Gas e granate contro i profughi
«Non so perché ce l’hanno con noi. Io non ho un passaporto, non posso tornare indietro e da ieri non posso neanche andare avanti. Non cosa fare, resterò qui fino alla fine». Disperato, Mohammad Wahid non sa spiegarsi perché la polizia macedone lo tratti come il peggiore dei criminali. Lui e altri tremila profughi che come lui vorrebbero raggiungere l’Europa e che invece da giovedì sono bloccati nella terra di nessuno tra Macedonia e Grecia dopo che il governo di Skopje ha deciso di chiudere la frontiera per mettere fine al grosso flusso di profughi in arrivo dalla Grecia.
E ieri polizia e esercito macedone, spedito in fretta e furia al confine neanche dovesse fronteggiare chissà quale nemico, hanno mostrato il loro volto peggiore attaccando uomini e donne che insieme a vecchi e bambini premevano lungo la frontiera per poter passare. Durato pochi minuti, l’assalto è stato violentissimo. Gli agenti hanno lanciato gas lacrimogeni e granate assordanti contro una moltitudine di disperati che non ha potuto fare altro che darsi alla fuga. Bambini di pochi mesi, a volte di pochi giorni, presi in braccio e trascinati via da genitori contro i quali si sono accaniti gli agenti. Una decina i migranti rimasti feriti, molti colpiti dalle schegge delle granate assordanti lanciate dagli agenti in tenuta antisommossa.
«Io voglio solo andare in Germania per cercare di rifarmi una vita, perché in Siria ormai è tutto distrutto», ha spiegato alla France Press Amina Asmani mentre stringeva la mano del marito tenendo in braccio il loro bambino di appena dieci giorni. Amina e suo marito alla fine ce l’hanno fatta. Impietositi dal piccolo che la donna aveva tra le braccia gli agenti macedoni hanno permesso loro di salire sul treno che dalla stazione di Gevgelija li porterà al nord, fino in Serbia. Per una famiglia che ce la fa, però, altre centinaia restano ferme in questo pezzo di terra diventato un limbo per disperati sorvegliato da poliziotti e militari.
La situazione al confine meridionale della Macedonia è precipitata giovedì, quando il governo ha deciso di dichiarare lo stato di emergenza inviando sul posto i militari. La Macedonia è proprio in mezzo alla rotta balcanica che da mesi profughi e migranti percorrono nel tentativo, spesso inutile, di arrivare in Europa. Una rotta battuta da un numero sempre maggiore di disperati e che solo a luglio ha fatto registrare 39 mila passaggi, il doppio rispetto al mese precedente. Si tratta soprattutto di siriani e afghani che dopo essere arrivati nelle isole greche dalla Turchia ripartono diretti verso al Macedonia. Per mesi la tutti la meta è stata Gevgelija, prima località che si incontra una volta oltrepassato il confine con la Macedonia e punto di partenza dei treni diretti a nord. Gli arrivi sono stati talmente tanti che a giugno Skopje ha deciso di modificare le sue leggi permettendo il passaggio ai migranti senza documenti a patto che lasciassero il Paese entro tre giorni. Decisione che ha avuto come conseguenza un vero assalto ai treni e messo in crisi le ferrovie macedoni spingendole a rivolgersi ai Paesi vicini chiedendo vagoni e treni. Senza però ricevere neanche una risposta. Poche ore dopo il confine era chiuso e per temila disperati, tra i quali tantissimi bambini, è cominciato l’inferno.
Appoggiati ai muri della stazione, stesi lungo le banchine o nei campi circostanti hanno passato la notte all’aperto in mezzo a cumuli di immondizia, senza acqua né cibo. Al risveglio, ieri mattina, hanno cominciato a premere lungo la frontiera chiedendo di poter entrare in macedonia. Lacrimogeni e granate assordanti è stata la risposta. Secondo Anthonis Rijas, coordinatore locale di Medici senza frontiere, la polizia macedone avrebbe «usato pallottole do gomma e disperso i migranti a colpi di bastone». L’associazione riferisce di dieci feriti, tra le quali una donna incinta con dolori e un’emorragia, un bambino siriano di un anno che pochi mesi fa aveva subito un intervento chirurgico e necessitava di cure ospedaliere e un migrante picchiato. «In questo momento alla frontiera ci sono tremila perone — ha proseguito Msf — Di fronte la blocco di ieri tra rifugiati e migranti si è diffuso un forte sentimento di frustrazione e rabbia».
Come sempre avviene in questi casi, tra Atene e Skopje è cominciato il solito rimpallo di responsabilità. «Purtroppo la Grecia non solo non controlla la sua frontiera, ma organizza delle trasferte illegali di migranti fino al nostro confine», ha accusato Ivo Kotevski, portavoce del ministro degli Interni macedone. da patrte dell’Unione europea ci si sarebbero aspettate parole di condanna per quanto accaduto, che invece non sono arrivate. «Abbiamo visto quanto sta accadendo in Macedonia e stiamo ricostruendo i fatti», si è limitata a dire una portavoce dell’Alto rappresentante Ue federica Mogherini. La Commissione europea ha invece già stanziato 90 mila euro alla Macedonia per la gestioen dell’immigrazione, mentre a settembre prender avvio un programma di interventi anche con la Turchia che prevede uno stanziamento di otto milioni di euro per l’identificazione dei migranti, lo scambio di informazioni e i rimpatri. Come al solito più repressione che aiuti concreti. nel frattempo la chiusura della frontiera macedone incrementerà ulteriormente gli affari dei trafficanti di uomini.
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