Sacrocuore di Cuba

by redazione | 20 Settembre 2015 17:51

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Arriva papa Fran­ce­sco, «Mis­sio­na­rio della mise­ri­cor­dia», testi­mone «dell’amore di Gesù per i cubani». Le strade della capi­tale, L’Avana, lo accol­gono con una mas­sic­cia mani­fe­sta­zione di entu­sia­smo, frutto — evi­den­te­mente — anche della rista­bi­lita col­la­bo­ra­zione tra Chiesa e Stato.

Per sei notti sono con­ti­nuate le «mis­sioni nei par­chi» della capi­tale orga­niz­zate dall’Arcidiocesi e ani­mate da gio­vani cat­to­lici che con canti, video, car­telli e cal­co­ma­nie hanno invi­tato tutti gli abi­tanti dei vari bar­rios ad andare ad atten­dere il primo papa lati­noa­me­ri­cano, qua­lun­que sia la loro ideologia.

Più con­cre­ta­mente, il governo ha mobi­li­tato ogni mezzo dispo­ni­bile per tra­spor­tare fedeli e non, sia dalla pro­vin­cia sia dai vari quar­tieri della capi­tale. Il cen­tro dell’Avana è da ieri off limits, vi pos­sono cir­co­lare solo i mezzi auto­riz­zati per la visita pasto­rale; attra­verso la tv è stato dif­fuso l’invito a tutti i cit­ta­dini ad adot­tare una sorta di codice di guida pru­dente in modo da evi­tare ingor­ghi e incidenti.

I fedeli della comu­nità presso la par­roc­chia del Cri­sto del Buen viaje nell’Avana vec­chia, gui­dati dal padre sale­siano don Bruno, uno dei decani del clero ita­liano a Cuba, si sono schie­rati fin dal primo pome­rig­gio sulla strada che va dall’aeroporto a Playa, il quar­tiere dove ha sede la Nun­zia­tura apo­sto­lica, che serve anche da amba­sciata del Vati­cano.
Il mes­sag­gio che la visita del papa vuol lan­ciare è quello di una «mis­sione di pace e di ricon­ci­lia­zione» tra i cubani, con­ferma l’arcivescovo dell’Avana, Jaime Ortega. Ma, oltre alla natura pasto­rale, quello di papa Fran­ce­sco è un viag­gio ad alto con­te­nuto poli­tico per Cuba, ma anche per l’America, con­ti­nente che ospita più del 40% dei cat­to­lici. L’Avana infatti è impe­gnata in un dif­fi­cile pro­cesso di disten­sione con gli Stati Uniti, men­tre da più di cin­que anni sono in corso una serie di riforme eco­no­mi­che e sociali che — è la spe­ranza di molti cubani — potreb­bero com­por­tare anche riforme poli­ti­che. Que­sto comun­que è uno dei temi che, si pensa, verrà affron­tato nel pros­simo con­gresso del par­tito comu­ni­sta — par­tito unico pre­vi­sto dalla Costi­tu­zione — che dovrà aver luogo nella pri­ma­vera dell’anno prossimo.

Fran­ce­sco ha più volte espresso la sua inten­zione di dar signi­fi­cato alla parola «pon­te­fice», cioè di con­tri­buire a sta­bi­lire «un ponte» fra Cuba e Usa, dun­que di con­ti­nuare la sua media­zione in favore di una disten­sione che vada al di là della ria­per­tura delle amba­sciate e si con­cluda con la fine del blocco eco­no­mico da parte del vicino nor­da­me­ri­cano, con un dia­logo per rego­lare tutti i con­ten­ziosi eco­no­mici, com­mer­ciali e politici.

