Istat, Inps e Governo, sul lavoro una babele di numeri solo italiana

by redazione | 12 Agosto 2015 8:31

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E’ diven­tato lo spet­ta­colo dei numeri. Il 27 Luglio nella nota flash del mini­stero del Lavoro si sot­to­li­nea che a giu­gno sono stati atti­vati 822 mila nuovi con­tratti di lavoro e sic­come ne sono ces­sati 760 mila ci sono 62 mila con­tratti in più. Il 31 luglio l’Istat comu­nica che a giu­gno ci sono stati 22.297 mila occu­pati, 40 mila in meno dello scorso anno. Ma il 10 ago­sto arriva l’Inps a dirci che i nuovi rap­porti di lavoro a tempo inde­ter­mi­nato nei primi sei mesi del 2015 sono aumen­tati del 36% rispetto ad un anno fa. Il let­tore non si pre­oc­cupi, non intendo pro­se­guire con altri numeri, né dimo­strare chi ha ragione e chi ha torto.

Anzi voglio ras­si­cu­rarli: tutti i numeri citati sono giu­sti e tutti i for­ni­tori hanno ragione. D’altra parte si tratta di enti pub­blici e di numeri cer­ti­fi­cati, che nascono da rile­va­zioni che, anche se aggior­nate, esi­stono da anni. Ed allora? Cosa c’è di nuovo che pro­voca ogni mese un fio­rire di arti­coli e dichia­ra­zioni di otti­mi­sti della ripresa e di gufa­tori di professione?

C’è che i numeri sul lavoro, essendo stato que­sto il prin­ci­pale punto di scon­tro tra par­titi e sin­da­cati e den­tro i par­titi, si sono cari­cati di signi­fi­cato poli­tico come mai era acca­duto. C’è che mai come adesso ave­vamo avuto un comu­ni­ca­tore come Renzi che sem­bra disporre di algo­ritmi logici gene­ra­tori auto­ma­tici di tweet e post che si pre­stano a diven­tare titoli di agen­zie e tv da ampli­fi­care con mal­ce­lata sim­pa­tia per lo spi­rito che le anima. C’è anche il fatto che, anche se i dati sono stati sem­pre pro­dotti, mini­stero del lavoro ed Inps, oggi, lo fanno con una enfasi alla quale non sem­bra estra­neo il fatto che il mini­stro Poletti ha tutto l’interesse ad uti­liz­zare i dati per con­fer­mare la vali­dità delle sue scelte sul lavoro e che il pre­si­dente dell’Inps Boeri è addi­rit­tura l’ideatore del con­tratto a tutele cre­scenti. In altri tempi, avremmo par­lato di con­flitto di inte­ressi, in que­sti dob­biamo pre­ci­sare che si tratta di inte­ressi poli­tici e non materiali.

Ma, e così arri­viamo a noi, gente di sini­stra, c’è anche il fatto che ad ogni uscita pom­pata dal trio Renzi, Poletti, Boeri le voci cri­ti­che sono costrette a rin­tuz­zarne le for­za­ture comu­ni­ca­tive, a con­te­starne gli effetti stra­bi­lianti e subi­scono due destini: quello di essere igno­rate o, forse peg­gio, quello di essere con­si­de­rate scon­tate e, quindi, inu­tili ed inefficaci.

E così il nuovo Piran­dello rie­sce anche ad asse­gnare i ruoli a tutti i per­so­naggi del suo spet­ta­colo poli­tico media­tico, amici e nemici che siano, ed a nes­suno di essi è con­sen­tita una vita vera ed auto­noma dall’autore.

Pur­troppo però la realtà è più tri­ste della com­me­dia e c’è biso­gno urgente di fer­mare le repli­che men­sili di que­sto tri­ste spettacolo.

