Carceri, l’inferno è senza acqua

Carceri, l’inferno è senza acqua

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Niente acqua per farsi una doccia, per lavare il cibo, per cuocersi un piatto di pasta, per dissetarsi. Scarichi del bagno che non funzionano o che buttano fuori liquami scuri e maleodoranti. Rubinetti asciutti da settimane, dai quali è impossibile far scorrere anche quel minimo di acqua che basterebbe a lavarsi le mani come basilare norma igienica o semplicemente a bagnarsi il viso, madido di sudore per l’afa infernale.
E poi, ancora: pareti a rischio crollo, intonaci consumati dall’umidità e dalla muffa, lampadari che si staccano, perdite di acqua che rischiano di andare a contatto con fili elettrici scoperti, corridoi allagati, archivi informatici inesistenti e sospette coperture in amianto.

Mentre si torna a parlare di allarme suicidi (cinque morti solo nell’ultimo mese) nelle nostre prigioni si sta consumando un’altra emergenza, non meno preoccupante: la carenza idrica che in questi giorni di caldo rovente sta gettando nel caos molti penitenziari italiani e che sta provocando tensioni, rivolte ed emergenze sanitarie.

Segnalazioni ed esposti da parte dei sindacati di polizia penitenziaria e dalle associazioni a tutela dei detenuti sono già arrivati alle Procure e al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria da parte degli istituti di Santa Maria Capua Vetere, Ariano Irpino, Avellino, Cosenza, Cassino, Palermo. E situazioni analoghe sono state registrate a Milano, Lecce, Torino, Napoli.

Le strutture che ospitano i detenuti, infatti, spesso antichissime (alcune risalenti addirittura al Seicento) hanno tubature e condotte usurate dal tempo che non riescono a rifornire di acqua tutti i piani degli edifici e a far fronte a una popolazione carceraria così massiccia.
Dall’altro canto, il piano carceri indetto dal governo che prometteva di risolvere l’emergenza edilizia penitenziaria italiana sembra essersi arenato.
Lo stato di fatiscenza, insomma, è all’ordine del giorno. Come dimostrano le fotografie scattate dagli addetti ai lavori in numerose carceri della penisola e pubblicate da l’Espresso.

CARCERI A SECCO
Gli episodi più critici nelle ultime settimane si sono verificati inCampania. Con tanto di rivolte fra i detenuti, esasperati dal caldo e dalle precarie condizioni igieniche. Ad Avellino, in particolare, lo scorso 16 luglio i detenuti di quattro celle del reparto alta sicurezza hanno incendiato per protesta stracci imbevuti di olio e bottiglie di plastica. Un agente della penitenziaria è stato ricoverato in ospedale per un principio di intossicazione. E problemi si sono registrati anche ad Ariano Irpino dove – nonostante il penitenziario sia annoverato fra le “carceri d’oro” italiane – non esiste una mappa della rete idrica interna che renda possibile interventi immediati o il tamponamento delle numerosissime perdite. “Per questo motivo – fanno sapere dal Sappe – il provveditore regionale ha incaricato l’ufficio tecnico di redigere un progetto che preveda il rifacimento dell’intera rete idrica del carcere, che deve essere portato a termine nel più breve tempo possibile”. Segnalazioni che sono finite in un dettagliato esposto dritte alla Procura di Benevento, competente per territorio.

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Morire di carcere

Tragica anche la situazione nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, che potrebbe ospitare al massimo 547 posti. Qui il problema idrico è strutturale e si ripresenta immancabilmente ogni estate, quando il caldo si fa più torrido: la fornitura avviene attraverso un pozzo semi-artesiano, quindi l’acqua viene resa potabile all’interno delle mura del carcere, che non ha l’allaccio alla rete idrica. E così anche semplicemente lavarsi le mani diventa un’impresa. Eppure esisterebbe un protocollo d’intesa siglato nel lontano 2004 tra l’amministrazione penitenziaria e la Regione Campania, rimasto, però, lettera morta: il Comune non ha soldi per finanziare i lavori. In questi giorni la questione è tornata alla ribalta e il garante per i detenuti della Campania, Adriana Tocco, ha visitato il carcere. Quello che è emerso è stato soprattutto un problema di impasse burocratica: l’allaccio alla rete idrica sarebbe stata autorizzata dal DAP che avrebbe stanziato i fondi per la spesa prevista (circa un milione di euro) ma questi fondi non possono essere trasferiti dal Ministero della Giustizia a un ente locale, trattandosi di lavori da svolgere al di fuori dell’area demaniale dell’amministrazione penitenziaria. Insomma, una situazione kafkiana dalla quale non si riesce a uscire.

