È LA DANIMARCA, dopo l’Ungheria di Orbán, l’altra nazione europea che si ribella alla svolta sull’emergenza rifugiati e sceglie di chiudere le porte. Il governo di centro-destra danese ha deciso ieri di sospendere a tempo indeterminato il traffico ferroviario con la Germania e ha chiuso anche una superstrada, nel nord del Paese, utilizzata da alcune centinaia di profughi siriani che, a piedi, stavano cercando di raggiungere la Svezia. Niente Danimarca infatti. I profughi non si fidano. Meglio la Svezia, perfino la Finlandia. Allora puntano al nord, oltre il mare, il canale che divide, in quel tratto, l’Europa dalla penisola scandinava. Escono in strada, puntano alle stazioni dei treni; gli altri si dirigono verso l’autostrada, a piedi, per poi prendere un autobus, un camion, magari qualche auto di passaggio disposta a trasportare donne e bambini. Camminano insieme, compatti, come hanno sempre fatto. La polizia crea il vuoto. Attorno e sopra questo popolo di migranti e rifugiati. Vieta il sorvolo dell’autostrada da parte degli elicotteri delle Tv. Riesce anche a motivare questa scelta. Vuole proteggere i profughi. «Molti», spiega, «hanno paura di aerei e elicotteri ». Tra loro ci sono anche molte donne e bambini. La polizia, via twitter, ha annunciato che lascerà comunque passare i rifugiati che si trovano sull’autostrada. Più complicata è la situazione nei punti di accesso ferroviari tra Germania e Danimarca: nel porto di Rodby, nel sud del Paese, i rifugiati siriani si sono rifiutati di scendere dai treni perché non vogliono essere registrati dalla polizia danese e vorrebbero soltanto proseguire verso la Svezia. Così da ieri a causa dell’afflusso «di centinaia di migranti- si legge in un comunicato delleferrovie danesi – il traffico ferroviario è sospeso». Fra Amburgo e Copenaghen viaggiano ogni giorno, nelle due direzioni, cinque treni. Mentre nell’altro collegamento, fra Flensburg (nella tedesca Schleswig-Holstein) e Padborg (nello Jutland) sono operativi circa nove treni al giorno. La maggior parte dei profughi non vogliono rimanere in Danimarca: del migliaio già arrivati meno di 200 hanno chiesto asilo. Ma se non si fanno registrare la polizia di Copenaghen li rimanda in Germania. A Rodby i rifugiati sono stati alloggiati in alcune strutture pubbliche. E in uno degli ostelli sono stati presi a sassate da gruppi xenofobi, ha detto la polizia locale senza precisare altri dettagli.
La Danimarca, dove il partito xenofobo di Kristian Thulesen Dahl, ha conquistato il 21% dei voti nelle ultime elezioni proprio facendo della battaglia contro l’immigrazione la sua bandiera, aveva già lanciato una campagna sui giornali libanesi per dissuadere i rifugiati siriani a raggiungere Copenaghen. Negli spazi pubblicitari, acquistati sui giornali libanesi dal ministero per l’immigrazione danese, si spiegava che in Danimarca sono stati drasticamente ridotti – del 50%- i fondi destinati all’asilo e si avvertiva per esempio- che il riavvicinamento familiare è vietato per il primo anno a chi ha ottenuto un permesso temporaneo e che è obbligatorio, per chi riesce a restare, imparare la lingua danese. Misure molto restrittive che hanno a che fare con le ultime elezioni vinte dalla destra grazie alla lotta all’immigrazione. Spinto dall’opinione pubblica il governo danese ha ristretto le maglie del suo sistema di accoglienza e ha fatto appello alla clausola di esclusione che, come Irlanda e Gran Bretagna, le permette di non ospitare i rifugiati.