Lavoro, a settembre riapre l’ufficio propaganda Renzi

by redazione | 2 Settembre 2015 9:28

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Istat. L’istituto di statistica rivede al rialzo il Pil (+0,6%) e attesta la crescita degli occupati (+0,8%). E’ l’effetto della legge Fornero che obbliga al lavoro gli over 50 e penalizza i lavoratori più giovani e maturi dai 15 ai 49 anni. Il ritratto di un paese sempre più disuguale (Nord/Sud, giovani/anziani). Il presidente di Confindustria Squinzi svela l’arcano: «Non è merito nostro ma è dovuto solo al dimezzamento del prezzo del petrolio a rafforzamento del dollaro e al Qe». Prospettive incoraggianti per il presidente del Consiglio: «Settembre inizia con numeri buoni, Italia nel gruppo di testa Ue». Il paese è alla ricerca della «maglia rosa»

Sostiene Mat­teo Renzi che la revi­sione della cre­scita del Pil nel secondo tri­me­stre 2015 (dallo 0,2 allo 0,3 men­sile e dallo 0,5 allo 0,6 annuo) ope­rata ieri dall’Istat sia una buona noti­zia. Così come sarebbe buona la stima per cui la cre­scita degli occu­pati (+ 0,8% e di 180 mila unità in un anno) è trai­nata dagli ultra­cin­quan­tenni (+5,8%), trat­te­nuti al lavoro dall’inasprimento dei requi­siti impo­sti dalla riforma For­nero a dispetto dei più gio­vani dall’età com­presa tra i 15 e i 34 anni (-2,2%) e 35–49 anni (-1,1%). Que­sta dise­gua­glianza gene­ra­zio­nale, ormai dolente e strut­tu­rata, è accom­pa­gnata da quella ter­ri­to­riale: seb­bene a livello nazio­nale il tasso di disoc­cu­pa­zione sia sceso al 12,1% (a giu­gno era al 12,5, ai minimi dal 2013), men­tre quello di occu­pa­zione sia salito al 56,3% (+0,1% sul mese e +0,7% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso), a Sud la disoc­cu­pa­zione è del 20,2%, a Nord del 7,9%. I dati di ieri con­fer­mano inol­tre che per il quinto anno con­se­cu­tivo aumenta il lavoro a ter­mine, il part-time invo­lon­ta­rio (7 casi su 10). Que­sta è la foto­gra­fia di un mer­cato del lavoro sem­pre più dise­guale, chiuso ai più gio­vani, men­tre il lavoro è sem­pre più incerto per i più anziani.

Tanto basta per sod­di­sfare il pre­si­dente del con­si­glio che ieri, in un video-messaggio anti-gufi, ha col­lo­cato nel «gruppo di testa dei paesi Ue» un paese dove il mer­cato del lavoro è sem­pre più pre­ca­rio e dise­guale a livello gene­ra­zio­nale e ter­ri­to­riale (a sud cre­sce l’occupazione, ma resta sta­bile la disoc­cu­pa­zione rispetto al Nord) «Set­tem­bre ini­zia con numeri buoni – ha detto Renzi — ma io non mi accon­tento: voglio un’Italia che sia la guida dell’Europa, punto di rife­ri­mento dell’economia euro­pea e mon­diale». Insomma manca poco alla con­qui­sta della «maglia rosa», basta cre­dere nella danza dei numeri azio­nata imman­ca­bil­mente da Palazzo Chigi. A Renzi ha fatto eco il mini­stro dell’Economia Pier­carlo Padoan che in un epi­taf­fio su twit­ter ha cele­brato il rav­vi­ci­na­mento del Pil alla stima dello 0,7% pre­ven­ti­vata nel Def. Sod­di­sfa­zioni arit­me­ti­che cele­brate dal mini­stro del lavoro Giu­liano Poletti che, da par suo, ha con­fer­mato la natura dise­guale della cre­scita occu­pa­zio­nale: riguarda esclu­si­va­mente il lavoro dipen­dente, e per nulla quello auto­nomo a par­tita Iva. Non poteva man­care l’ideologia: per Poletti il Jobs Act avrebbe messo in moto «la ridu­zione della precarietà».

