Il caos della «Buona scuola » è iniziato

by redazione | 15 Settembre 2015 9:10

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Sette milioni 861 mila stu­denti sono tor­nati a sedersi tra i ban­chi della scuola sta­tale. Un milione di alunni dell’infanzia, 2 milioni e mezzo quelli della pri­ma­ria, 1 milione 649 mila delle medie e 2 milioni e 628 mila, senza con­tare i 960 mila delle pari­ta­rie, hanno invo­lon­ta­ria­mente tenuto a bat­te­simo la riforma Renzi-Giannini della scuola. La riforma del «pre­side mana­ger», della mobi­lità coatta dei docenti dal sud verso il Nord, del siste­ma­tico uso della pro­pa­ganda che ha spac­ciato per «assun­zioni» quelle che in realtà sono «sta­bi­liz­za­zioni» di docenti che hanno il diritto a lavo­rare nella scuola.

È la riforma che ha pro­vato a spac­ciare la fine della «sup­plen­tite», cioè del pre­ca­riato, occul­tando la situa­zione di almeno 70 mila docenti abi­li­tati che avreb­bero il diritto di essere assunti secondo la sto­rica sen­tenza della corte di Stra­sburgo, quella che ha con­dan­nato l’Italia per­ché ha sfrut­tato i pre­cari che hanno lavo­rato per più di 36 mesi negli ultimi cin­que anni. Solo una parte dei «pre­cari sto­rici» sono stati assunti: 102.734 mila con­tro i 148 mila annun­ciati nel set­tem­bre 2014 da Renzi e Gian­nini: 46 mila in meno. Posti let­te­ral­mente spa­riti. A que­sti 102 mila e rotti, biso­gna sot­trarre 36.627 posti della cosid­detta «fase 0» che coprono il turn over dei pen­sio­na­menti già pre­vi­sto dal governo Letta, utili a smal­tire i vin­ci­tori dei con­corsi del 1990 e del 1999. Ci sono poi le 10.849 cat­te­dre asse­gnate su posti dispo­ni­bili della «fase A» e avan­zanti da quella pre­ce­dente. Nor­male ammi­ni­stra­zione di ini­zio anno sco­la­stico, nulla a che vedere con le assun­zioni strombazzate.

Poi è arri­vata la «fase B», quella che ha costretto in ago­sto oltre 7 mila docenti a emi­grare dal Sud al Nord, pena la per­dita del lavoro. Sono arri­vate 71 mila domande, di que­ste 3 mila non erano valide per­ché pre­sen­tate da docenti in ruolo; 15 mila sono state pre­sen­tate dai docenti della scuola dell’infanzia che tut­ta­via non sono pre­vi­sti per quest’anno nella «Buona scuola» e sono stati esclusi. Sono valide 53 mila domande, infe­riori di molto ai posti a dispo­si­zione. Que­sto ha impo­sto il ricorso alle sup­plenze annuali, pro­prio quelle che Renzi diceva di avere can­cel­lato. Senza dimen­ti­care quelle di isti­tuto dei pros­simi giorni.

La mini­stra dell’Istruzione Gian­nini ha defi­nito «limi­tata e fisio­lo­gica» la mobi­lità a cui il governo ha costretto i docenti che aspet­ta­vano invece il ruolo nella pro­vin­cia della loro gra­dua­to­ria, come pre­vi­sto dalla legge. A parte il fatto che almeno un quarto dei neo-assunti, una per­cen­tuale di tutto rispetto, il rodeo di cifre che ha pri­vi­le­giato i peg­giori luo­ghi comuni padro­nali e raz­zi­sti con­tro gli inse­gnanti del Sud (40/50enni trat­tati come «Choosy», «culi di pie­tra», «meri­dio­nali chia­gni e fotti») si ridurrà a un nor­male avvi­cen­da­mento: i posti asse­gnati dalle fasi zero-A-B cor­ri­spon­dono sostan­zial­mente ai pen­sio­na­menti previsti.

