Quali conseguenze potrebbe avere tutto questo sulla corsa alla leadership tra i costruttori mondiali? La partita è ormai ristretta a tre giocatori: il campione asiatico, Toyota, il campione americano,Gm, e Volkswagen. Tutti sfiorano i 10 milioni di auto vendute nell’anno. Nel primo semestre 2015, per la prima volta, Volkswagen ha conquistato la vetta relegando Toyota al secondo posto. Un risultato simbolico e risicato: 5.040.000 auto vendute contro i 5.020.000 pezzi consegnati dai giapponesi. Un risultato che avrebbe potuto essere migliore per i tedeschi se avessero sfruttato di più la crescita del mercato americano. In Usa invece Toyota ha incrementato le vendite del 5,6 per cento contro il 2,4 di Volkswagen. Ecco perché il piano di Winterkorn, potente ad di Wolfsburg, era, fino a ieri, quello di aumentare le vendite in Usa dove la casa tedesca ha addirittura perduto quota nel 2014. Si dice che la scarsa performance nel mercato americano sia stata una delle cause del recente scontro tra Winterkorn e Ferdinand Piech che ha portato quest’ultimo alle dimissioni dalla presidenza del consiglio di sorveglianza Volkswagen. Winterkorn ha vinto la battaglia interna ma ha subito dovuto fronteggiare due gravi problemi: il calo di vendite in Cina (-3,9 per cento a 1,74 milioni nei primi sei mesi 2015) e ora lo scorno della truffa di quello che in America già chiamano il “Dieselgate“. In Cina il gruppo tedesco vende oltre tre milioni di auto, circa un terzo delle sue vendite globali. E per risalire in Usa l’arma segreta era proprio il motore diesel, ora al centro dell’indagine. Winterkorn ha sempre sostenuto di voler arrivare alla leadership mondiale nel 2018, quando, secondo i piani di Wolsburg, in Usa le vendite sarebbero praticamente raddoppiate arrivando a superare il milione di pezzi. Nel primo semestre di quest’anno sembrava che i tedeschi sarebbero riusciti ad anticipare di 36 mesi l’obiettivo diventando la prima casa europea nella storia centenaria dell’auto a conquistare la leadership del mondo. Con Cina e “Dieselgate” la conquista della vetta sembra almeno rimandata. «A livello globale in agosto le vendite di Volkswagen sono scese del 5,4 per cento e in Cina il calo è stato del 10 per cento», osserva Harald Hendriske di Morgan Stanley. Per dire che già prima dello scandalo le cose non andavano bene e che ora «il rischio per l’immagine del brand è molto alto». Insomma, Toyota e Gm potrebbero addirittura tornare, a fine anno, al primo e secondo posto.
L’effetto è talmente forte che ieri sera Stuart Person, analista di Exane Bnp, ipotizzava conseguenza non solo in Usa ma anche in Europa per l’intero mercato dei motori diesel. Un effetto sulle vendite europee non è escluso soprattutto se si mostressero fondati gli allarmi lanciati dall’Ue e dallo stesso governo tedesco sulla possibilità che non siano regolari nemmeno i controlli sulle emissioni da questa parte dell’Atlantico. Un altro elemento che pesa in queste ore nelle valutazioni degli analisti e negli andamenti della Borsa è la possibilità che la vicenda riapra lo scontro al vertice di aprile rendendo ancora meno stabile la guida del colosso di Wolfsburg.
Per ora comunque anche gli analisti meno teneri con la casa tedesca sono pronti a scommettere che Volkswagen ce la farà a superare lo shock. A caro prezzo, vendendo le partecipazioni in Suzuki e riducendo gli investimenti, potrebbe avere le spalle abbastanza larghe da pagare la maxi multa Usa e superare il danno di immagine. Anche se non sarà facile accettare l’idea che un prussiano per vincere abbia usato un trucco da suk arabo.