Al di là del sol­feg­gio pro­pa­gan­di­stico di rito, le stime dell’Istat atte­stano uno sce­na­rio diverso. La cre­scita in atto non è pro­dotta da nuova occu­pa­zione, ma dalla tra­sfor­ma­zione dei vec­chi con­tratti pre­cari in quelli nuovi «a tutele cre­scenti» Sull’aumento di 44 mila occu­pati in un mese e 235 mila in un anno influi­scono soprat­tutto i con­tratti a ter­mine (+3,3%), il part-time invo­lon­ta­rio (sette casi su dieci) e solo in minima parte i dipen­denti a tempo inde­ter­mi­nato (+0,7%) soste­nuti dagli ingenti eso­neri con­tri­bu­tivi pre­vi­sti a cor­redo del Jobs Act. Un dato assai mode­sto che con­ferma un aspetto cul­tu­rale deci­sivo del governo Renzi, inte­res­sato al lavoro dipen­dente e a pre­miare l’impresa con sus­sidi a piog­gia. In que­sto bilan­cio non biso­gna nem­meno tra­scu­rare il boom del lavoro sta­gio­nale “a tagliando”, il vou­cher nel com­mer­cio e nel turi­smo che riguarda in parte pre­pon­de­rante i gio­vani ai quali è sem­pre più riser­vato il lavoro non qua­li­fi­cato e usa e getta, come uno scon­trino. Nel primo seme­stre del 2015 sono stati ven­duti quasi 50 milioni di tagliandi dal valore nomi­nale di 10 euro, +74,7% rispetto al 2014 e record soprat­tutto a Sud.

Un altro filo della verità lo ha tirato il numero uno di Con­fin­du­stria Gior­gio Squinzi che si è augu­rato una sta­bi­liz­za­zione dei dati che oscil­lano di mese in mese e impe­di­scono di par­lare di una “ripresa vera”. Se, e quando si con­so­li­derà, Squinzi sem­bra con­vinto — a ragione — che non cam­bierà il cre­scente diva­rio eco­no­mico tra Nord e Sud. Poi l’analisi va più a fondo e Squinzi sostiene impie­toso: «La cre­scita del Pil dello 0,3% non basta, anche per­ché non è merito nostro ma è dovuto solo al dimez­za­mento del prezzo del petro­lio a raf­for­za­mento del dol­laro e al Qe». Quanto ai rimedi, Squinzi resta alli­neato sul con­ti­nuare a«fare le riforme». Dopo averne smon­tato le ricette torna d’accordo con Renzi.

«Siamo al colmo di un pre­si­dente del Con­si­glio che vanta i risul­tati già rag­giunti e supe­rati da Monti prima e da Letta poi, e di un pre­si­dente di Con­fin­du­stria che si domanda come mai la cre­scita sia così bassa – com­menta la segre­ta­ria Cgil Susanna Camusso — Se tor­nas­sero coi piedi per terra e la smet­tes­sero con la pro­pa­ganda il Paese potrebbe cogliere le oppor­tu­nità che sem­brano prospettarsi».«Non so con chi ce l’ha Camusso — ha rispo­sto sec­cato Renzi — è l’ ultimo dei miei pro­blemi. Se fossi segre­ta­rio di un sin­da­cato sarei con­tento che c’è più lavoro sta­bile». Un gergo che non ammette repli­che, né appro­fon­di­menti. La cre­scita è dise­guale? Non si discute: va tutto bene. Punto e a capo.

«I toni pro­pa­gan­di­stici usati dal governo e dalla mag­gio­ranza stri­dono con la realtà che vivono i cit­ta­dini ita­liani quo­ti­dia­na­mente», afferma Arturo Scotto (Sel). «Non pos­siamo ral­le­grarci dei cin­quan­tenni che tor­nano ad avere una chance gra­zie al Jobs act, come li defi­ni­sce in maniera truf­fal­dina Renzi — sostiene Gian­luca Castaldi (M5S) — per­ché in realtà sono lavo­ra­tori over 50 inca­strati dalla riforma For­nero, sono l’unica fascia d’età in cui l’occupazione è in aumento».

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