Climate change, le città cinesi e americane si coordinano
Gli atti finali della presidenza Obama passano anche per la lotta ai cambiamenti climatici. Dopo aver visitato l’Alaska, consegnando al mondo un mea culpa sul ruolo dell’economia americana nello scempio ambientale che si sta consumando nell’Artico, gli Stati Uniti mettono un nuovo tassello in vista della visita del presidente cinese Xi Jinping, atteso negli Usa la prossima settimana.
A scandire il tempo è anche il Summit Onu sul clima in programma a Parigi a dicembre che intende giungere a un nuovo accordo in materia di riduzione delle emissioni globali di gas serra a sostituzione del Protocollo di Kyoto, ufficialmente scaduto nel 2012.
Riprende così un dialogo avviato lo scorso novembre con la Cina, quando, in occasione della sua visita, Obama giocò a carte scoperte, annunciando l’impegno americano a ridurre le emissioni del 26–28% entro il 2025, rispetto ai livelli del 2005, e incassò una risposta cinese che fissava al 2030 la data per il raggiungimento del picco delle emissioni. Gli Stati uniti hanno, questa settimana, ospitato una due giorni di incontri ad alto livello sul clima.
Teatro del Us-China Climate Leader Summit è stata la città di Los Angeles, che da tempo ha messo in atto un sistema di cup and trade per le emissioni che i cinesi stanno provando a imitare. A latere delle discussioni sui rispettivi impegni in seno al Climate Change Working Group, creato nel 2013 per rafforzare la cooperazione bilaterale in vista del Cop21 di Parigi, gli incontri californiani sono stati anche l’occasione per uno scambio di buone pratiche e l’assunzione di impegni a livello di aree urbane, province e contee.
Protagonisti, oltre ai negoziatori sul clima, sono stati infatti anche i climate majors, i primi cittadini e i governatori di metropoli come Washington, Pechino, Seattle, Guangzhou, Atlanta e Shenzhen e delle maggiori province cinesi che, come ha ricordato Eric Garcetti, sindaco di LA «rappresentano la prima fonte di inquinamento da emissioni e si trovano in prima linea nell’affrontare le conseguenze dei cambiamenti climatici».
Una prova di buona volontà prima degli atti finali di Parigi?
Quel che è certo è che il summit si è chiuso con una dichiarazione congiunta in cui le due parti si impegnano a rispettare gli impegni presi nei rispettivi «contributi programmati e definiti a livello nazionale», già presentati da altri 40 paesi con l’eccezione di Brasile e India, allargando gli impegni alle municipalità e alle aree urbane.
Nel documento Pechino e Guangzhou si impegnano a raggiungere il picco delle proprie emissioni entro il 2020, con dieci anni di anticipo sul target nazionale, segue Shenzen che fissa nel 2022 la data di inizio della curva discendente. Per Los Angeles si parla del 2025. Le città si sono impregnate a rendere pubblici i propri progressi e a condividere buone pratiche in una piattaforma urbana alla lotta ai cambiamenti climatici.
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