Ue: è scontro sulle quote, no all’est, ma riserve anche a ovest

by redazione | 5 Settembre 2015 6:59

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Crisi dei rifugiati. Polonia, Ungheria, Repubblica ceca e Slovacchia rifiutano la ripartizione, ma propongono un “corridoio ferroviario” da Budapest in Germania, sempre che Berlino dia la garanzia di accettare tutti i rifugiati. A Lussemburgo, l’ovest insiste sulla solidarietà, ma persino in Francia la parola ” quote ” è bandita. Cameron: “accettero’ migliaia di siriani” (ma non quelli che sono già in Europa). Allarme dal Pentagono: “emergenza enorme” che durerà “vent’anni” (ma gli Usa non hanno nessuna intenzione di modificare le leggi sull’immigrazione)

L’Europa resta spac­cata, tra l’est ostile alle quote e l’ovest che le pro­pone, ma dove comun­que ogni paese pone poi delle con­di­zioni par­ti­co­lari. Ieri, due riu­nioni nella Ue, hanno dato risul­tati con­trad­dit­tori. A Lus­sem­burgo, i mini­stri degli Esteri della Ue, sotto la pres­sione del tan­dem franco-tedesco, hanno cer­cato la strada di un’intesa, in vista della riu­nione dei mini­stri degli Interni del 14 set­tem­bre, che dovrebbe essere seguita, a breve, da un Con­si­glio euro­peo dei capi di stato e di governo. Men­tre al castello di Praga ha domi­nato un clima kaf­kiano: Repub­blica ceca, Slo­vac­chia, Unghe­ria e Polo­nia hanno riba­dito il “no” alle quote, ma al tempo stesso si dicono pronti ad aprire un “cor­ri­doio” fer­ro­via­rio verso la Ger­ma­nia per i pro­fu­ghi rag­grup­pati in Unghe­ria, in cam­bio di garan­zie pre­cise che Ber­lino non li respin­gerà. La Gran Bre­ta­gna cam­bia posi­zione, David Came­ron ammette: “oggi posso annun­ciare che accet­te­remo migliaia di rifu­giati siriani in più”. Ma poi Lon­dra, che finora ha accolto 5mila siriani, pre­cisa che si tratta di pro­fu­ghi che hanno tro­vato rifu­gio nei paesi con­fi­nanti della Siria, non di per­sone che sono già sul ter­ri­to­rio euro­peo. La Ser­bia offre soli­da­rietà, il mini­stro degli Interni Nebo­jsa Ste­fa­no­vic si è detto “pronto a discu­tere” di pren­dere parte all’accoglienza: “in quanto paese che auspica di diven­tare mem­bro della Ue, è l’occasione di mostrare che siamo pronti a que­sto com­pito”. Intanto, i numeri si gon­fiano e per­sino il Pen­ta­gono sof­fia sul fuoco dell’allarmismo. Il pre­si­dente della Com­mis­sione, Jean-Claude Junc­ker, che mer­co­ledi’ pre­ci­serà a Stra­sburgo l’ “Agenda della migra­zione”, ha fatto sapere che ormai i numeri su cui lavora Bru­xel­les sono pas­sati da 40mila a 160mila, pre­senti in Ita­lia, Gre­cia e Unghe­ria, da redi­stri­buire tra i paesi mem­bri (l’Onu pre­vede 200mila pro­fu­ghi per l’Europa). Il Pen­ta­gono parla di “enorme emer­genza” e afferma che il feno­meno è desti­nato a durare, almeno per “vent’anni”. Il segre­ta­rio di stato John Kerry, ammette che “gli Usa potreb­bero fare di più per pro­teg­gere que­ste per­sone”, ma da Washing­ton pre­ci­sano che non ci saranno modi­fi­che delle leggi sull’immigrazione, per favo­rire l’arrivo di rifu­giati siriani.

“L’Europa non ha diritto di divi­dersi di fronte a que­sta sfida”, basta con le “recri­mi­na­zioni”, ci vuole “coo­pe­ra­zione”, ha affer­mato il mini­stro tede­sco Frank-Walter Stein­meier a Lus­sem­burgo, rispon­dendo indi­ret­ta­mente alle accuse dell’ungherese Orban, che con­si­dera la Ger­ma­nia “col­pe­vole” di atti­rare migranti. Dalla Gre­cia, il vice-presidente della Com­mis­sione, Frans Tim­mer­mans, ha insi­stito: “l’Europa deve agire insieme e unita”. Per Tim­mer­mans, “viviamo un momento di verità sto­rica in Europa, pos­siamo riu­scire assieme e uniti oppure pos­siamo fal­lire ognuno a modo suo, nel pro­prio paese”. Ha pero’ pre­ci­sato: “l’Europa senza fron­tiere non puo’ soprav­vi­vere ma l’Europa non puo’ nep­pure soprav­vi­vere se cediamo sui valori e sugli obbli­ghi legali”. La Fran­cia non usa il ter­mine “quote”, bat­tez­zate “mec­ca­ni­smi” da Hol­lande, che “non hanno senso” per il mini­stro degli interni, Ber­nard Caze­neuve. Il primo mini­stro, Manuel Valls, ha pre­ci­sato ieri che l’apertura di hotspot (in Ita­lia e in Gre­cia) è una con­di­zione pre­li­mi­nare: “per­ché que­sta spar­ti­zione obbli­ga­to­ria sia accet­tata e pos­si­bile ci vuole una pre-condizione: la messa in atto di quelli che ven­gono chia­mati hotspots, cioè per par­lare più chia­ra­mente, dei cen­tri di acco­glienza”. La Fran­cia potrebbe, in que­sto caso, accet­tare altri 27mila pro­fu­ghi sul suo ter­ri­to­rio, ma già c’è una levata di scudi a destra. Intanto a Parigi pro­se­guono gli sgom­beri di accam­pa­menti ille­gali: ieri è stata la volta dello square Jeis­sant, i 123 migranti sono stati por­tati in cen­tri di acco­glienza. Anne Hidalgo, la sin­daca della capi­tale, chiede un piano per ripar­tire in Fran­cia i migranti che arri­vano a Parigi, “più di 80 al giorno, molti mino­renni isolati”.

A Praga, Unghe­ria, Repub­blica ceca, Slo­vac­chia e Polo­nia affer­mano di non volere le quote obbli­ga­to­rie, per­ché comun­que i rifu­giati “non vogliono restare da noi, ma andare più a ovest”, afferma il mini­stro degli Interno ceco, Milan Cho­va­nec, secondo il quale le quote “non risol­vono niente, non è chiaro come siano cal­co­late né cosa deb­bano fare le auto­rità locali per trat­te­nere i pro­fu­ghi”. L’Ungheria rifiuta “lezioni di morale” dall’ovest e afferma di non fre altro che “appli­care Schen­gen”. La Com­mis­sione cerca di divi­dere il fronte di Vise­grad: già la Polo­nia è meno dra­stica e all’Ungheria, che pure ieri ha varato nuove leggi per aumen­tare i con­trolli di poli­zia sui migranti, ha pro­po­sto di met­tere nel cal­colo della quota di Buda­pest i pro­fu­ghi già pre­senti nel paese (163mila, secondo il mini­stro degli esteri, Peter Szl­jarto). Alla carota si aggiunge il bastone della minac­cia di san­zioni, per chi rifiu­terà le quote obbligatorie.

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