Da Oslo una luce speciale su un paese che lotta per far vivere la Primavera

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FINALMENTE la “Rivoluzione dei gelsomini”, il germoglio della “ Primavera araba ”, è stata riconosciuta e ricompensata. Il comitato del Nobel di Oslo ha fatto una scelta inaspettata e coraggiosa: premiare la società civile di un paese in cui una rivoluzione è riuscita a trasformare una dittatura in una democrazia è una risposta formidabile al terrorismo e alle forze della regressione. La Tunisia, che si è provvista di una costituzione unica nel mondo arabo e musulmano (libertà di coscienza, uguaglianza dei diritti di uomini e donne), vive sotto la minaccia del terrorismo. Ricordiamo l’attentato del 18 marzo scorso al Museo del Bardo (22 morti di cui 21 turisti), quello del 26 giugno nello stabilimento balneare di Sousse, sul litorale orientale (38 morti di cui 30 britannici), e la settimana scorsa il tentato assassinio di un deputato del partito Nidaa Tounes, la prima forza politica del paese, sempre a Sousse. Questi attentati sono stati rivendicati dai partigiani dello “Stato islamico”, più conosciuto con il nome di Daesh. Una guerra diretta contro il popolo tunisino che aspira a vivere in pace. Il Nobel non fermerà questa guerra, ma getta una luce speciale sulla volontà di un popolo che lotta per concretizzare il sistema democratico nelle istituzioni e nelle mentalità, che si impegna per realizzare “la sua primavera” e portarne avanti lo sviluppo.
La “ primavera araba” continua anche attraverso le tragedie, come in Siria e in Libia. L’Egitto, invece, pur continuando a condurre una lotta senza quartiere ai Fratelli musulmani, si è riallacciato al sistema di Mubarak. Ma questa primavera non è ancora finita. Non ha ancora detto l’ultima parola. È notizia recente che i libici si sono messi d’accordo per un governo unico. Forse l’attribuzione del Nobel alla nuova Tunisia cambierà lo sguardo che il mondo posa sul mondo arabo in crisi. Il fatto è che, premiando sia un sindacato che gli imprenditori, sia un’associazione di avvocati che la lega per per i dirit- ti umani, il comitato del Nobel contribuisce a valorizzare la società civile in tutte le sue componenti e nella sua varietà, una società che ha contribuito all’instaurazione della democrazia nel paese malgrado le resistenze della componente islamista e dei partiti conservatori. Questo probabilmente scatenerà una crisi di nervi nei ranghi del Daesh. Si tratta di un segnale forte inviato a tutto il mondo e in particolare ai paesi arabi che imbavagliano la loro società civile, composta per la maggior parte da donne. È anche un segnale ai paesi europei che esitano a investire e ad aiutare la Tunisia, la cui economia è stata assassinata dal terrorismo.
È un premio talmente carico di simboli che dà speranza a un popolo che ha sofferto sotto Ben Ali e che sta imparando un giorno dopo l’altrol’esercizio della democrazia. Questo apprendistato ha bisogno di tempo e di stabilità. La Tunisia ha bisogno di essere protetta e soccorsa, perché i suoi nemici radicali e barbari non mollano la presa.
D’altronde anche l’Académie Goncourt, che attribuirà il suo premio annuale a Parigi il prossimo 3 novembre, per spirito di solidarietà con la Tunisia ha deciso di tenere a Tunisi la riunione del 27 ottobre in cui verrà stabilita la short list dei finalisti.
Anche spostare a Tunisi la giuria del premio letterario più prestigioso di Francia è un simbolo che esprime sostegno e solidarietà per la giovanissima rivoluzione tunisina.
(Traduzione di Elda Volterrani)


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