In fondo al mare, nel cimitero dell’Europa
Due giorni fa, la fredda conta delle persone scomparse nel mar Mediterraneo in questi primi sette mesi del 2015 (almeno 2.000 morti) ha costretto i media di mezza Europa a registrare l’oscenità con qualche sussulto di doverosa indignazione. Chiacchiere. Ma la statistica fornita dall’Organizzazione mondiale per le migrazioni (Oim) è già stata superata dalla realtà perché nel giro di poche ore alla cifra tonda si sono aggiunti almeno altri 25 cadaveri. Aggiorniamoci: siamo a 2.025 morti. Almeno, perché i cadaveri ancora una volta potrebbero essere centinaia. Il titolo è sempre lo stesso: ennesima tragedia nel Mediterraneo. Non si sa più cos’altro aggiungere. I particolari di questo naufragio sono gli stessi di sempre — l’imbarcazione che si ribalta davanti ai soccorritori. Ormai non solo l’immigrazione ma anche l’ecatombe quotidiana è un fatto strutturale.
L’Europa continua a tacere e litiga alle frontiere, il governo italiano non dice una parola. Anche se i morti potrebbero non essere “solo” 25, del resto questa è una cifra che l’opinione pubblica quasi si dimentica di registrare. Al sindaco di Palermo Leoluca Orlando va riconosciuto il dono della sintesi, perché è uno dei pochi politici che se la sente di prendere parola: “L’Europa, sempre pronta a ricordare i genocidi del passato e sempre pronta a criticare i genocidi di cui altri oggi si macchiano, la smetta di essere complice di ciò che sta accadendo nel Mediterraneo, perché domani la storia la definirà colpevole di questo genocidio”.
Le operazioni di soccorso al largo della Libia sono proseguite per tutta la giornata di ieri a 22 miglia da Zuwarah, una città sulla costa. I numeri del disastro sono piuttosto confusi. Ma non abbastanza da non accorgersi che alla conta finale potrebbero mancare decine e decine di persone. A parte i 25 cadaveri recuperati e le 399 persone messe in salvo dai soccorritori coordinati dalla Guardia costiera italiana, secondo alcune fonti non meglio precisate sul barcone che si è rovesciato ieri mattina c’erano a bordo più di 400 migranti. Altre testimonianze dei sopravvissuti indicavano la presenza di 600 migranti, ma secondo quanto riferito da una nave della marina irlandese in contatto con la Bbc il barcone aveva a bordo circa 700 esseri umani. Dunque all’appello potrebbero mancare circa 174 o 274 migranti.
Per l’edizione online del Times of Malta, che parla di 700 migranti a bordo, potrebbe trattarsi del “più grave incidente nel Mediterraneo dopo quello dello scorso aprile che vide morire circa 850 persone”. Anche Barbara Molinario, in rappresentanza dell’Alto commissariato per i rifugiati delle nazioni unite (Unchr), intervistata da Radio Popolare ha lasciato presagire il peggio. “I superstiti hanno raccontato che la stiva della barca purtroppo era piena di persone, potrebbero essere cento”. Come è accaduto altre volte, probabilmente non sapremo mai. Quanto all’unica soluzione praticabile per evitare queste stragi, ormai è destinata a rimanere lettera morta: “Chiediamo agli stati europei di allargare le misure alternative per poter entrare in Europa”. La risposta è nel pattugliamento delle frontiere, da nord a sud. Sono i muri di Calais e di Ventimiglia. Anche Save the Children si ostina a chiedere l’impossibile, una via legale per i profughi che intendono raggiungere il vecchio continente. “Ormai quasi ogni giorno — dice una nota — ci troviamo a dover contare i morti tra i migranti che prendono il mare in condizioni sempre più estreme. E oggi ancora un altro naufragio. Non sappiamo quante esattamente siano le vittime ma è scioccante apprendere di nuovo che persone, fra cui è possibile ci siano anche bambini, abbiano perso la vita in questo modo”.
Sulla dinamica della tragedia, invece, le incertezze sono poche. Nella tarda mattinata di ieri gli stessi migranti sarebbero riusciti a segnalare alla Guardia costiera di Catania la loro presenza a bordo di un motopeschereccio alla deriva. Nella zona sono state immediatamente dirottate due navi, la Dignity One, un’imbarcazione di Medici Senza Frontiere, e la Le Niamh della marina militare irlandese. Gli irlandesi sono arrivati per primi e dopo aver calato in mare due imbarcazioni di soccorso hanno assistito al disastro a circa un miglio di distanza: il barcone improvvisamente si è rovesciato su un lato, come sempre accade quando i migranti terrorizzati si spostano tutti nella direzione delle barche di soccorso. In questo caso fanno la differenza la celerità dei soccorsi e il numero di imbarcazioni che vengono immediatamente dirottate sul posto. A parte le due navi che erano nei pressi del peschereccio, la Guardia costiera è riuscita a mobilitare il Phoenix, una nave di soccorso del Migrant Offshore Aid Station, l’italiana Fiorillo e il mercantile Barnon Argos, più due unità della marina militare italiana. Troppo tardi ormai.
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