Usa, la poli­zia crivella di colpi afroamericano paralizzato

Usa, la poli­zia crivella di colpi afroamericano paralizzato

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L’unica dif­fe­renza rispetto ad altri casi simili è che que­sta volta la vit­tima è un disa­bile. Per il resto sem­bra di leg­gere un copione già cono­sciuto in un’America che non rie­sce pro­prio a lasciarsi alle spalle rigur­giti di vio­lenza e raz­zi­smo. Un afroa­me­ri­cano d 38 anni è stato ucciso mer­co­ledì pome­rig­gio dalla poli­zia di Wil­ming­ton, nello Stato del Dala­ware, dopo che un ano­nimo aveva segna­lato al 911 la pre­senza di un uomo ferito dopo essersi spa­rato un colpo di pistola.

L’afroamericano si chia­mava Jeremy McDole. Aveva alle spalle una serie di pre­ce­denti per pos­sesso di droga e nel 2005 era rima­sto para­liz­zato dopo che un amico gli aveva spa­rato alle spalle. Secondo il capo della poli­zia di Wil­ming­ton, Bobby Cum­mings, l’uomo sarebbe stato armato nel momento in cui sono arri­vati gli agenti. Una rico­stru­zione smen­tita dalla fami­glia di McDole, con la madre che ha accu­sato la poli­zia di aver ucciso il figlio.

La sequenza dell’uccisione è stata ripresa con il cel­lu­lare da un pas­sante che ha postato il video su You­tube.

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Tutto comin­cia mer­co­ledì verso le tre del pome­rig­gio quando al 911, il numero di pronto inter­vento della poli­zia arriva una tele­fo­nata che denun­cia la pre­senza di un uomo san­gui­nante dopo che si era spa­rato. Sul posto si recano tra agenti e tro­vano McDole in mezzo alla strada sulla sua sedia a rotelle. E’ chia­ra­mente disar­mato, come si vede anche dal video, ma gli agenti avan­zano pistola in pugno pro­ba­bil­mente per­ché aller­tati della pre­senza di un’arma. «Metti giù la pistola e alza le mani», intima uno di loro a McDole.Non è chiaro se l’uomo è con­sa­pe­vole di quanto sta acca­dendo intorno a lui. Muove la testa, cerca di alzarsi sulle brac­cia, poi si rimette seduto e spo­sta le gambe con le mani. Nel video non si vede mai impu­gnare un’arma né inveire con­tro gli agenti ma solo por­tare le mani alla cin­tura. E forse pro­prio que­sto gesto gli è costato la vita, con gli agenti che potreb­bero aver pen­sato che stesse per impu­gnare un’arma. E spa­rano ucci­den­dolo. Più tardi hanno dichia­rato di aver tro­vato una pistola cali­bro 38 vicino al corpo dell’uomo. «Mio figlio non era armato e adesso voglio rispo­ste sulla sua morte», ha detto la madre di McDole mente un’altra parente ha par­lato di «esecuzione».

E’ stata aperta un’inchiesta per veri­fi­care che gli agenti si siano com­por­tati secondo la legge, ma la vicenda è seguita anche dell’Ufficio diritti civili, un nuovo uffi­cio creato dal Dipar­ti­mento delle giu­sti­zia pro­prio per evi­tare che casi del genere ali­men­tino sfi­du­cia verso e isti­tu­zioni. Di certo l’ennesima ucci­sione di un afroa­me­ri­cano da parte della poli­zia rischia di riac­cen­dere le pro­te­ste nei con­fronti di forze dell’ordine accu­sate troppe volte di raz­zi­smo. «Resta molto ancora molto da fare sul tema del raz­zi­smo e per assi­cu­rare che tutti gli ame­ri­cani si sen­tano al sicuro nella loro comu­nità» ha detto Hil­lary Clin­ton, can­di­data demo­cra­tica alla Casa Bianca, il 9 ago­sto scorso, primo anni­ver­sa­rio dell’uccisione da parte di un poli­ziotto di Michael Brown a Fer­gu­son, nel Mis­souri. Pro­prio quest’ultimo caso dimo­stra quanto la Clin­ton abbia ragione. La strada è ancora lunga per­ché l’America bianca capi­sca che «Black lives mat­ter», le vite dei neri sono impor­tanti, come ha voluto chia­marsi un movi­mento nato pro­prio dopo i fatti di Ferguson.



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