ZAGABRIA . Per difendere i suoi muri anti-migranti, Viktor Orbán userà l’esercito sul confine meridionale. Anzi, farà di più: il Parlamento ungherese, con un voto a larghissima maggioranza, ha autorizzato i soldati all’uso delle armi pur di mantenere saldi le frontiere del paese. Lacrimogeni, idranti, proiettili di gomma, pistole lancia rete, bombe assordanti e accecanti accoglieranno chiunque cerchi di varcare la doppia barriera che blinda il paese da Croazia e Serbia. L’Ungheria ha fatto pubblicare sui giornali libanesi un chiaro avvertimento: non venite, siamo buoni ma inflessibili con gli illegali. Se vi becchiamo dentro i confini vi arrestiamo. E intanto la Slovenia ha iniziato ad alzare un muro al confine con la Croazia, all’altezza del valico di Bregana. L’obiettivo, fa sapere Zagabria, è di evitare che «i migranti entrino in modo indiscrimato nel Paese attraverso campi e boschi, invece di restare in attesa negli accampamenti alla frontiera».
Decisioni dure, di fronte a un fenomeno che non si può trattare da semplice emergenza: in due mesi sono transitate 120mila persone sulla rotta balcanica. Dal castello di Waterburg, nella Turingia tedesca, per il vertice di Arroiolos assieme ad altri 10 Capi di Stato, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella lo spiega bene: «Siamo di fronte a fenomeni epocali di dimensioni immense che vanno affrontati con scelte lungimiranti. Ricorrere agli strumenti del passato non ha senso». La soluzione, dice, «non è la chiusura delle frontiere e il filo spinato». E invita i Paesi dell’Ue a concentrarsi sulle scelte che verranno fatte nelle prossime ore: «Si tratta di decisioni forti e importanti». «Il mondo è in marcia- aggiunge Mattarella – Moltitudini di uomini, donne e bambini si avviano verso l’Europa fuggendo dalla disperazione».
In vista del vertice di stamani al tavolo del Consiglio Interni, si sondano gli umori, ma l’Europa arriva spaccata sul ricollocamento di 120mila migranti, soluzione verso cui spinge la cancelliera Angela Merkel. Ci sono ancora delle resistenze. Soprattutto dal blocco dei paesi dell’est che davanti a questo dramma si sono mostrati più ostici a un compromesso. Repubblica Ceca, Romania e Bulgaria restano contrarie ad accogliere una parte dei profughi. Ma sono anche pronte a cedere quando capiscono che chiunque faccia parte della grande comunità europea dovrà comunque versare il suo contributo in denaro (si parla di una “multa” di 6.500 euro per ogni profugo “rifiutato”). Lubiana è indecisa. Forse spaventata. Nell’attesa decide anche lei di avviare la costruzione di una barriera alla frontiera.
Il fronte, tuttavia, inizia ad incrinarsi e l’Ungheria finisce per restare sempre più isolata. Per il momento si limita a trasferire, con autobus scortati e treni blindati, tutti i rifugiati e i migranti che gli vengono consegnati alla frontiera dalla Croazia. Li accompagna ai confini con l’Austria che nei fatti è diventato il primo “hotspot” dell’Unione. Tra sabato e domenica ha dovuto accogliere 21.200 persone che ieri sono diventate 24 mila. Non tutto è semplice per i profughi. Molti sono reduci da mesi di viaggio. Si sono dovuti adattare. Improvvisano giacigli e cercano cibo dove lo trovano. Il centro medico universitario di Hannover ha segnalato 30 casi di intossicazione da funghi velenosi in una sola notte. Chi li ha raccolti aveva fame. Non li conosceva. Li ha visti sparpagliati nei boschi e li hacucinati. Sono finiti tutti in ospedale.