Ferragosto in fabbrica “Al lavoro anche oggi per fare 400 frigoriferi”

Ferragosto in fabbrica “Al lavoro anche oggi per fare 400 frigoriferi”

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SUSEGANA (TV) . Nella battaglia di Ferragosto ha vinto Electrolux: ha fatto lavorare le tute blu scavalcando i sindacati. L’azienda ha trattato direttamente con gli operai, uno per uno, senza accordi. E in 101 hanno varcato i cancelli della fabbrica di Susegana, a venti chilometri da Treviso, per produrre oltre 400 “Cairo”, il modello di successo che ha risollevato le sorti dello stabilimento. La più contenta è la signora Patrizia con un bel sorriso stampato di fronte ai cronisti: «Stamattina lavoro, guadagno, arrivo a casa e mio marito ha già grigliato tutto. Devo solo sedermi e mangiare». Ma da sabato pomeriggio, mentre la signora addentava le costine, la domanda è diventata: si può far funzionare una fabbrica che occupa oltre mille dipendenti tagliando fuori i sindacati?
«È una forzatura» protesta Elio Boldo, segretario della Fiom di Treviso. E spiega che «far lavorare la gente a Ferragosto per produrre 500 frigoriferi in una fabbrica che ne sforna 800 mila all’anno, significa voler forzare la mano a sindacati che hanno firmato accordi per il lavoro straordinario anche nella festa del Santo Patrono».
All’uscita principale della Electrolux, in via Foresto, lo stupore è quello delle tute blu che incontrano i cronisti al tornello: «Siete qui perché lavoriamo a Ferragosto? E voi che cosa state facendo? ». In effetti nell’Italia del 2015, con i supermercati aperti sette giorni su sette 24 ore alla settimana, il lavoro festivo non è una gran novità. La vera notizia è che tutto questo accada in una grande fabbrica saltando la trattativa sindacale e sostituendola con il passa parola tra Electrolux dipendenti. «È venuto il capo e mi ha detto: ‘Luigi, tu lavoreresti il sabato di Ferragosto?’». Proprio così, come accade nelle aziendine familiari di poche decine di operai. Luigi, come gli altri 100, ha detto di sì: «Ho fatto tre settimane di malattia e si sono presi 1.000 euro dalla busta paga. Con il lavoro di Ferragosto comincio a recuperarne un po’».
Quella di Luigi è simile alle altre cento storie che stanno dietro ai volti che escono dalla fabbrica. «Lavoro perché ho bisogno di soldi. Ma vi ricordate che fino a poco tempo fa parlavano di chiudere? ». Storie non troppo lontane nel tempo. Il 16 febbraio dello scorso anno, una domenica, proprio davanti allo stabilimento, la Cgil aveva organizzato “una grigliata di solidarietà” con gli operai che rischiavano il posto di lavoro.
Altri tempi e anche altro clima in fabbrica. L’idea del festivo contrattato individualmente ha diviso i lavoratori. Sono volate parole grosse, accuse di crumiro. «Che poi, in questo caso, non si sa bene che cosa voglia dire crumiro, visto che nessuno ha proclamato scioperi», riflette Mauro Sperandio, delegato della Fim. E racconta che «una parte della Fiom, una minoranza, ha provato a esasperare i toni». Ma anche la Fim era contraria alla forzatura aziendale, o no? «Non la chiamerei forzatura, c’era bisogno di produrre. Ma l’azienda avrebbe potuto parlarne con noi del sindacato. Abbiamo fatto la solidarietà, abbiamo firmato straordinari per tutti i sabati di giugno, luglio e agosto, si sarebbe potuto discutere anche di Ferragosto».
Saltare il sindacato, un sindacato ragionevole e collaborativo che firma unitariamente gli accordi sulla flessibilità. Che bisogno c’è? Sandro Rui, delegato della Fiom ipotizza: «Hanno voluto fare una prova. Vedere quanta gente rispondeva per sapere domani quanti diranno sì al lavoro anche senza gli accordi sindacali. Quello che mi amareggia è che ci fanno passare per fannulloni, noi che lavoriamo sei giorni su sette. Hanno fatto un’operazione mediatica e ci sono riusciti. Adesso Zaia va a dire in tv che siamo scansafatiche. Noi non siamo riusciti a spiegare che era tutta una montatura. Loro hanno trovato cento persone che lavorano e noi abbiamo fatto una brutta figura ». Ma non c’erano picchetti, non ci sono state dichiarazioni di sciopero… «Non vado certo a impedire di entrare ai miei compagni di lavoro. Quel che temo è il futuro. Abbiamo accettato tutti gli accordi sulla flessibilità: se Ikea aumenta gli ordini per i nostri frigoriferi vuol dire che stiamo lavorando bene. E nonostante questo l’azienda ha scelto di scavalcarci». Non sarà che, per quanto disponibile al dialogo, il sindacato più flessibile è quello che non c’è?


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