Nella «fase C» che dovrà chiu­dersi entro novem­bre saranno «assunti» altri 55 mila docenti. Da anni impe­gnati nel lavoro a scuola, una parte non irri­le­vante sarà costretta all’emigrazione. Ma il pro­blema che sta pren­dendo forma in que­ste set­ti­mane è anche un altro: è stato cal­co­lato che circa 10 mila pro­fes­sori di mate­rie spe­ci­fi­che (diritto, musica, sto­ria dell’arte ecc) saranno uti­liz­zati imme­dia­ta­mente negli «orga­nici di poten­zia­mento» dai quali i «pre­sidi mana­ger» pesche­ranno i pro­fili più con­ve­nienti al loro «piano di offerta for­ma­tiva» trien­nale. Gli altri saranno assunti e fun­ge­ranno da «tap­pa­bu­chi», col­mando le esi­genze delle scuole inse­rite negli «ambiti ter­ri­to­riali» di giorno in giorno. Una spe­cie di «just-in-time» o «lavoro a chia­mata» spe­ri­men­tata nella scuola ridotta a fab­brica ter­ri­to­riale della for­ma­zione con una mano­do­pera sem­pre a disposizione.

Il governo ha rite­nuto di affi­darsi a un algo­ritmo orwel­liano che dovrebbe accop­piare i can­di­dati ai posti, pri­vi­le­giando le città scelte dai can­di­dati e poi la gra­dua­to­ria nazio­nale. Gli esperti e i sin­da­cati sosten­gono che que­sto sia un «mostro» giu­ri­dico, già spe­ri­men­tato nella scuola e dichia­rato inco­sti­tu­zio­nale che ha som­merso il Miur di ricorsi one­rosi costrin­gen­dolo ad assu­mere retroat­ti­va­mente i docenti. Nel caso della «Buona scuola» il volume dei ricorsi rischia di essere ocea­nico. Ciò che sem­bra man­care è una cul­tura dei diritti del lavoro. È sin­to­ma­tico nel paese del Jobs Act.

Que­sto è il bilan­cio momen­ta­neo del governo Renzi dopo la sen­tenza euro­pea che ha con­dan­nato lo sfrut­ta­mento del «pre­ca­riato di Stato» nella scuola: 75 mila docenti in cat­te­dra — cifra com­pren­siva del turn-over — con­tro una stima di 150 mila pre­cari inse­riti nelle gra­dua­to­rie in esau­ri­mento. Quest’anno 30 mila cat­te­dre non saranno asse­gnate e, sostiene il sot­to­se­gre­ta­rio all’istruzione Faraone, saranno inse­rite nel con­cor­sone che dovrebbe essere ban­dito entro dicem­bre e riser­vato ai docenti abi­li­tati (tema ancora in discus­sione). Da qui nasce la cifra di 160 mila docenti assunti dal governo Renzi, un numero che lascia fuori altre decine di migliaia di pre­cari. Per loro il futuro è incerto.
Que­sta è la scuola del caos sotto i numeri della pro­pa­ganda per­ma­nente con la quale il governo cerca di sten­dere l’opinione pubblica.

Tra le pro­te­ste dell’Unione degli Stu­denti e della Rete degli stu­denti medi, ieri è ini­ziato l’anno che tra­sfor­merà la scuola nel luogo dove i docenti si «valu­te­ranno» per darsi poche decine di euro lordi in più, costretti a rien­trare nel «cer­chio magico» del pre­side. è la scuola che inse­gna a com­pe­tere, a valu­tare e punire, quella che spinge a desi­de­rare il potere che domina e sfrutta. Michel Fou­cault scrisse un mira­bile sag­gio inti­to­lato: «Intro­du­zione a una vita non fasci­sta». Una let­tura sug­ge­stiva per la scuola che verrà.

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