by redazione | 7 Agosto 2015 9:52
Non solo bisognerà aspettare l’autunno, ma, per il «salvataggio» della Grecia, le posizioni continuano ad essere ambigue. Lo svedese Thomas Ostros, direttore dell’Fmi per il Nord Europa, ha dichiarato ieri in una intervista che sino all’autunno l’Fmi non deciderà se prendere parte o meno al nuovo programma triennale di sostegno alla Grecia.
«L’eventuale partecipazione al nuovo programma di aiuti, gode di un evidente sostegno all’interno del Fondo, ma per prendere una decisione definitiva ci vuole tempo» visto che i colloqui tra Grecia e creditori «andranno avanti anche in autunno e quindi è in quel periodo che si deciderà», ha aggiunto Ostros. Come dire: dipenderà da quale sarà il risultato finale di questi colloqui, da cosa concederà Atene e in quali tempi, e se i partner europei — Berlino in primis — saranno disposti ad accettare un sostanziale alleggerimento del debito. Il problema è che, in questi casi, a pagare il clima di incertezza è sempre il soggetto più debole.
Il governo di Alexis Tsipras desidera accelerare i tempi, e non ne fa alcun mistero: vuole concludere al più presto le trattative, innanzitutto per cercare di vedere — in corso d’opera — quali modifiche potranno essere apportate alle misure imposte in base alla logica di un’austerità senza fine. Il secondo motivo per cui il primo ministro greco ha necessità di arrivare presto al compromesso finale con i creditori (riforme in cambio di più di 80 miliardi di finanziamenti in tre anni) è l’intenzione, ormai chiarissima, di poter andare a nuove elezioni legislative entro l’autunno.
Il «balletto delle incertezze», con l’Fmi che non sa se vuole realmente prendere parte al nuovo programma, e la Germania che, ufficialmente, ritiene indispensabile la partecipazione dell’organismo guidato da Christine Lagarde, potrebbe, nelle intenzioni della «nuova Troika», mettere ulteriormente sotto pressione Atene per farle accettare, ad esempio, la cancellazione definitiva dei contratti collettivi di lavoro.
Quello che, però, sembrano non comprendere i rappresentanti della Commissione Europea, del Meccanismo Europeo di Stabilità, del Fmi e della Bce, è che il governo di Syriza non può essere trattato come i precedenti esecutivi di centrodestra, perché la coesione sociale che è in grado di garantire, si basa, appunto, sul riconoscimento della dignità del paese, del bisogno immediato di sviluppo e di misure per far ripartire l’occupazione. E gli ultimatum — o anche le sfibranti attese infinite create ad arte — rischiano di essere altamente controproducenti.
Nel frattempo, Atene fa sapere che entro domani dovrebbero concludersi i colloqui di carattere tecnico con i creditori, nell’ambito dei quali, oltre il capitolo della spesa pubblica e delle previsioni macroeconomiche, si sta affrontando anche l’intenzione del governo greco di poter adottare il reddito minimo garantito per i cittadini.
È prevedibile che il «Quartetto dei creditori» chiederà di poter esaminare ogni minimo particolare la garanzia sulle coperture, ma l’esecutivo Tsipras non intende fare marcia indietro.
La misura in questione, come anche poter mantenere la possibilità di rateizzazione in cento mensilità i debiti che i cittadini hanno pesantemente contratto con lo stato, è considerata una garanzia per un governo che vuole definirsi chiaramente progressista e di sinistra.
Ieri Tsipras ha avuto modo di incontrare il presidente francese François Hollande, a margine della cerimonia per l’inaugurazione del nuovo canale di Suez, e di discutere, così, con quello che è stato il principale sostenitore della Grecia al vertice europeo del 12 luglio, dei tempi, degli ostacoli e del probabile contenuto dell’accordo con le istituzioni creditrici.
La Grecia preme per uscire dall’incertezza. L’economia ha bisogno di ripartire, senza cedere, tuttavia, ai ricatti di chi, in nome della crisi, offre sempre più spesso lavori sottopagati, senza contributi, o impieghi a tempo pieno travestiti da part-time.
Realtà che per i giovani greci stanno diventando, come dimostrano una serie di inchieste giornalistiche, quasi la regola. «Se non sei disposto ad accettare le mie condizioni, in strada ci sono infiniti altri disoccupati pronti a farlo», è la frase che ci si sente dire da un numero sempre maggiore di datori di lavoro. I dati diffusi ieri, mostrano, per maggio scorso, una leggera flessione della disoccupazione, attestatasi al 25%, contro il 25,6% di aprile ed il 27% di maggio 2014. Tuttavia, la fortissima riduzione di liquidità imposta al paese ha creato fortissima incertezza, con minacce di nuovi licenziamenti a settembre. È questa la sfida principale per Tsipras e il suo governo: tornare a creare lavoro, riuscendo a impedire lo sfruttamento di chi ha approfittato della crisi per calpestare i diritti e le dignità.
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