SFIDE tanto necessarie per diventare adulti, quanto talvolta rischiose e sproporzionate, tanto più quando non se ne ha pienamente il controllo. Questo fenomeno antico si è per così dire acuito e dilatato con l’ampliarsi della fase della giovinezza ed allo stesso tempo dei luoghi, dei consumi e delle esperienze riservate più o meno esplicitamente a chi si trova in quella fascia di età, al di fuori della sfera di controllo di genitori, insegnanti, educatori. Non c’è genitore responsabile che non ne sia consapevole e, nonostante tutta l’attenzione e la cura che può aver dedicato nell’educare un figlio o una figlia, non attraversi con preoccupazione questa fase, sperando di aver fornito strumenti sufficienti, ma sapendo di non essere onnipotente e onnisciente, diviso tra il desiderio di proteggere e quello di dar fiducia e lasciare andare. Perché non si può pensare di proteggere i propri figli dai rischi vietando le gite scolastiche o chiudendo le discoteche o impedendo loro di uscire in compagnia o di usare lo smartphone. Si può, si deve, educarli alla responsabilità verso sé e verso gli altri, a riconoscere comportamenti rischiosi o stupidi, sperando che basti.
Con il suo tweet francamente un po’ infame il sindaco di Gallipoli ha dimostrato non solo una mancanza grave di sensibilità umana (di cui si è reso conto tardivamente e solo dopo l’eco suscitata dalle sue parole), ma di ignorare la complessità con cui si confrontano i genitori degli adolescenti e giovani oggi. È una complessità che non può essere affrontata in modo semplicistico, con una ricetta facile facile, trovando il colpevole di turno — che sia la gita scolastica, la discoteca o il genitore che non sa educare.
Certo, ci sono genitori che non sanno essere sufficientemente autorevoli e non forniscono strumenti di navigazione nella vita adeguati, che non sanno porre limiti. Ci sono insegnanti che durante le gite scolastiche non sanno tenere la situazione sotto controllo. E ci sono discoteche che sembrano luoghi extraterritoriali dal punto di vista della legalità. Ci sono responsabilità specifiche ma anche diffuse. Ciascuno deve farsi carico della propria parte tentando di costruire contesti meno rischiosi. Al contrario, quel sindaco, scaricando sui genitori ogni responsabilità della morte del figlio in discoteca si deresponsabilizza rispetto al dovere, in quanto sindaco, di fare in modo che i luoghi di divertimento non siano spazi extraterritoriali, ove non c’è controllo, perché così attirano più clienti e turisti.
Se è semplicistico chiedere la chiusura delle discoteche per evitare che dei ragazzi ci muoiano per droga (lo spaccio e il consumo notoriamente avvengono anche altrove), non lo è chiedere e imporre controlli. La vita dei nostri ragazzi è troppo preziosa e vederla spezzata per una bravata, uno scherzo, una sfida, per la voglia di provare qualche cosa di nuovo, troppo doloroso e inaccettabile per essere trattata in modo superficiale e come scusa per soluzioni di facciata.