Obama: uccidono più le armi del terrorismo
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NEW YORK «Quante persone come mia figlia devono ancora morire prima che si faccia qualcosa?», si chiede, mentre lacrime di dolore gli sgorgano dagli occhi, Andy Parker il giorno dopo che Vester Lee Flanagan gli ha portato via Alison uccidendo lei, giornalista 24enne, e il cameraman Adam Ward di 27 anni a colpi di pistola, mentre facevano una diretta tv da Moneta (Virginia). Sono sempre di più, ma non ancora abbastanza, coloro che negli Stati Uniti vogliono una legge più restrittiva sulla diffusione delle armi.
«L’America farà finalmente qualcosa per fermare la nostra carneficina alimentata dalle armi?», domanda il Washington Post in un editoriale. «Tragedie come questa ci ricordano con quale facilità e brutale efficienza queste armi entrano nel business degli omicidi», scrive il quotidiano esortando la Casa Bianca e i singoli Stati ad agire perché «ogni governo razionale le regolamenterebbe con accuratezza. Invece, i nostri leader hanno rinunciato a mettere mano alle più palesi carenze nei controlli». Intanto il colosso della distribuzione Wal- mart, 4.600 supermercati in tutto il Paese, un terzo dei quali accanto alla saponette e ai pannolini vende armi che fanno impressione solo a guardarle, annuncia che fermerà le vendite dell’ AR-15 e di altre copie di fucili d’assalto. Prima, però, dovrà smaltire le corpose scorte nei suoi magazzini. Uno stop, ci tiene a precisare Wal-mart, forse per non urtare la suscettibilità delle potenti lobby delle armi, che è collegato al calo delle vendite e che, per carità, non ha nulla a che vedere con le stragi folli che continuano a ripetersi negli Usa e che vengono programmate ed eseguite con sistematica freddezza da individui armati.
A giugno, dopo la strage di Charleston, dove Dylann Roof, un ragazzo di 21 anni che odiava gli afroamericani uccise nove persone nella più antica chiesa metodista degli Usa con la pistola che il padre gli aveva regalato al compleanno, Barack Obama tornò per l’ennesima volta a chiedere all’America di fare i conti con se stessa e con l’eccessiva facilità con cui le armi possono circolare sul suo territorio. «Prima o poi dovremo renderci conto come nazione che questo tipo di violenza di massa è ignota agli altri Paesi avanzati», disse. Mercoledì, al 15esimo intervento che è stato costretto a fare dopo una strage accaduta durante la sua presidenza, cerca di far ragionare ancora una volta i suoi connazionali, tanto attenti alla minaccia terroristica: «Ho dovuto fare troppe volte dichiarazioni come questa e troppe volte comunità come questa (Roanoke, sede in Virginia della tv Wdbj7, ndr ) hanno dovuto sopportare tragedie come questa», ma «ciò che sappiamo è che il numero delle persone che muoiono per delitti legati alle armi in questo Paese surclassa quelle uccise dal terrorismo», ammonisce poco dopo che il suo portavoce Josh Earnest, facendo le condoglianze ai familiari delle vittime, aveva detto che è urgente che «il Congresso approvi una stretta sulle armi». Nel momento in cui colleghi, amici e cittadini di Roanoke commemorano i giovani assassinati, Andy Parker, 62 anni, promette: «Non mi fermerò mai, per rendere difficile che possa procurasi un’arma gente come l’assassino di mia figlia».
Giuseppe Guastella
«L’America farà finalmente qualcosa per fermare la nostra carneficina alimentata dalle armi?», domanda il Washington Post in un editoriale. «Tragedie come questa ci ricordano con quale facilità e brutale efficienza queste armi entrano nel business degli omicidi», scrive il quotidiano esortando la Casa Bianca e i singoli Stati ad agire perché «ogni governo razionale le regolamenterebbe con accuratezza. Invece, i nostri leader hanno rinunciato a mettere mano alle più palesi carenze nei controlli». Intanto il colosso della distribuzione Wal- mart, 4.600 supermercati in tutto il Paese, un terzo dei quali accanto alla saponette e ai pannolini vende armi che fanno impressione solo a guardarle, annuncia che fermerà le vendite dell’ AR-15 e di altre copie di fucili d’assalto. Prima, però, dovrà smaltire le corpose scorte nei suoi magazzini. Uno stop, ci tiene a precisare Wal-mart, forse per non urtare la suscettibilità delle potenti lobby delle armi, che è collegato al calo delle vendite e che, per carità, non ha nulla a che vedere con le stragi folli che continuano a ripetersi negli Usa e che vengono programmate ed eseguite con sistematica freddezza da individui armati.
A giugno, dopo la strage di Charleston, dove Dylann Roof, un ragazzo di 21 anni che odiava gli afroamericani uccise nove persone nella più antica chiesa metodista degli Usa con la pistola che il padre gli aveva regalato al compleanno, Barack Obama tornò per l’ennesima volta a chiedere all’America di fare i conti con se stessa e con l’eccessiva facilità con cui le armi possono circolare sul suo territorio. «Prima o poi dovremo renderci conto come nazione che questo tipo di violenza di massa è ignota agli altri Paesi avanzati», disse. Mercoledì, al 15esimo intervento che è stato costretto a fare dopo una strage accaduta durante la sua presidenza, cerca di far ragionare ancora una volta i suoi connazionali, tanto attenti alla minaccia terroristica: «Ho dovuto fare troppe volte dichiarazioni come questa e troppe volte comunità come questa (Roanoke, sede in Virginia della tv Wdbj7, ndr ) hanno dovuto sopportare tragedie come questa», ma «ciò che sappiamo è che il numero delle persone che muoiono per delitti legati alle armi in questo Paese surclassa quelle uccise dal terrorismo», ammonisce poco dopo che il suo portavoce Josh Earnest, facendo le condoglianze ai familiari delle vittime, aveva detto che è urgente che «il Congresso approvi una stretta sulle armi». Nel momento in cui colleghi, amici e cittadini di Roanoke commemorano i giovani assassinati, Andy Parker, 62 anni, promette: «Non mi fermerò mai, per rendere difficile che possa procurasi un’arma gente come l’assassino di mia figlia».
Giuseppe Guastella
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