Ha vinto Bruxelles e la sua austerity la svolta riformista rassicura i mercati

Ha vinto Bruxelles e la sua austerity la svolta riformista rassicura i mercati

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BRUXELLES. L’Europa ha seguito le ennesime elezioni greche senza particolari fibrillazioni. Lo stesso hanno fatto i mercati. Lo stesso, si direbbe, hanno fatto gli elettori con una affluenza alle urne che è la più bassa nella storia del Paese. Dopo i mesi convulsi e drammatici che hanno visto l’Europa sull’orlo del baratro, il risultato del voto non era scontato. Era però ininfluente. I due principali contendenti, infatti, si erano già preventivamente impegnati a rispettare gli accordi, durissimi, in base ai quali Atene ha ottenuto l’impegno ad un terzo pacchetto di aiuti e la possibilità di restare nell’eurozona. L’unico rischio, agli occhi di Bruxelles, era che l’esito elettorale fosse talmente in bilico da rendere impossibile la formazione di una coalizione di governo stabile, in grado di garantire l’attuazione delle riforme previste. La vittoria di Tsipras sembra allontanare questa eventualità. Ora dovrà ricreare una coalizione con il vecchio alleato di destra, o con qualcuno dei partiti minori che comunque si sono già impegnati a votare il memorandum di intesa con l’Europa. La politica di tagli e di riforme imposta da Bruxelles non sembra essere messa in discussione. Gli elettori, che l’avevano massicciamente respinta nel referendum di luglio, adesso la accettano ancor più plebiscitariamente, confermando il voltafaccia del loro leader. Il pessimo risultato ottenuto dai dissidenti di Syriza contrari all’accordo conferma che i greci sono determinati a restare in Europa, costi quel che costi. Messi tutti insieme, dai comunisti ai nazisti di Alba dorata, i partiti che contestano la scelta europea totalizzano meno del 30%. Anche questo, in un Paese martoriato dalla crisi e dall’austerità, è un dato che a Bruxelles provoca non pochi sospiri di sollievo.
Ma c’è un’altra lezione che il voto greco consegna all’Europa, e sulla quale nelle capitali si è cominciato a riflettere. Il leader di Syriza ha vinto, con una percentuale simile a quella ottenuta nelle precedenti elezioni, nonostante i numerosi cambiamenti di linea politica che hanno segnato i mesi convulsi del suo primo governo. Vincitore a gennaio in nome del rifiuto dell’austerità, trionfatore a luglio del referendum contro la ricetta economica proposta dall’Europa, adesso, a settembre, torna ad affermarsi promettendo di osservare il programma di austerità ancora più duro che l’Europa gli ha imposto.
Tutto questo può apparire, ed è, contraddittorio se si immagina che i greci si siano pronunciati solo ed esclusivamente su una questione essenzialmente politica, come l’accettazione o il rifiuto delle riforme volute dall’Europa. Risulta invece assai più comprensibile se si guarda al risultato come ad una conferma dell’indubbio carisma personale del leader di Syriza. In un contesto politico in cui le scelte dei governi europei, non solo di quello di Atene, appaiono in larga misura obbligate e vincolate dal quadro generale dell’economia, gli elettori tendono a premiare la personalità in cui, a torto o a ragione, ripongono maggior fiducia. Magari perché, come Tsipras o come Renzi, raffigurano una speranza di cambiamento rispetto ad una vecchia classe politica screditata. Oppure perché, come Angela Merkel o David Cameron, inviano un messaggio credibile di stabilità e di continuità. In questo senso, le elezioni greche confermano il progressivo spostamento del focus politico, che in Europa si allontana dai contenuti e dai programmi e si concentra sempre più sulla credibilità personale dei leader.
Resta comunque, sul fondo, non ancora risolto, il nodo della sostenibilità della permanenza della Grecia nell’euro. L’Europa ha imposto ad Atene condizioni molto dure per restare nella moneta unica. Tsipras le ha accettate, confortato da una vasta maggioranza dei parlamentari. Ora gli elettori confermano questa scelta. Se il nuovo governo manterrà gli impegni che ha sottoscritto, è chiaro che più nessuno potrà agitare lo spettro di una uscita della Grecia, come ha fatto Schauble a luglio. I dubbi ora si concentrano semmai sulla sostenibilità del debito greco a lungo termine, anche in presenza delle riforme promesse. E il Fondo monetario internazionale, uno dei creditori di Atene, è il primo a sollevare la questione. Sarà un’altra grana che arriverà, presto o tardi, sul tavolo dei leader europei. Ma questa volta, dopo la conferma elettorale di ieri, è chiaro che la soluzione andrà trovata con Tsipras e non, come qualcuno forse aveva sperato nei mesi scorsi, contro di lui.


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