Kos, migranti abbandonati. «Preoccupati» Msf e l’Unhcr

Kos, migranti abbandonati. «Preoccupati» Msf e l’Unhcr

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Non bastas­sero le tur­bo­lenze finan­zia­rie, la Gre­cia si ritrova alle prese con un’altra emer­genza non minore: quella dei pro­fu­ghi. Dopo la rivolta sedata a colpi di man­ga­nello ed estin­tore a Kos, ieri sull’isola di fronte alla Tur­chia sono sbar­cati altri migranti e un buon numero di poli­ziotti a dar man forte alla sguar­nita pat­tu­glia di stanza in loco. Per for­tuna non è acca­duto null’altro di dram­ma­tico, ma la situa­zione, lì come nella vicina Lesbo, rischia di esplo­dere da un momento all’altro.

«Siamo molto pre­oc­cu­pati per come sta evol­vendo la situa­zione a Kos», ha affer­mato Brice de le Vingne, a capo dell’équipe di Medici senza fron­tiere, l che qui come sul fronte franco-inglese di Calais è arri­vato a for­nire assi­stenza medica a rifu­giati, migranti e richie­denti asilo tra­sfe­riti dalla poli­zia nello sta­dio, per allon­ta­narli dalle aree pub­bli­che della città. La strut­tura «non offre ser­vizi igie­nici, ombra né riparo», ha denun­ciato alle agen­zie il dot­tore, «sem­pre di più la poli­zia usa la forza con­tro que­ste per­sone vul­ne­ra­bili e quella che prima era ina­zione è diven­tata un abuso di stato. La grande mag­gio­ranza delle per­sone che arri­vano qui sono rifu­giati in fuga dalla guerra in Siria o in Afghanistan».

La situa­zione sull’isola di Kos nelle ultime set­ti­mane è gra­ve­mente peg­gio­rata: a luglio sono arri­vati sull’isola 7 mila rifu­giati (su una popo­la­zione di 30 mila abi­tanti e in piena sta­gione turi­stica), il dop­pio rispetto a giu­gno. La mag­gior parte di loro vive in tende mon­tate nei par­chi pub­blici e nelle piazze, oppure dorme all’aperto, vicino alla sta­zione di poli­zia, senza alcun accesso a bagni o docce. Man­cano total­mente strut­ture di assi­stenza e gli immi­grati riman­gono par­cheg­giati in attesa di essere tra­sfe­riti ad Atene, da dove ten­te­ranno l’impresa di rag­giun­gere il nord Europa attra­verso le nuove rotte bal­ca­ni­che e dell’est.

Intanto, nel mirino delle pole­mi­che fini­scono le forze dell’ordine, total­mente impre­pa­rate a gestire l’afflusso di migranti. Ieri, dopo l’allarme lan­ciato dal sin­daco di Kos Gior­gios Kiri­tis («si rischia un bagno di san­gue») il capo della poli­zia greca (Elas) Dimi­tris Tsa­k­na­kis ha dispo­sto l’invio sull’isola di due squa­dre anti-sommossa (40 uomini) a bordo di un aereo da tra­sporto mili­tare C-130, a cui si sono aggiunti 12 poli­ziotti dell’unità immi­gra­zione, tra cui uno che parla l’arabo, e altri 250 agenti pro­ve­nienti dalle isole vicine. Poco prima dell’alba sono sbar­cati su una spiag­gia nella zona di Psa­lidi altri due gom­moni e decine di uomini, donne e bam­bini si sono incam­mi­nati sulla strada di quat­tro chi­lo­me­tri che con­duce a Kos. Sem­pre ieri, una moto­ve­detta della guar­dia costiera ita­liana che par­te­cipa a una mis­sione di vigi­lanza della fron­tiera euro­pea ha por­tato a riva una cin­quan­tina di per­sone soc­corse in mare dopo aver legato uno all’altro diversi gom­moni stra­ca­ri­chi.
Ma sotto accusa è finito pure il governo Tsi­pras: l’Agenzia per i Rifu­giati delle Nazioni Unite (Unhcr) ha par­lato di rispo­sta «total­mente ver­go­gnosa» da parte di Atene, in quanto gran parte di coloro che sono sbar­cati sulle isole dell’Egeo orien­tale sono stati costretti a dor­mire all’aperto senza poter disporre nem­meno dei ser­vizi igienici.

In verità era stato lo stesso Tsi­pras, qual­che giorno fa, a chie­dere aper­ta­mente soste­gno all’Europa per­ché la Gre­cia da sola non rie­sce a far fronte a un afflusso così mas­sic­cio di per­sone in fuga dalle guerre. «Il governo è chia­mato a gestire un flusso di migranti che va oltre le sue forze», aveva detto il 31 luglio scorso davanti al Par­la­mento, «la que­stione dei migranti può essere gestita in modo effi­cace e con rispetto della dignità umana solo se c’è una poli­tica glo­bale dell’Unione euro­pea». Secondo il pre­mier elle­nico «la Gre­cia vive una grave crisi nel mezzo della sua crisi». Ma que­sto punto è rima­sto fuori dall’ultimo Memo­ran­dum che sarà votato oggi in Parlamento.



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