L’Unione dei rifugiati
Era prevedibile: dopo i dati diffusi due giorni da Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere secondo la quale nel solo mese di luglio si sono registrati in Europa 100 mila sbarchi, ieri sono state rese note le cifre relative al numero di richieste di asilo presentate sempre nell’Unione europea nei primi sei mesi dell’anno. E come per gli arrivi, anche questa volta i numeri sono da record: più di 400 mila domande da gennaio a giugno, contro le 600 mila registrate in tutto il 2014. A diffondere i dati è stata una portavoce della Commissione europea sottolineando come ormai l’emergenza immigrazione non sia più solo un problema dei paesi rivieraschi o di chi finora si è fatto carico del maggior numero di profughi: «Non si tratta di una crisi greca, italiana o tedesca», ha spiegato. «Questa è una crisi migratoria globale che richiede azioni congiunte coraggiose».
Il riferimento alla Germania non è certo casuale. Proprio ieri mattina il ministro degli Interni Thomas De Maiziere aveva messo le mani avanti diffondendo le cifre relative alle richieste di asilo presentate a Berlino nei primi sette mesi dell’anno: 218 mila, un numero superiore rispetto a tutto il 2014, quando le domande si fermarono a 200 mila. Solo nel primo semestre di quest’anno si è avuto un incremento del 124% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Numeri già difficili per la grande coalizione della cancelliera Merkel, che dopo aver litigato sul debito greco ha avuto momenti accesi anche per quanto riguarda l’emergenza immigrazione. Ma che si sono ulteriormente aggravati nel pomeriggio, quando lo stesso De Maiziere ha affermato di prevedere che alla fine del 2015 saranno presentate 800 mila domande di asilo, il doppio di quanto previsto secondo le stime precedenti. Anche per la Germania luglio è stato il mese record, con 37.500 richieste di asilo. «Il 40% delle richieste nei primi sei mesi arriva dai Balcani occidentali, e questo è inaccettabile», ha spiegato il ministro. Da qui la richiesta di un cambiamento nelle politiche di accoglienza dei migranti: «Dobbiamo agire diversamente, più velocemente e più pragmaticamente», ha detto. Parole che non fanno prevedere nulla di buono visto che proprio De Maiziere (cristiano democratico) nei giorni scorsi ha proposto di ridurre i fondi a disposizione dei richiedenti asilo facendo infuriare la ministra (socialdemocratica) della Famiglia Manuela Schwesig.
Sono passati solo tre mesi da quando a Bruxelles si litigava per il rifiuto dei paesi del Nord Europa di farsi carico della crisi immigrazione. Novanta giorni dopo la stessa crisi si è allargata fino a coinvolgere in maniera sempre più drammatica non più solo Italia e Grecia, ma anche Germania, Francia, Gran Bretagna, Ungheria Austria e, fuori dall’Unione, la Serbia. La «risposta europea» è nella roadmap predisposta dalla Commissione europea e in cui ai principi dell’accoglienza si alternano misure repressive. Prima tappa il 25 e 26 agosto in Grecia per avviare la creazione di hotspot dove separare i richiedenti asilo dai migranti economici (rispedendo questi ultimi in patria, se possibile). E alla fine del mese il commissario Ue all’Immigrazione Dimitris Avramopoulos si recherà Calais, frontiera franco-britannica dove tremila migranti cercano ogni giorno di salire sui Tir per attraversare la Manica. Nel frattempo si cerca a rispondere alle richieste di fondi avanzate da Francia, Austria e Ungheria, mentre stanno per essere erogati i primi 30 milioni di euro promessi al governo Tispras. Ma la partita più importante si giocherà a settembre, quando i capi di Stato e di governo si vedranno di nuovo per stabilire i meccanismi di divisione di 35 mila profughi arrivati in Italia e Grecia, divisione che potrebbe prendere il via a ottobre.
Un appuntamento che potrebbe riservare sorprese. L’arrivo ogni giorno di decine di migliaia di migranti alle frontiere di tutti i paesi, non solo a quelle greche e italiane, ha improvvisamente cambiato le carte in tavola e quello che fino a ieri sembrava impossibile potrebbe non esserlo più Come la revisione del regolamento di Dublino, che obbliga i migranti a restare nel primo paese in cui arrivano. Intoccabile fino a ieri, adesso sono in molti a chiedere di modificarlo. Renzi ne ha parlato con la cancelliera Merkel durante la visita fatta da quest’ultima all’Expo di Milano, mentre il governo austriaco ha minacciato di portare la Commissione europea di fronte alla Corte di giustizia Ue se il regolamento non sarà rivisto. In tutto questo non manca però chi continua a privilegiare solo i propri interessi, a dimostrazione di come la strada sia ancora in salita. E’ il caso della Slovacchia che ieri si è detta disposta ad accogliere 200 rifugiati siriani a patto però che siano cristiani. «In Slovacchia non abbiamo moschee», ha spiegato il portavoce del governo di Bratislava.
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