Jobs Act, via libera ai con­trolli a distanza

by redazione | 5 Settembre 2015 11:07

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Il mini­stro del Lavoro Giu­liano Poletti ha cer­cato di ras­si­cu­rare: «Le nuove norme non vio­lano la pri­vacy dei lavo­ra­tori». Ma oppo­si­zione e sin­da­cati si dicono pre­oc­cu­pati. Ieri sono stati varati dal con­si­glio dei mini­stri gli ultimi quat­tro decreti attua­tivi del Jobs Act, e tra le misure appro­vate ci sono anche quelle sui con­trolli a distanza. Senza cor­ret­tivi: il governo non si è fatto influen­zare dalle cri­ti­che mosse dai sin­da­cati, né ha voluto rece­pire, come era invece sem­brato la set­ti­mana scorsa, gli emen­da­menti sug­ge­riti dalla Com­mis­sione Lavoro della Camera. E così, come in tante altre occa­sioni, è andato dritto per la sua strada.

In sostanza, le aziende potranno asse­gnare ai lavo­ra­tori stru­menti come pc, tablet e cel­lu­lari senza che sia neces­sa­rio un accordo sin­da­cale o una auto­riz­za­zione del mini­stero, richie­sto invece per instal­lare tele­ca­mere. Ma sarà sem­pre obbli­ga­to­rio infor­mare pre­ven­ti­va­mente e in maniera ade­guata gli stessi lavo­ra­tori sulle moda­lità d’uso degli stru­menti e di effet­tua­zione dei con­trolli, che devono comun­que sem­pre avve­nire nel rispetto delle norme sulla pri­vacy. In base a que­ste due con­di­zioni, le infor­ma­zioni rac­colte «sono uti­liz­za­bili a tutti i fini con­nessi al rap­porto di lavoro», quindi poten­zial­mente anche a fini disciplinari.

I decreti appro­vati ieri sono quindi quat­tro, e vanno a com­ple­tare la riforma che ha avuto il suo bat­te­simo il 16 dicem­bre 2014 (in tutto otto decreti): sono già stati intro­dotti il con­tratto a tutele cre­scenti (che manda il sof­fitta l’articolo 18, sosti­tuendo il rein­te­gro con un risar­ci­mento mone­ta­rio); la nuova inden­nità di disoc­cu­pa­zione (detta Naspi), affian­cata dalla Dis-Coll (per i col­la­bo­ra­tori) e dalla Asdi (per chi ha già esau­rito la Naspi); un allun­ga­mento dei con­gedi paren­tali e una stretta sui con­tratti coco­prò, ma senza però eli­mi­narli del tutto.
Con i decreti di ieri, si è rifor­mata la cassa inte­gra­zione: limi­tan­done la durata, sia per l’ordinaria che per la straor­di­na­ria, a 24 mesi in un quin­quen­nio mobile. Que­sto tetto può salire a 36 mesi con il ricorso esclu­sivo ai con­tratti di soli­da­rietà (24 mesi di soli­da­rietà e poi 12 di cig). Allo stesso tempo, gli ammor­tiz­za­tori sociali sono stati estesi alle pic­cole imprese oltre i 5 dipen­denti e cioè a 1,4 milioni di lavo­ra­tori prima esclusi.

Inol­tre, si è intro­dotto un mec­ca­ni­smo di «bonus-malus»: più le imprese faranno ricorso agli ammor­tiz­za­tori, più dovranno pagare al sistema pre­vi­den­ziale. Ancora, si è data una nuova rego­la­zione con­tro le cosid­dette «dimis­sioni in bianco» (quelle impo­ste ille­gal­mente al momento dell’assunzione, mediante la firma di un foglio che poi resta a dispo­si­zione dell’impresa): le dimis­sioni andranno fatte in via tele­ma­tica su appo­siti moduli resi dispo­ni­bili nel sito del mini­stero. Moduli che potranno essere tra­smessi dal lavo­ra­tore anche tra­mite i patro­nati, i sin­da­cati, gli enti bila­te­rali e le com­mis­sioni di cer­ti­fi­ca­zione. Quanto ai lavo­ra­tori disa­bili, le aziende potranno assu­merli mediante la richie­sta nomi­na­tiva, ma non effet­tuare l’assunzione diretta (potranno essere assunti cioè solo disa­bili inse­riti nelle appo­site liste). Infine, si è dato il via all’Anpal, l’Agenzia nazio­nale per le poli­ti­che attive del lavoro: ma sarà attiva solo da ini­zio 2016. Ed è stato varato l’Ispettorato nazio­nale del Lavoro, che dovrebbe uni­fi­care, sotto la regia del mini­stero del Lavoro, tutte le atti­vità ispet­tive, incluse quelle di Inps e Inail.

Toni di trionfo da parte del mini­stro Poletti, e dai ren­ziani. Secondo il tito­lare del Lavoro «il governo ha scelto di met­tere al cen­tro il con­tratto a tempo inde­ter­mi­nato a tutele cre­scenti», e «molte cen­ti­naia di migliaia di pre­cari ora hanno un con­tratto sta­bile». E sui con­trolli a distanza: «Abbiamo col­mato un vuoto non sugli impianti fissi ma sugli stru­menti in dota­zione ai lavo­ra­tori. Oggi abbiamo norme chiare e defi­nite nel rispetto della pri­vacy». Di avviso con­tra­rio le oppo­si­zioni: per Renato Bru­netta (Forza Ita­lia) «il Jobs Act non ha creato nes­sun posto, sono tra­sfor­ma­zioni di con­tratti a ter­mine». Per Arturo Scotto (Sel) «i lavo­ra­tori adesso potranno essere spiati». Per l’M5S si tratta di «un attacco che sva­luta il lavoro». E di «sva­lu­ta­zione» parla anche Ste­fano Fas­sina, ex Pd. Sui tele­con­trolli si è fatta una «scelta grave» per Cesare Damiano (Pd), pre­si­dente della Com­mis­sione Lavoro della Camera: «Non sarebbe la prima volta che viene disat­teso dal con­si­glio dei mini­stri un accordo inter­ve­nuto con il Par­la­mento». La Fiom, a comin­ciare è quella di Modena, lan­cia il «D-day» con­tro il Jobs Act: il 9 set­tem­bre le Rsu di 250 aziende metal­mec­ca­ni­che man­de­ranno in con­tem­po­ra­nea ai tito­lari una let­tera di dif­fida ad appli­care le nuove norme. La Uil nazio­nale teme che «sui con­trolli aumen­terà il con­ten­zioso», e quindi annun­cia che userà «la con­trat­ta­zione nazio­nale e di secondo livello per recu­pe­rare i diritti ridimensionati».

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