Di que­sto ruolo del papa hanno par­lato venerdì nel corso di una con­ver­sa­zione tele­fo­nica Raúl Castro e Barak Obama. Il pre­si­dente cubano ha infatti deciso di par­te­ci­pare alla seduta dell’Assemblea gene­rale dell’Onu che si terrà la pros­sima set­ti­mana al Palazzo di Vetro, dove par­le­ranno sia papa Fran­ce­sco, sia i capi di Stato. Nel col­lo­quio tele­fo­nico i due pre­si­denti hanno discusso del pro­cesso di disten­sione e dei pros­simi passi da attuare. E, come detto, sulla visita del papa a Cuba e negli Usa e sull’importante con­tri­buto che Ber­go­glio apporta e ha appor­tato a que­sto dia­logo. La deci­sione, impre­vi­sta fino a poche set­ti­mane fa, del più gio­vane dei Castro di recarsi a New York e la tele­fo­nata di ieri fanno pen­sare a un nuovo incon­tro tra Raúl e Obama, che farebbe seguito a quello di Panama nella scorsa pri­ma­vera in occa­sione del ver­tice dell’Organizzazione degli Stati ame­ri­cani. Ma la con­tem­po­ra­nea pre­senza del pon­te­fice negli Usa ha dato luogo a spe­cu­la­zioni sulla pos­si­bi­lità — e per alcuni poli­to­logi «pro­ba­bi­lità» — di un incon­tro a tre — tra Fran­ce­sco, Obama e Raúl Castro — fatto che anche visi­va­mente darebbe nuovo impulso al pro­cesso di disten­sione tra l’isola e l’ex nemico nordamericano.

Nel corso del col­lo­qui il pre­si­dente Raúl ha ricon­fer­mato la richie­sta di porre fine al blocco ame­ri­cano. E pra­ti­ca­mente in con­tem­po­ra­nea con il col­lo­quio, il dipar­ti­mento del Tesoro Usa ha pub­bli­cato una serie di rego­la­menti — tele­co­mu­ni­ca­zioni, inter­net, ban­che e rimesse dei cubani all’estero, soprat­tutto– per fles­si­bi­liz­zare ulte­rior­mente le restri­zione impo­ste dall’embargo alle imprese nor­da­me­ri­cane che vogliono ini­ziare a ope­rare a Cuba.

Grande attesa per l’arrivo del papa vi era ieri al san­tua­rio del Sacro cuore di Gesù e Sant’Ignazio de Loyola, sede della Com­pa­gnia di Gesù all’Avana. Uffi­cial­mente non è pre­vi­sta una visita al san­tua­rio del primo pon­te­fice gesuita, ma fin dalla mat­ti­nata l’aspettativa degli abi­tanti del quar­tiere — come pure le misure di sicu­rezza — erano alte.

Del resto da giorni i fedeli riem­piono di scritte di ben­ve­nuto i cartelli-collage fatti a mano dai reli­giosi gesuiti, che ven­gono appo­sti sulla fac­ciata delle chiese, come pure all’interno, per annun­ciare e salu­tare la visita di papa Fran­ce­sco. Il risul­tato è impat­tante: nei car­telli non ci sono spazi bian­chi e spesso le scritte si sovrap­pon­gono con colori diversi. Come moderni «ex voto», la mag­gio­ranza di que­sti “tatse-bao” con­ten­gono richie­ste varie, si va dalla richie­sta di indulto per qual­che parente — un’amnistia è stata con­cessa mar­tedì scorso — a peti­zioni di gra­zia per la salute e l’armonia fami­gliare. O più pro­sai­ca­mente si tratta di domande di inter­ces­sione per otte­nere un lavoro o per­ché il pro­prio nego­zio fun­zioni. Insomma un misto com­mo­vente tra sacro e pro­fano. C’è anche chi chiede al Sacro cuore «che vi sia dia­logo tra i governi, soprat­tutto tra gli Usa e Cuba e per­ché le fami­glie pos­sano riu­ni­fi­carsi». Yai­mara, ad esem­pio, rin­gra­zia Dio «per la libertà di mio figlio» e, visto che c’è, che ne ha l’occasione, aggiunge un’altra richie­sta: «Se può, mi mandi un uomo che mi ami e mi rispetti».

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