Caccia e alleati sul terreno la guerra del Cremlino con il via libera dell’Onu

by redazione | 30 Settembre 2015 8:53

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MOSCA . A prescindere dalla posizione degli Stati Uniti, la Russia si prepara a cominciare la guerra contro lo Stato Islamico. Ma sarà una guerra in stile Putin, attenta a rispettare anche solo formalmente il diritto internazionale e condotta con un ruolo sommerso e quasi invisibile. Mosca non intende infatti per il momento ingaggiare combattimenti diretti con il nemico ma allo stesso tempo sa di avere un’arma in più rispetto alle coalizioni occidentali: alleati che possano combattere a terra laddove gli uomini del Califfato sono molto più vulnerabili rispetto agli attacchi che si limitano ai raid aerei. La prova è nel cuore di Bagdad dove da una settimana vertici dello Stato maggiore e dei servizi segreti militari russi stanno lavorando insieme ai loro omologhi di Iraq, Iran e quello che resta della Siria di Assad. Una sorta di quartier generale di una coalizione appena nata nella quale ci si scambieranno informazioni fondamentali. Le immagini riprese dai satelliti russi saranno confrontate con la profonda conoscenza del terreno da parte degli altri tre. «Il Cremlino vuole evitare combattimenti di terra – spiega l’esperto militare Viktor Murakhovskij – ma per questo punta sulle forze curde vicine all’Iraq, sugli Hezbollah finanziati da Teheran e sull’esercito di Assad che stiamo già rafforzando con armi emunizioni».
È a Bagdad insomma che si decideranno i tempi e le azioni da compiere. Fino all’ultimo, nella sua missione a New York, Putin aveva tentato di coinvolgere gli Stati Uniti. Il momentaneo fallimento non lo ha però fatto desistere. «Il centro di Bagdad non è una struttura chiusa – diceva ieri il portavoce del Cremlino – bensì resta aperto a chiunque voglia contribuire alla lotta al terrorismo. Anche agli americani che purtroppo hanno disertato le prime riunioni». Difficile che si possa arrivare ad una coalizione allargata. Ma la Russia si accontenta dei vaghi segnali di apertura americani e intanto va avanti da sola. Cadute le barriere delle smentite e dei veti, i media danno ormai notizia di tutto: altri sei caccia bombardieri Sukhoi 34 sono arrivati nella base di Latakia a raggiungere l’altra ventina di aerei della aviazione russa e gli oltre venti elicotteri da combattimento. Si allunga sempre più la fila di navi da guerra della Flotta del Mar Nero davanti alla base di Tartus che 1700 soldati stanno trasformando da piccola base in una fortezza con tanto di molo gigan- te per consentire l’approdo dell’incrociatore lanciamissili Moskva, nave ammiraglia. Al suo seguito, pare, anche un paio di sommergibili. Per rifornire la flotta è partita da Sebastopoli la nave officina Pm 56. Porta a bordo truppe scelte incaricate di presidiare un grande tratto di costa intorno al porto, ben oltre la zona concessa alla Marina russa da Damasco. Movimenti di uomini, e tank russi continuano nella città di Hana dove l’Armata gestisce un campo di assistenza profughi che, di fatto, è anche una base militare. Quanto basta per dare ai russi il senso di una guerra imminente. Secondo un sondaggio quasi i due terzi della popolazione sarebbe contraria a un intervento diretto e molto preoccupata dalle eventuali conseguenze.
Ma quando potrebbe scatenarsi l’attacco? Gli esperti escludono che possa arrivare prima di una decina di giorni. E insistono sull’ossessione“legalista” di Putin. Ilja Kramik, studioso di questioni strategiche spiega che «l’afflusso di uomini e mezzi serve solo a creare basi inespugnabili. Probabilmente per gli attacchi verrà invece usata l’aviazione siriana che ha in dotazione lo stesso tipo di aerei». Che poi a bordo degli aerei con le insegne di Damasco, ci siano veramente piloti siriani e non i più esperti colleghi russi, sarà molto difficile da dimostrare. Le sole forme estreme di coinvolgimento fino ad ora valutate dal Cremlino «in casi eccezionali», sono l’uso di elicotteri d’assalto e l’impiego di artiglieria russa che bombardi a distanza le basi dell’Is e che soprattutto riduca a mal partito le poche e tortuose vie di comunicazione.
Il resto, in attesa di un imprimatur internazionale, dovrebbe essere affidato agli alleati orientali finora raccolti. Solo più avanti, si potrebbe passare a una partecipazione a viso scoperto dell’Armata Russa nei combattimenti. Il pretesto legale è già pronto. Il regime di Assad sostiene di avere il diritto di chiedere l’appoggio militare russo contro una rivolta che sta mettendo a rischio il paese. E Mosca ha già risposto secondo copione: «Una eventuale richiesta del legittimo governo siriano, sarà valutata con grande attenzione».
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