Bruxelles non concederà nessuna flessibilità all’Italia
Merkel e Juncker imporranno a Matteo Renzi tagli per 27 miliardi. Le misure in Legge di Stabilità non si possono finanziare a debito: nel 2016 il Fiscal Compact impone un rapporto Deficit/ Pil dell’1,4%. Renzi vuole sforare quasi dell’1%: vediamo perché è impossibile.
Il commissario Katainen ha già bocciato lo sforamento dello 0,2% per la gestione degli immigrati.
Mentre anche l’altra richiesta italiana, sforare dello 0,3% (5 miliardi di cofinanziamento italiano ai programmi Ue) per la clausola investimenti è poco credibile: infatti quei 5 miliardi potrebbero essere esclusi dal computo del deficit se nel 2016 spendessimo 10 miliardi di programmi cofinanziati dai fondi UE. Poiché al 31 maggio 2015 abbiamo ancora 15 miliardi da spendere dei vecchi programmi 2007–2013 è risibile che l’Italia faccia tale richiesta.
Infine, Padoan vuole sforare un altro 0,4% di Pil (6,4 miliardi) per le presunte «riforme strutturali»; ma il governo Renzi, avendo già invocato tale clausola riforme per il 2015 non può invocarla una seconda volta. Il taglio strutturale delle tasse, in quanto strutturale, non può essere coperto dalla clausola riforme che è una tantum, infatti il commissario europeo Moscovici (a Lucia Annunziata nella trasmissione in 1/2 Ora su Rai 3) ha ricordato che «se il Governo italiano decide riduzioni fiscali» deve fare tagli corrispondenti nel bilancio dello stato. Altrimenti Renzi metterà nuove tasse per sostituire le imposte che vuole abolire.
Partiamo dalla Tasi: il suo gettito nel 2014 è stato di 4,6 miliardi. Come Berlusconi, Renzi prospetta ai contribuenti un risparmio immediato.
Secondo il Servizio Politiche Territoriali della Uil, in valori assoluti il risparmio maggiore sarebbe a Torino, mediamente 403 euro a famiglia; a Roma 391 euro; a Napoli 318 euro e a Milano 300 euro. Ma se Renzi tagliasse la Tasi, quanto dovrebbe versare nelle casse dei singoli comuni? L’assegno per Roma dovrebbe ammontare a 524 milioni di euro; per Milano 205 milioni; per Torino 114 milioni; per Napoli 63 milioni. Qualora il governo Renzi non versasse questi singoli assegni alle municipalità, i Comuni inventeranno l’ennesima tassa locale.
In conclusione, l’abolizione della Tasi ha senso solo se i comuni non mettono nuove tasse e mantengono invariati i servizi. Possibile? Solo se Renzi taglia altre spese oppure si indebita. Purtroppo però il Fiscal Compact impedisce ulteriore debito.
E non è finita qui.
Il governo scherza con le norme di salvaguardia ma prima o poi lo scherzo finisce
Renzi deve trovare altri 22 miliardi per mantenere le sue promesse: 1,5 miliardi per estendere al 2016 la decontribuzione totale a beneficio delle aziende che assumono a tempo indeterminato; 2,1 miliardi per permettere la reindicizzazione delle pensioni e il rinnovo dei contratti dei lavoratori del pubblico impiego (lo impongono le ultime sentenze della Corte Costituzionale); 18,8 miliardi per sterilizzare le clausole di salvaguardia ed evitare nel 2016 gli aumenti delle accise sui carburanti, l’incremento degli acconti Irpef e Ires, e, l’aumento dell’Iva.
L’Ufficio Studi della Cgia di Mestre ha fatto qualche calcolo.
Una prima clausola di salvaguardia sarebbe scaduta il 30 settembre ed è stata introdotta qualche mese fa poiché l’Ue non ha autorizzato l’estensione del «Reverse charge» alla grande distribuzione.
Una seconda clausola (la cui prima scadenza era il 30 settembre) fu introdotta ad agosto 2013 con il DL 102/2013. L’allora presidente Letta, quando confermò l’abolizione della prima rata dell’Imu del 2013, ricorse al gettito incassato dalla sanatoria accordata ai concessionari dei giochi (definizione agevolata dei giudizi di responsabilità amministrativa per i concessionari dei giochi) e al maggior gettito Iva generato dal pagamento dei debiti pregressi della Pubblica amministrazione. Malgrado fossero attesi da queste misure 1,52 miliardi di euro, alla fine furono incassati solo 880 milioni.
E così per trovare i rimanenti 640 milioni di euro fu introdotta una clausola di salvaguardia basata su due provvedimenti: l’aumento degli acconti Ires e Irap di 1,5 punti percentuali; l’incremento delle accise a partire dal primo gennaio 2015, per un importo complessivo di 671,1 milioni di euro.
Quando divenne premier, Matteo Renzi volle evitare l’aumento delle accise e puntò sulla «Voluntary Disclosure» con il DL 192/2014. Temendo di non avere un gettito sufficiente, il governo italiano ha prorogato i termini della «Voluntary Disclosure» dal 30 settembre al 30 novembre.
Infine, occorre trovare altri 16 miliardi: in caso contrario il primo gennaio 2016 l’Iva ordinaria passerà dal 22 al 24%, l’aliquota Iva ridotta salirà dal 10 al 12% e aumenteranno le accise sui carburanti (valore 12,8 miliardi); inoltre verranno ridotte detrazioni e agevolazioni fiscali, saranno aumentate aliquote di imposte se non verranno fatti tagli per altri 3,2 miliardi.
Tutto ciò solo per il 2016. Fino al 2018 per disinnescare le clausole di salvaguardia ed evitare l’Iva al 25,5% il Governo dovrà tagliare 75 miliardi. Lo farà dove è più semplice: sanità, scuola, welfare e lavoratori dipendenti.
* L’autore è un esperto di norme e fondi europei
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