LIMA. «L’economia italiana sta uscendo dalla crisi, i numeri sono incoraggianti», assicura il ministro Pier Carlo Padoan, arrivando a Lima dove ieri sera, quando in Italia era già notte fonda, ha partecipato alla cena del G20 tutta dedicata alla crescita. Un incontro all’insegna della preoccupazione perché il mondo si sta riprendendo, questo è sicuro, ma è in atto un rallentamento dei mercati emergenti, innescato dalla frenata cinese, complice anche il calo dei prezzi del petrolio, che potrebbe compromettere lo sviluppo globale ancora “modesto, incerto, mediocre” come lo definisce il numero uno del Fmi, Christine Lagarde. Segnali inquietanti già si intravedono all’orizzonte anche in Europa. L’ultimo dato sull’export tedesco, considerato appunto una spia di quel che sta avvenendo a livello globale, segnala per esempio ad agosto un crollo dell’export del 5,2%, la discesa più marcata dal 2009. Lo stesso Fmi ha già ridotto le stime per la crescita mondiale al 3,1% quest’anno dal 3,4 del 2014. Perfino Padoan ammette che la svolta italiana, ratificata anche dal Fmi (0,8% di Pil quest’anno, 1,3 il prossimo) sta avvenendo “con qualche fatica”. E la Federal Reserve americana rende noto il verbale della riunione di settembre nella quale decise di rinviare il rialzo dei tassi. La maggior parte dei suoi membri si schierò a favore di un ritocco entro la fine del 2015. Ma non subito: «è prudente attendere”, si legge nelle minute. Ci vogliono più informazioni e maggiore chiarezza sulle prospettive dell’economia mondiale, sul rallentamento cinese, sull’andamento dei mercati e sull’inflazione.E questo anche se «l’economia Usa rimane sui binari giusti» e dunque è già in grado di reggere l’impatto di un rialzo dei tassi. E’ il contesto che preoccupa la Fed è anche il G20 riunito a Lima.
In una conferenza stampa la signora Lagarde, facendo “ un’analogia con la cucina peruviana”, la migliore di tutta l’America Latina, suggerisce “i tre ingredienti” per consolidare l’uscita dalla crisi. Ovvero: «gestione accurata» di quella che definisce «la transizione economica», dalla recessione alla ripresa; «massima attenzione a potenziali effetti-contagio » dai mercati emergenti a quelli avanzati, come è accaduto lo scorso agosto, con il ripiegamento della Cina; «cooperazione internazionale» certa. Perciò, ecco il messaggio di Lagarde, occorre che i governi attuino le riforme strutturali «per affrontare le sfide della crescita che stanno diventando più urgenti ». Le necessità variano da paese a paese «ma nel lungo termine tutti devono rimboccarsi le maniche varando misure capaci di «aumentare il lavoro, gli investimenti, la produttività ».
Una risorsa in più viene dal fenomeno immigrazione. «Una opportunità», nella visione della Lagarde. «Una necessità», secondo il presidente della Banca Mondiale, Jim Yong Kim che guarda ad «una società che sta invecchiando». Il suo istituto produce anche uno studio da cui risulta che i flussi migratori fanno aumentare la popolazione in età di lavoro. C’è pure un calcolo: un 1% in più di questi lavoratori si traduce in un aumento del Pil pro capite che può oscillare dall’1,1% al 2. Il che non è poco in tempi di vacche magre. Dai microfoni dell’assemblea il banchiere comunica anche un dato roseo e inatteso: quest’anno, per la prima volta, il numero di persone che vive in estrema povertà scenderà al minimo storico, sotto il 10%, a quota 9,6%. E’ «la migliore storia del mondo», dichiara con una certa soddisfazione ai microfoni dell’assemblea.