Barcellona ci crede un milione in marcia “Ora l’indipendenza”

by redazione | 12 Settembre 2015 9:57

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BARCELLONA . A passo di corsa, un gruppetto di atleti fende la folla strabordante portando a spalla la grande freccia gialla che indica il cammino. Direzione: indipendenza. «Via Lliure a la República Catalana», via libera verso la costruzione di un nuovo Stato. È il sogno di centinaia di migliaia di persone, oltre un milione secondo la polizia locale, avvolte nelle “estelades”, le bandiere secessioniste, al grido ritmato di “in-inde-independencia”, che si affollano lungo i cinque chilometri della Meridiana, una delle tre grandi arterie di Barcellona insieme alla Diagonal e alla Gran Vía. Troppo a lungo trascurata, forse, ma non meno carica di simbolismi. A cominciare dal punto di partenza, il Parc de la Ciutadella, al cui interno si trova la sede del Parlament: luogo della memoria dell’ultima tenace resistenza alle truppe borboniche che invasero la città nel 1714 dopo venti mesi di assedio. E’ il motivo stesso di questa giornata, 11 settembre: ricordare una sconfitta per rivendicare l’orgoglio di un popolo.
La Diada, festa nazionale. Con un plus di carica emotiva questa volta, dopo le marce oceaniche degli ultimi quattro anni. Poche ore prima, alla mezzanotte di giovedì, si è aperta una campagna elettorale che può essere decisiva. Se il 27 settembre vincerà l’opzione indipendentista, per la prima volta riunita in una lista unitaria, Junts pel Sí, il presidente Artur Mas darà il via al processo di divorzio con Madrid. Per questo ha preferito non scendere in piazza ieri, nel tentativo forse vano di sfuggire all’accusa di aver trasformato la festa nazionale in una manifestazione elettorale. Glielo rinfacciano diversi contendenti politici. Ma è un discorso che indigna una folla più che mai convinta che il cammino intraprese è quello giusto. «Scendo in piazza perché l’ho deciso io, non perché me lo dice Mas»: a metà percorso, all’ombra della Torre Agbar, il grattacielo a forma di siluro progettato da Jean Nouvel, Marc rivendica la sua scelta senza se e senza ma. Ventun anni, studente di ingegneria informatica, due cognomi che più spagnoli è impossibile (Ruiz Rodríguez: è nipote di immigrati andalusi), era così ansioso di non perdersi l’appuntamento che è stato il primo in assoluto a iscriversi online. «Questa è una straordinaria rivoluzione, e non è di sinistra né di destra. È un movimento di un popolo che vuole cambiare le cose costruendo il proprio futuro su basi diverse. Senza nessun atteggiamento ostile verso la Spagna e gli spagnoli. Vogliamo solo che la Catalogna funzioni meglio».
Josep Maria, pittore, da 27 anni vive in Svizzera, a Losanna. «Ma non potevo mancare. Ormai siamo a una svolta. Ci sentiamo maltrattati da Madrid e abbiamo deciso di prendere in mano il nostro futuro». Lluis, di Barcellona, è titolare di un’azienda del settore alimentare con 50 dipendenti. Non teme conseguenze sulla sua attività: «La società saprà affrontare unita la nuova situazione ». E Margarita, alta funzionaria dello Stato spagnolo, sa bene che rischia di perdere il posto: «Però davvero non ho alcun timore: so che la Catalogna manterrà la stessa struttura amministrativa. Ci vorrà un periodo di transizione, ma poi tutto si risolverà per il meglio». Voci di semplici cittadini che respingono il discorso ripetuto fino alla sazietà dal governo Rajoy, secondo cui questo clima da scontro finale è solo frutto di una manovra politica irresponsabile di Artur Mas. Ma il President, davanti alla stampa internazionale, conferma la sua convinzione: «Abbiamo fatto di tutto prima di arrivare a questo punto. Abbiamo appoggiato governi spagnoli di diverso colore politico, abbiamo collaborato in tutti i campi con grande entusiasmo e lealtà. Ma alla fine ci siamo trovati a combattere contro un muro. Ora è arrivato il momento di decidere». Sulla Meridiana, a tarda sera, la Via Lliure termina al ritmo della rumba “Catalunya té molt poder”, la Catalogna ha un grande potere.
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La lista “Junts per il Sí” ha riunito tutte le forze anti-Madrid. Il presidente Mas: “Bisogna decidere”
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