by redazione | 19 Settembre 2015 9:03
Musei. Un’assemblea sindacale di due ore dei custodi del Colosseo scatena la vendetta premeditata del governo. Anche M5S contro i lavoratori. La Cgil attacca Renzi. La riunione era annunciata e autorizzata da tempo. Da mesi ai lavoratori non sono pagati gli straordinari. Ma il ministro ’costruisce’ il caso per un obiettivo che piace al governo: limitare il diritto di sciopero
«No alla cultura ostaggio dei sindacati». Passano gli anni, ma il “bomba” Renzi, così come lo avevano ben presto individuato i compagni di classe del liceo Dante, prosegue a spararle in libertà. Il problema, per gli italiani, è che in un modo o nell’altro il “bomba” è diventato presidente del consiglio. Succede così che una normale assemblea sindacale, chiesta per tempo — una settimana fa — e regolarmente autorizzata dalla Soprintendenza speciale per il Colosseo, il Museo Nazionale Romano e l’Area Archeologica di Roma, diventa casus belli. Di una guerra che ha come obiettivo finale il diritto di sciopero. Da limitare, al momento, con un decreto legge detonante. Da ammazzare, entro breve, con una raffica di disegni di legge, già all’ordine del giorno della commissione lavoro del Senato e a quella affari Costituzionali. Firmati dai soliti Maurizio Sacconi e Pietro Ichino.
Bastano le file all’entrata del Colosseo a creare il caso. Dal nulla, visto che nei principali poli museali italiani, quotidianamente presi d’assalto dai turisti, un paio di ore di coda sono fisiologiche. Chiedere per informazioni ai visitatori della Torre pendente di Pisa, costretti a passare uno per volta sotto il metal detector per motivi di sicurezza. E di due ore e mezzo era la durata dell’assemblea, puntualmente segnalata sui quotidiani, perché la comunicazione ufficiale della Soprintendenza era arrivata per tempo. Anche su alcune agenzie di stampa. Ma proprio una di esse — la principale — di buon mattino lancia già, con evidenza, la notizia: «Un’assemblea sindacale tiene chiusi i siti archeologici più importanti della Capitale: Colosseo, Foro Romano e Palatino, Terme di Diocleziano e Ostia Antica».
Da quel momento prende forma un crescendo inarrestabile. Scatta per prima, ma quando i cancelli del Colosseo sono già stati riaperti, la forzista Lara Comi: «Il paese è bloccato dai sindacati». A ruota il capogruppo dem di Montecitorio, Ettore Rosato: «Il Colosseo chiuso per assemblea è uno sfregio all’impegno di Roma per competere con le grandi città europee». Il colpo grosso arriva dopo mezzogiorno: «La misura è colma», detta il ministro Dario Franceschini, pronto ad annunciare che, in accordo con Renzi, proporrà al consiglio dei ministri di inserire musei e luoghi della cultura nei servizi pubblici essenziali.
L’idea non è nuova. Renzi & Franceschini ci avevano già provato a luglio, quando avevano venduto come “selvaggia” un’altra assemblea indetta secondo le procedure di legge, a Pompei. Ma è proprio la legge, peraltro non certo permissiva, ad essere nel mirino del governo e dei suoi sodali. Fra questi ultimi spicca Sacconi: «Roma, caos turisti: ora fare legge su sciopero e diritti sindacali per proteggere utenti beni pubblici». A dargli manforte Angelino Alfano: «Approviamo subito le legge di Sacconi su regolazione sciopero a tutela utenti beni pubblici. Ieri è iniziato l’iter al Senato».
Chi non crede all’evidenza del pensiero unico avrà da pensare guardando il “sindaco antifascista” Ignazio Marino che si fa riprendere da una telecamera mentre dice: «Sono completamente d’accordo con Franceschini». Non fa una bella figura lo staff di Laura Boldrini, che le permette di dire: “È giusto svolgere l’attività sindacale, ma non si può senza preavviso». Desolanti i 5 Stelle: «Dopo Pompei, succede di nuovo e questa volta a Roma». Unica voce fuori dal coro Paolo Ferrero di Rifondazione: «Sono indecenti gli attacchi ai lavoratori del Colosseo e dei Fori. Franceschini dovrebbe occuparsi piuttosto dello stato in cui versa il nostro patrimonio artistico e culturale, che cade a pezzi. Sono le risorse che mancano e i tagli alla cultura che danneggiano il turismo, non l’assemblea dei lavoratori».
È allibito Claudio Meloni, coordinatore per la Fp Cgil del Mibact: «Non è possibile che il ministro Franceschini non sapesse che le assemblee avrebbero potuto comportare il rischio di aperture ritardate. A Roma l’assemblea è stata chiesta regolarmente l’11 settembre e regolarmente autorizzata dal soprintendente, con largo anticipo. Vorrei inoltre ricordare al ministro che i beni culturali già stanno nella legge che regolamenta i servizi pubblici essenziali».
Tutto inutile. A sera, finito il consiglio dei ministri, l’ineffabile Franceschini annuncia: «Il decreto legato alla vicenda del Colosseo prevede che sia aggiunta ai servizi pubblici essenziali anche l’apertura dei musei». Inutile anche lo sguardo fuori dai confini patri: «Iniziative analoghe avvengono in tutti i paesi d’Europa — ricordano Meloni, Giuliana Guidoni della Cisl Fp ed Enzo Feliciani della Uil Pa — ricordiamo il caso dei lavoratori della National Gallery di Londra, in mobilitazione da diversi mesi contro la privatizzazione dei servizi, o i lavoratori della Tour Eiffel a Parigi, che l’anno scorso hanno chiuso per ben tre giorni il monumento più visitato di Francia. Senza che a nessuno degli esponenti politici o dei media di questi paesi sia venuto in mente di mettere in discussione i diritti fondamentali dei lavoratori».
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