É tri­ste che men­sil­mente l’Istat sia come brac­cato prima e dopo l’uscita dei suoi dati da due organi del ser­vi­zio sta­ti­stico nazio­nale che pro­du­cono dati come sot­to­pro­dotto delle loro atti­vità ammi­ni­stra­tive. Inten­dia­moci niente di male o di ille­cito. Ma per­ché dare a que­sti dati che col­gono solo aspetti par­ti­co­lari del mer­cato del lavoro, e nes­suno dei quali misura effet­ti­va­mente l’andamento dell’occupazione com­ples­siva, signi­fi­cati gene­rali che essi non hanno?

Certo non si può impe­dire ad Inps e mini­stero del Lavoro di ren­derli pub­blici, e nem­meno a Renzi di tra­smet­terci il suo entu­sia­smo, ma è troppo chie­dere, che essi ven­gano messi insieme tra loro con quelli dell’Istat per for­nire una let­tura inte­grata del mer­cato del lavoro che parta dal dato gene­rale del numero di occu­pati e scenda poi a vedere se sono a tempo deter­mi­nato o inde­ter­mi­nato, se figli di nuove assun­zioni o di minori ces­sa­zioni e così via?

In quale altro paese euro­peo esi­ste que­sta babele? Non vor­remo per caso espor­tare in Europa oltre all’Italicum anche il caos sta­ti­stico? Un primo invito, allora, alla sini­stra par­la­men­tare: chie­dere che ogni tre mesi l’Istat pre­senti al par­la­mento un Rap­porto nel quale si foto­grafi il mer­cato del lavoro inte­grando in una visione uni­ta­ria ed orga­nica le infor­ma­zioni pro­ve­nienti dalle diverse fonti.

Ma, rivol­gen­domi a let­tori di sini­stra, c’è qualcos’altro che va detto. Se Renzi ed i suoi sono bra­vis­simi comu­ni­ca­tori è anche vero che a sini­stra siamo messi maluc­cio. Il pro­blema non è di avere argo­menti per con­te­stare la let­tura gover­na­tiva dei dati (que­sto gior­nale lo fa egre­gia­mente), ma del mes­sag­gio che arriva all’opinione pubblica.

Provo a par­tire da una affer­ma­zione pro­vo­ca­to­ria: che aumen­tino i con­tratti a tempo inde­ter­mi­nato è un fatto posi­tivo, anche se quello che loro chia­mano a tempo inde­ter­mi­nato lo è solo per tre anni. Non è un caso che tra gli indi­ca­tori di Benes­sere equo e soste­ni­bile (Bes) vi sia la per­cen­tuale di tra­sfor­ma­zioni da lavori insta­bili a lavori sta­bili. La sini­stra non può non dirsi con­tenta per que­sto. Ma con la stessa one­stà deve ricor­dare che esi­stono tanti altri indi­ca­tori da per­se­guire (tassi di occu­pa­zione, tassi di man­cata par­te­ci­pa­zione, tassi di infor­tuni, sod­di­sfa­zione nel lavoro, lavo­ra­tori con bassa paga, lavoro fem­mi­nile ed asim­me­tria…) e chie­dere che il Rap­porto Istat sul lavoro for­ni­sca una visione com­pleta e misuri le azioni di policy col metodo dei costi-benefici.

Per tor­nare alle tra­sfor­ma­zioni a tempo inde­ter­mi­nato incen­ti­vate for­te­mente, la sini­stra dovrebbe chie­dere di valu­tare il rap­porto costo dei bene­fici ero­gati ed effetti occu­pa­zio­nali otte­nuti (magari pro­vando a fare da sé qual­che cal­colo ed a dare i suoi numeri) e pro­porre, anche in vista della replica del bonus assun­zione, che esso sia fina­liz­zato alle assun­zioni delle donne, a quelle vere che incre­men­tano il numero degli occu­pati, a quelle al Sud di cui si parla solo quando esce il rap­porto Svi­mez. Penso che con posi­zioni più con­crete e pre­cise come que­ste sia più cre­di­bile la cri­tica ai numeri e più effi­cace la cri­tica da sinistra.

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