Nato. Quei parà sulle nostre teste
Coperti dal blackout politico/mediatico, stanno scendendo in Europa nugoli di paracadutisti in pieno assetto di guerra. È la «Swift Response» (Risposta rapida), «la più grande esercitazione Nato di forze aviotrasportate, circa 5mila uomini, dalla fine della guerra fredda». Si svolge dal 17 agosto al 13 settembre in Italia, Germania, Bulgaria e Romania, con la partecipazione anche di truppe statunitensi, britanniche, francesi, greche, olandesi, polacche, spagnole e portoghesi. Naturalmente, conferma un comunicato ufficiale, sotto «la direzione dello U.S. Army».
Per la «Risposta rapida» lo U.S. Army impiega, per la prima volta in Europa dopo la guerra contro la Jugoslavia nel 1999, la 82a Divisione aviotrasportata, compresa la 173a Brigata di stanza a Vicenza. Quella che addestra da aprile, in Ucraina, i battaglioni della Guardia nazionale di chiara composizione neonazista, dipendenti dal Ministero degli interni, e che ora, dopo una esercitazone a fuoco effettuata sempre in Ucraina il 6 agosto, inizia ad addestrare anche le forze armate «regolari» di Kiev.
La «Swift Response» è stata preceduta in agosto dall’esercitazione bilaterale Usa/Lituania «Uhlan Fury», accompagnata da una analoga in Polonia, e dalla «Allied Spirit» svoltasi in Germania, sempre sotto comando Usa, con la partecipazione di truppe italiane, georgiane e perfino serbe. E, poco dopo la «Swift Response», si svolgerà dal 3 ottobre al 6 novembre una delle più grandi esercitazioni Nato, la «Trident Juncture 2015», che vedrà impegnate soprattutto in Italia, Spagna e Portogallo forze armate di oltre 30 paesi alleati e partner, con 36 mila uomini, oltre 60 navi e 140 aerei.
Quale sia lo scopo di queste esercitazioni Nato sotto comando Usa, che si svolgono ormai senza interruzione in Europa, lo spiega il nuovo capo di stato maggiore dello U.S. Army, il generale Mark Milley. Dopo aver definito la Russia «una minaccia esistenziale poiché è l’unico paese al mondo con una capacità nucleare in grado di distruggere gli Stati uniti» (audizione al Senato, 21 luglio), nel suo discorso di insediamento (14 agosto) dichiara: «La guerra, l’atto di politica con cui una parte tenta di imporre la sua volontà all’altra, si decide sul terreno dove vive la gente. Ed è sul terreno che l’esercito degli Stati uniti, il meglio armato e addestrato del mondo, non deve mai fallire». Il «terreno» da cui vengono lanciate le operazioni Usa/Nato verso Est e verso Sud, ancora una volta, è quello europeo. In senso non solo militare, ma politico.
Emblematico il fatto che alla «Trident Juncture 2015» partecipa (nel silenzio politico generale) l’Unione europea in quanto tale. Non c’è da stupirsene, dato che 22 dei 28 paesi della Ue sono membri della Nato e l’art. 42 del Trattato sull’Unione europea riconosce il loro diritto a realizzare «la difesa comune tramite l’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico», che (sottolinea il protocollo n. 10) «resta il fondamento della difesa collettiva della Ue».
La Nato — in cui il Comandante supremo alleato in Europa è sempre nominato dal presidente degli Stati uniti e sono in mano agli Usa gli altri comandi chiave — serve a mantenere la Ue nella sfera d’influenza statunitense. Se ne avvantaggiano le oligarchie europee, che in cambio della «fedeltà atlantica» dei loro paesi partecipano alla spartizione di profitti e aree di influenza con quelle statunitensi. Mentre i popoli europei sono trascinati in una pericolosa e costosa nuova guerra fredda contro la Russia e in situazioni critiche, come quella del drammatico esodo di profughi provocato dalle guerre Usa/Nato in Libia e Siria.
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