Il business dei profughi fantasma “Badge-truffa al Cara di Mineo”

Il business dei profughi fantasma “Badge-truffa al Cara di Mineo”

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MINEO. Louay è uno di quelli che, nel Cara degli scandali, c’è stato meno di 48 ore. Come tutti i siriani, gli eritrei e i somali mandati qui dopo essere stati soccorsi nel Canale di Sicilia, non si è fatto prendere le impronte né identificare. Di chiedere l’asilo in Italia non aveva alcuna intenzione. Adesso che è fuggito, il suo badge fra tre giorni andrà in allarme ma chissà se la sua assenza verrà segnalata o se, come è successo per migliaia di profughi, il Consorzio che gestisce il più grande Cara d’Europa continuerà a prendere indebitamente i 35 euro che la Prefettura paga per ogni migrante per ogni giorno di permanenza. La “truffa del badge”, in quattro anni, è già costata allo Stato centinaia di migliaia di euro. E la stima è approssimata per difetto. Truffa è il reato ipotizzato dal procuratore della Repubblica di Caltagirone Giuseppe Verzera nel nuovo filone dell’inchiesta sul Cara di Mineo, il quarto dopo quelli sull’irregolarità dell’appalto da cento milioni di euro per la gestione del centro venuta fuori in Mafia capitale, sulla parentopoli nelle assunzioni del personale e sull’induzione alla corruzione con l’offerta di posti di lavoro in funzione di cambi di casacca al consiglio comunale di Mineo, filone quest’ultimo che ha già portato alla notifica di cinque avvisi di conclusione d’indagine, uno dei quali per il sindaco di Mineo, Anna Aloisi dell’Ncd.
La reale entità della truffa del badge è ancora in fase di quantificazione, ma il meccanismo è chiarissimo. Quando i migranti vengono condotti al Cara viene loro consegnato un badge che dà diritto ad usufruire di tutti i servizi del centro: dalla mensa all’emporio all’ambulatorio. E che, naturalmente, serve agli ospiti per entrare ed uscire dal centro. Quando non viene utilizzato per tre giorni di fila, il badge va in allarme, segnalando l’assenza dal Cara del migrante in questione. Dopo ulteriori due giorni di inattività, il tesserino magnetico viene automaticamente disattivato. E se, per i primi tre giorni di “assenza” i 35 euro di diaria sono comunque dovuti al gestore, passate le 72 ore, nulla più sarebbe dovuto. Ed è proprio qui che si innesta la truffa. Perché le assenze che vengono automaticamente registrate dal sistema computerizzato del Cara non sarebbero state segnalate alla Prefettura che, dunque, dal 2011 ad oggi avrebbe continuato a pagare diarie non dovute per giorni, settimane, mesi per migliaia di migranti fantasma.
L’inchiesta condotta dal procuratore Verzera sta poi vagliando un’ulteriore ipotesi: che possa esserci stato anche un fiorente “mercato” parallelo di badge attivi lasciati dai migranti fuggiti e gestiti dai terminali delle organizzazioni di trafficanti molto attivi nel centro. Come ha svelato alcuni mesi fa un’inchiesta della Dda di Palermo, le cellule siciliane dei trafficanti libici sarebbero state in grado di far entrare abusivamente nel Cara di Mineo centinaia di loro “clienti”, ospitandoli lì a spese dello Stato in attesa di organizzare per loro (ovviamente dietro un ulteriore pagamento) l’ultima tappa del loro viaggio con destinazione Nord Europa.
Il nuovo filone di indagine, del quale il procuratore Verzera ha già informato la commissione antimafia, la commissione d’inchiesta sull’accoglienza ai migranti e quella sulle libertà civili della Ue, arriva nel momentoin cui il Cara di Mineo ( pesantemente coinvolto nell’inchiesta romana su Mafia capitale) ha subito un improvviso ridimensionamento: dal dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione diretto dal prefetto Mario Morcone, che in questi anni ha destinato a Mineo più di 4000 persone contemporaneamente, è arrivato l’ordine di dirottare altrove i migranti. E adesso il numero degli ospiti è sceso sotto quota 2.000, con la conseguente riduzione della forza lavoro. Dei circa 700 lavoratori del centro ( a cui si sommano le migliaia dell’indotto e dei centri Sprar del circondario) più di 150 hanno ricevuto preavviso di licenziamento.
Anche altre Procure accendono i riflettori su truffe analoghe. Ad Agrigento i pm Vella e Delpini, coordinati dal procuratore Renato Di Natale,hanno mandato la Guardia di finanza a perquisire gli uffici della Omnia Academy, un’associazione che gestisce comunità di accoglienza di migranti in quattordici comuni e che ha visto lievitare il suo volume d’affari in un solo anno da un milione e mezzo a cinque milioni di euro. Sette gli indagati per truffa ai danni dello Stato e falso.


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