Puglia, dopo 34 giorni di agonia muore anche Arcangelo

by redazione | 10 Settembre 2015 13:45

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È morto dopo 34 giorni di ago­nia. Da quando lo scorso 5 ago­sto fu colto da un malore nelle cam­pa­gne del meta­pon­tino in Basi­li­cata men­tre lavo­rava in una vigna sotto un ten­done, Arcan­gelo De Marco non si è più ripreso. E nella tarda serata di mar­tedì il suo cuore ha smesso di bat­tere per sem­pre. Il brac­ciante 42enne taran­tino svol­geva le ope­ra­zioni di aci­nel­la­tura, che con­si­stono nello stac­care dal grap­polo d’uva gli acini più pic­coli: un lavoro com­plesso e stan­cante che com­porta lo stare in piedi per ore con la testa all’insù. Ad un certo punto però, il cuore di Arcan­gelo cedette di schianto alla fatica.

La noti­zia del malore venne dif­fusa sol­tanto il 17 ago­sto dalla Flai Cgil Puglia: il brac­ciante «lavo­rava 7 ore al giorno alle quali si devono aggiun­gere — denun­ciò Giu­seppe Deleo­nar­dis segre­ta­rio gene­rale della fede­ra­zione pugliese — le 5 ore di tra­sporto. Per il quale l’uomo pagava 12 euro al capo­rale, a fronte di una paga che supe­rava di poco i 27 euro al giorno».

De Marco viveva a San Gior­gio Ionico, paese della pro­vin­cia di Taranto dove risie­deva Paola Cle­mente, la brac­ciante 43enne morta in cir­co­stanze poco chiare il 13 luglio scorso nelle cam­pa­gne di Andria: in entrambi i casi sono state aperte inchie­ste da parte della magi­stra­tura per fare luce sulle cause del decesso.

Sul caso De Marco l’inchiesta è coor­di­nata dalle Pro­cure di Matera e di Trani. Que­sto per­ché, in un primo momento, si rite­neva che il brac­ciante taran­tino si fosse sen­tito male ad Andria, men­tre nelle ore seguenti si appurò che invece era al lavoro nelle cam­pa­gne mate­rane. La Pro­cura lucana che aveva aperto un’indagine cono­sci­tiva, nelle pros­sime ore potrebbe disporre l’autopsia sul cada­vere dell’uomo, come avve­nuto anche nel caso della Cle­mente. Ed è ancora poco chiara la situa­zione con­trat­tuale dell’uomo: in un primo momento la Flai Cgil aveva dichia­rato che De Marco era assunto presso la stessa agen­zia inte­ri­nale della Cle­mente, la «Quanta» di Brin­disi. Invece è stato appu­rato che nei giorni del malore il brac­ciante non fosse assunto né nel suo paese né altrove.

Sem­pre in que­ste ore si è allar­gata l’inchiesta sul decesso del 52enne tuni­sino, Zaka­ria Ben Hasine, morto il 4 ago­sto men­tre era al lavoro in un fondo agri­colo di Poli­gnano a Mare, in pro­vin­cia di Bari. La pm Gra­zia Errede ha chie­sto ai cara­bi­nieri di svol­gere appro­fon­di­menti sulle moda­lità di assun­zione e sul ruolo svolto dalle per­sone che avreb­bero reclu­tato Zaka­ria insieme alle squa­dre di brac­cianti.
Il pm ha dispo­sto l’autopsia per accer­tare le cause della morte, forse dovute ad un colpo di calore: ora il magi­strato ha dele­gato i mili­tari e lo Spe­sal ad appro­fon­dire gli aspetti legati alla gestione del lavoro. Il 52enne, almeno in que­sto caso, era assunto rego­lar­mente. Al momento è iscritto nel regi­stro degli inda­gati il tito­lare dell’azienda agri­cola di Poli­gnano a Mare presso la quale lavo­rava la vit­tima, la Gal­luzzi srl: nei suoi con­fronti è stato ipo­tiz­zato il reato di omi­ci­dio colposo.

Secondo le testi­mo­nianze di alcuni com­pa­gni di lavoro, Zaka­ria si sarebbe acca­sciato davanti alle mac­chi­nette auto­ma­ti­che dopo 8 ore di lavoro sotto il sole men­tre era intento a pren­dere il caffè.

Intanto, men­tre il governo prova a strin­gere le maglie sul capo­ra­lato e le forze dell’ordine pas­sano al setac­cio le aziende agri­cole di tutta la regione, c’è chi prova ad avan­zare pro­po­ste per cam­biare radi­cal­mente il mondo agri­colo. E’ il caso del «Tavolo Verde» di Pala­giano, paese del ver­sante occi­den­tale della pro­vin­cia di Taranto famoso per i suoi agrumi.

L’associazione rac­chiude agri­col­tori da sem­pre a con­tatto con la terra, che nei giorni scorsi hanno inviato una let­tera a governo, Regione e sin­da­cati, nella quale elen­cano 10 punti sul come scon­fig­gere il capo­ra­lato. Par­tendo dalla cer­ti­fi­ca­zione del pro­dotto, per poi pas­sare al con­tra­sto della sva­lu­ta­zione dei pro­dotti, alle tutele dei lavo­ra­tori, alla riforma del col­lo­ca­mento, agli aiuti alle imprese che assu­mono a tempo inde­ter­mi­nato, alla tutela della salute e alla messe in discus­sione dei prezzi dell’intera filiera.

Dopo Paola, Moha­med, Zaka­ria e Maria, Arcan­gelo è la quinta vit­tima dell’estate nei campi pugliesi.

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