Comuni, tasse su del 22% La Corte dei conti: pressione ormai al limite
by redazione | 2 Agosto 2015 8:34
ROMA Tra imposte, tasse, tributi speciali e altre entrate proprie, gli enti locali hanno fatto lievitare del 22% dal 2011 al 2014 il carico fiscale sui cittadini: in media da 505 euro pro capite nel 2011 a 618 lo scorso anno, ma a riscuotere di più sono le amministrazioni delle città sopra i 249 mila abitanti che hanno raggiunto gli 881 euro nel 2014. Il motivo? I tagli causati dai minori trasferimenti dallo Stato. Il grido d’allarme lo lancia la Corte dei conti nella relazione sulla finanza locale.
Così i Comuni hanno spremuto gli italiani per garantire comunque i servizi principali, dai trasporti alla raccolta dei rifiuti, dal welfare alla manutenzione delle strade. Ma oggi la pressione fiscale «è ai limiti della compatibilità con le capacità locali». Tradotto in cifre dal 2008 a oggi i tagli ammontano complessivamente a quasi 40 miliardi, risultato della riduzione dei finanziamenti generali per 22 miliardi e di un calo, subito dalle Regioni, di quelli per la sanità di 17,5 miliardi. E alla luce di questa dinamica, «per conservare l’equilibrio in risposta alle severe misure correttive del governo», spiegano dalla Corte, i Comuni — colpiti da tagli per quasi 8 miliardi solo tra il 2010 e il 2014 — hanno risposto con «aumenti molto accentuati delle imposte locali».
Se nel 2011 il totale dei tributi intascati dai municipi rappresentava un gruzzolo da oltre 30 miliardi e 646 milioni, dopo tre anni le imposte hanno superato i 37 miliardi e mezzo (con un aumento di 6 miliardi e 941 milioni, pari al 22%).
Si paga certamente di più nei grandi centri urbani: i Comuni con popolazione superiore ai 250.000 abitanti complessivamente sono 12 (e da soli rappresentano il 23% della spesa dei municipi italiani). Ma a sorpresa i magistrati contabili evidenziano che una bella mazzata arriva pure a chi vive nei paesini con meno di 2 mila anime: qui lo scorso anno il sindaco ha incassato 628 euro pro capite. Va meglio se si abita nei municipi un po’ più popolati (da 2 mila a 4.999 residenti): il costo delle imposte locali è stato nel 2014 di 539 euro a testa. Più alte, invece, le gabelle per chi vive nelle cittadine tra 60 mila e 249 mila abitanti dove le imposte pro capite si attestano a 649 euro. Questo dato è «indicativo di come il livello penalizzante della pressione fiscale nei piccoli centri sconti le differenze di base imponibile (e quindi la minore capacità fiscale) — precisano dalla Corte dei conti — che, a fronte delle più che incisive misure correttive sui livelli di disponibilità finanziarie indispensabili a garantire servizi essenziali, hanno determinato una rincorsa all’esercizio del massimo sforzo fiscale». A conferma di ciò, la quota più bassa di introiti si registra nei Comuni tra 5 e 10 mila abitanti (511 euro pro capite) e comunque tutte le fasce intermedie (da 10 a 60 mila residenti) si collocano sotto i 600 euro a abitante. Guardando al gettito per «macro aree», la Corte dei conti osserva che «gli anni 2012 e 2014 segnano livelli molto elevati di incassi, con punte particolarmente accentuate nelle Isole»: il livello raggiunto nel 2014 in Sicilia e Sardegna «risulta quasi doppio rispetto al 2011, con un incremento del 93%». Ma le Isole e il Sud sono anche le aree dove maggiore è stata la riduzione dei trasferimenti (rispettivamente -49% e -34% tra 2011 e 2014).
Francesco Di Frischia