nel suo piccolo, ma con la sua doppia verità in rilievo, c’è pure l’onesto scroccone, il digiunatore che magna, il sindaco Marino.
Ma quello che davvero porta nei propri cromosomi sia il Dna dello Stato sia il Dna dell’ Antistato è Antonello Montante, il presidente antimafioso degli imprenditori siciliani, delegato per la legalità di Confindustria, che adesso è accusato di mafia. E viene in mente, tra i padri fondatori, Totò Cuffaro che lanciò la campagna «la mafia fa schifo!» e poi finì in prigione per mafia. Andando ancora un po’ indietro negli antefatti storici, chissà che fine ha fatto quel Nicola Di Matteo al quale spettò un posto di lavoro alla Regione Sicilia perché era fratello di una vittima innocente della mafia, ma quello stesso posto di lavoro gli fu tolto perché era anche il figlio di un killer della mafia. Come fratello, insomma, Nicola era l’antimafia, ma come figlio era la mafia. Come fratello venne assunto e come figlio venne licenziato.
E voglio dire che viene da lontano il trafficante di valori. Del resto, le maschere hanno radici nei personaggi di Plauto e di Aristofane. Insomma, maschera del teatro italiano si diventa. E Mantovani lo è diventato non solo perché ieri mattina plasticamente le sedie vuote (la sua, la sedia di Maroni e la sedia dell’assessore Garavaglia, perquisito) al convegno in difesa dell’onestà sembravano i disperati bidoni di Beckett, quelli dai quali era fuggita la virtù. Ma soprattutto perché Mantovani traffica e contrabbanda così tanti valori che nel suo libro per l’indipendenza della Lombardia (Gangemi, editore romano), ha scomodato, tra i tanti maestri di valori, Habermas, Bobbio, Hesse, almeno tre Papi, Stephen King, Manzoni, Carducci, Ada Negri,… e ovviamente i poeti sanremesi Panzeri e Ripa. Insomma Mantovani trafficava coi valori come Arlecchino trafficava con le salsicce. E infatti in visita in Israele si mise a paragonare la persecuzione giudiziaria di Berlusconi con l’Olocausto. Con la stessa disinvoltura nel 2007 da sindaco della sua Arconate aveva dato la cittadinanza onoraria a mamma Rosa che «ha messo al mondo – disse -l’italiano più importante del secolo». E quando gli sussurrarono «siamo nel 2007», si corresse: «Di due secoli, almeno».