Bombardare l’Isis, gli errori della guerra

Bombardare l’Isis, gli errori della guerra

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La rumo­rosa «bomba» media­tica (mai ter­mine fu più appro­priato…) l’ha sgan­ciata sul tavolo poli­tico ita­liano il Cor­riere della Sera, secondo il quale Mini­stero della Difesa e Governo sta­reb­bero con­si­de­rando l’ipotesi di effet­tuare bom­bar­da­menti in Iraq. Azione diretta di guerra pos­si­bile gra­zie ad uomini e mezzi già dispie­gati in loco da mesi in fun­zione anti-Isis.

La rive­la­zione pare avere colto impre­pa­rata la Difesa che ha imme­dia­ta­mente smen­tito qual­siasi deci­sione già presa pur lasciando aperto qual­che «spi­ra­glio» par­lando di «ipo­tesi da valu­tare insieme agli alleati».

Non c’è dub­bio che il dibat­tito poli­tico divam­perà soprat­tutto sulla neces­sità di un pas­sag­gio par­la­men­tare. Qual­cuno lo evoca come super­fluo ma in realtà sono i pre­ce­denti (il dispie­ga­mento di forze di Afgha­ni­stan sotto La Russa) e la natura stessa dell’attuale mis­sione in Iraq (nata da un voto ed una deci­sione di mero «sup­porto» ai com­bat­tenti curdi ampliata poi in ter­mini di rico­gni­zione) a richie­dere un espli­cito pas­sag­gio alla Camera ed al Senato.

Il pre­ce­dente «via libera» del Par­la­mento ori­gi­nato dalla «emer­genza Daesh» dell’estate 2014 si è con­cre­tiz­zato dap­prima con una piut­to­sto opaca for­ni­tura di armi e poi con l’invio in loco di istrut­tori e mezzi militari.

Non è pos­si­bile, e lo stesso Mini­stero della Difesa lo ha ripe­tuto con forza nelle pas­sate set­ti­mane, cam­biare la «desti­na­zione d’uso» della mis­sione senza un pas­sag­gio espli­cito di voto Parlamentare.

Atten­zione però al pos­si­bile errore di inter­pre­ta­zione: anti­ci­pa­zioni e rispo­ste non si col­lo­cano in sem­plice ambito di scelte di poli­tica estera e difesa, ma ne va invece con­si­de­rata con mag­giore atten­zione la valenza «interna».

Ci aiuta in tal senso il «timing» della vicenda: solo poche ore prima il sito web di Repub­blica rilan­ciava l’intenzione (secondo indi­scre­zioni) del Mini­stro Padoan di effet­tuare un taglio del 3% (circa 480 milioni) nel bud­get della Difesa. Con imme­diata e «pre­oc­cu­pata» rispo­sta del sot­to­se­gre­ta­rio alla Difesa Rossi (che prima dei ruoli poli­tici è stato anche Sot­to­capo di Stato Mag­giore dell’Esercito).

Pro­dromi di un brac­cio di ferro pre­ven­tivo che capita nei giorni di discus­sione del Def e alla vigi­lia delle bozze di Bilan­cio dello Stato; dun­que quale carta migliore di una «neces­sità ope­ra­tiva» per difen­dere i fondi desti­nati alla spesa mili­tare? Quale migliore scusa per un raf­for­za­mento (altro che tagli!) del bud­get della Difesa di una bella even­tua­lità di impe­gno diretto con­tro le mili­zie ter­ro­ri­ste dell’Isis che tanto fanno paura all’opinione pubblica?

Una «carta» magari gio­cata anche per­chè qual­cuno – sia al Cor­riere che al Governo – ritiene dav­vero, come una pato­lo­gica «coa­zione a ripe­tere», che solo le bombe pos­sano risol­vere i pro­blemi di quelle mar­to­riate terre. Ma che, a mio parere, come primo obiet­tivo ha invece solo quello di fer­mare qual­siasi ipo­tesi di taglio al bilan­cio della Difesa.

Un mec­ca­ni­smo non nuovo per quanto riguarda le spese mili­tari ita­liane, che da oltre 10 anni assor­bono cospi­cui fondi per le mis­sioni mili­tari all’estero che vanno in realtà a fun­gere da «stam­pella» per il bilan­cio ordi­na­rio. Una fun­zione «impro­pria» (e meno con­trol­la­bile) da sem­pre denun­ciata dal mondo paci­fi­sta e disar­mi­sta, ma che negli ultimi anni ha tro­vato espli­cita ammis­sione anche da parte della Difesa in suoi docu­menti ufficiali.

È di pochi giorni fa la noti­zia che la Camera ha con­fer­mato un aumento di fondi per la Difesa dai 300 ai 600 milioni per l’anno in corso cer­ti­fi­cando inol­tre cospi­cue richie­ste di finan­zia­mento per nuovi sistemi d’arma a par­tire dal 2016.

Si capi­sce bene, quindi, che anti­ci­pare con «indi­scre­zioni» un inter­vento in Iraq (meno peri­co­loso e costoso di uno in Libia per­chè i mezzi sono già dispie­gati, e poli­ti­ca­mente meno pro­ble­ma­tico di uno in Siria per­chè non si smen­ti­sce Renzi che ha cri­ti­cato i bom­bar­da­menti di Hol­lande) sia del tutto fun­zio­nale a que­sta par­tita a scac­chi sui soldi.

Che la Difesa, o quan­to­meno alcuni ambienti di essa e delle Forze Armate, vogliono gio­care al meglio con­si­de­rando anche il favore con cui una buona mag­gio­ranza dell’opinione pub­blica vedrebbe un’ffettiva ridu­zione delle nostre spese militari.



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