Matri­moni cattolici, arriva il “divorzio breve”

Matri­moni cattolici, arriva il “divorzio breve”

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Arriva il “pro­cesso breve” nelle cause cano­ni­che per la «dichia­ra­zione di nul­lità» dei matri­moni. Lo ha sta­bi­lito papa Fran­ce­sco con due let­tere motu pro­prio – una sorta di decreto spe­ciale “di pro­pria ini­zia­tiva” –, una per la Chiesa cat­to­lica romana e una per le Chiese orien­tali, datate 15 ago­sto ma rese note ieri. Dall’8 dicem­bre, quando la riforma entrerà in vigore – la stessa data dell’inizio del Giu­bi­leo –, per le cop­pie spo­sate con rito reli­gioso sarà più facile, e pre­su­mi­bil­mente meno costoso, chie­dere ed otte­nere che il pro­prio matri­mo­nio sia dichia­rato nullo, qua­lora il giu­dice eccle­sia­stico ne riscon­tri le condizioni.

Una riforma, spiega Fran­ce­sco, sti­mo­lata dal gran numero di cop­pie divor­ziate che, «pur desi­de­rando prov­ve­dere alla pro­pria coscienza, troppo spesso sono distolti dalle strut­ture giu­ri­di­che della Chiesa». Una spie­ga­zione che si com­prende alla luce della nor­ma­tiva vigente: i divor­ziati non pos­sono con­trarre un nuovo matri­mo­nio reli­gioso e, se sono rispo­sati civil­mente o vivono una nuova rela­zione, non pos­sono acce­dere ai sacra­menti. A meno che il loro primo matri­mo­nio non sia dichia­rato nullo da un tri­bu­nale eccle­sia­stico. Ma le nuove regole non minano l’indissolubilità del matri­mo­nio: le dispo­si­zioni, pun­tua­lizza il papa, non favo­ri­scono «la nul­lità dei matri­moni ma la cele­rità dei pro­cessi». Sull’argomento inter­viene anche il car­di­nale Coc­co­pal­me­rio, pre­si­dente del Pon­ti­fi­cio con­si­glio per i testi legi­sla­tivi: si tratta di un pro­cesso che con­duce «a vedere se un matri­mo­nio è nullo e poi, in caso posi­tivo, a dichia­rarne la nul­lità», e «nul­lità è diversa da annullamento».

Potreb­bero sem­brare cavilli, ma sono pre­ci­sa­zioni impor­tanti, anche per­ché fra un mese si aprirà l’assemblea con­clu­siva del Sinodo dei vescovi sulla fami­glia, e il tema dei divor­ziati ripo­sati sarà al cen­tro del dibat­tito, e dello scon­tro, fra con­ser­va­tori e inno­va­tori.
I punti chiave della riforma: per decre­tare la nul­lità non ci sarà più biso­gno della dop­pia sen­tenza con­forme – una pro­ce­dura che allunga i tempi e fa lie­vi­tare le spese legali –, ma ne basterà una (con­tro cui si potrà comun­que fare appello); il vescovo dio­ce­sano potrà dichia­rare la nul­lità di un matri­mo­nio, diven­tando quindi egli stesso giu­dice, o nomi­nando un pro­prio dele­gato; si accor­ce­ranno i tempi pro­ces­suali, potranno durare da pochi mesi ad un anno, anche meno se la richie­sta di nul­lità è di entrambi i coniugi o di uno solo con il con­senso dell’altro; la «gra­tuità delle pro­ce­dure», fatta salva – si spe­ci­fica – «la giu­sta e digni­tosa retri­bu­zione degli ope­ra­tori dei tri­bu­nali» (quindi non saranno gra­tis, ma i costi dovreb­bero essere abbattuti).

La riforma – sol­le­ci­tata anche al ter­mine della prima fase del Sinodo dei vescovi, ad otto­bre 2014, con 143 voti a favore e 35 con­trari – può essere letta in due modi oppo­sti. Da un lato il papa ha anti­ci­pato le deci­sioni del Sinodo, fra l’altro acco­gliendo una delle richie­ste pro­ve­nienti dai set­tori con­ser­va­tori dell’episcopato, per i quali la sem­pli­fi­ca­zione delle pro­ce­dure di nul­lità è un modo per aprire ai divor­ziati senza modi­fi­care di una vir­gola la dot­trina e la disci­plina sul matri­mo­nio. Ma è anche vero che così Fran­ce­sco ha can­cel­lato dall’ordine dei lavori il tema della nul­lità, in modo che al Sinodo i vescovi non si acca­pi­glino su tale que­stione ma discu­tano di altro, come la pos­si­bi­lità di accesso ai sacra­menti per i divor­ziati ripo­sati o di seconde nozze, come chie­dono gli inno­va­tori. Per capire in quale dire­zione andrà la Chiesa di Fran­ce­sco biso­gnerà quindi atten­dere il Sinodo.



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