Stesso copione alla casa circondariale di Cosenza, che accoglie 221 detenuti, dove la situazione nei giorni scorsi è diventata talmente intollerabile che il prefetto ha ordinato ai vigili del fuoco di fornire acqua d’emergenza, per uso igienico e sanitario, tramite le proprie autobotti. Le cisterne interne dell’edificio, infatti, dalla capienza di 50mila litri, si erano completamente prosciugate.

E così la carenza cronica di acqua porta ad un’unica soluzione: l’acquisto di bottigliette di acqua minerale, che viene usata sia per bere che per lavarsi o per cucinare gli alimenti. Con una conseguenza deleteria per le tasche dei detenuti. L’acqua in bottiglia, acquistata nello spaccio del carcere, ha infatti un costo leggermente più basso rispetto a quella normalmente in commercio, ma rappresenta pur sempre una spesa sensibile per chi è dietro le sbarre. Va detto, però, che qualche carcere virtuoso esiste: come quello di Arghillà, Reggio Calabria, dove i detenuti possono accedere all’acqua potabile da appositi distributori attraverso una scheda ricaricabile, che permette anche di caricare la corrente per poter cucinare all’interno delle celle.

SUD A PEZZI
A fotografare – nel senso letterale del termine – la situazione di abbandono e desolazione delle nostre prigioni ci ha pensato chi ogni giorno ne varca la soglia per svolgere il proprio lavoro: gli agenti della polizia penitenziaria.
E così vediamo come nel carcere potentino di Melfi i muri siano quasi completamente scrostati, dalle pareti si staccano pezzi di intonaco, le infiltrazioni di umidità sono ovunque e le docce non vanno. Anche a Trani, Puglia, la situazione non è rosea: qui i wc che si trovano nelle celle sono fuori uso, gli scarichi non funzionano, tanto che i detenuti devono utilizzare secchi di acqua.

Parla invece di “ambienti insalubri, saturi di umidità, invivibili in estate per mancanza di condizionamento e in inverno per inadeguato riscaldamento, condizioni igieniche impressionanti quando non completamente carenti”, di personale “che non rispetta i turni mensili” e che è costretto a convivere “con la presenza di cemento amianto” l’esposto del sindacato Si.p.pe. sull’Ucciardone di Palermo.

Calcinacci caduti, muffa, infiltrazioni di acqua piovana alle pareti, muri lesionati a rischio crollo e probabili coperture in amianto si trovano invece nella casa circondariale di Trapani, come ha testimoniato un recente sopralluogo guidato dal segretario regionale della Uilpa penitenziari.
Il sovraffollamento invece è all’ordine del giorno al Pagliarelli di Palermo, una struttura penitenziaria titanica che conta più di 1.400 detenuti di cui oltre 400 in regime di alta sicurezza.

Mentre sembrano essersi congelati da più di un anno i lavori per il nuovo padiglione del carcere di Agrigento, che doveva portare a 200 nuovi posti. “Qui ormai da tempo abbiamo superato il limite di guardia, e sapere che questa è la città del ministro dell’Interno Angelino Alfano rende tutto ancora più assurdo  – tuona il coordinatore regionale della Uilpa penitenziari Sicilia Gioacchino Veneziano – i lavori sono fermi e manca ancora un dirigente in pianta stabile”. “I soldi che sono stati spesi – conclude Veneziano – si potevano almeno utilizzare per il mantenimento della vecchia struttura, evitando così di renderla oggi un autentico colabrodo”.

La situazione interna al carcere, in effetti, a guardare le fotografie, è disastrosa: le perdite vengono contenute con i secchi di plastica, la pioggia entra dalle finestre e viene arginata da sacchi neri per l’immondizia, le celle e i corridoi si allagano e l’acqua rischia di andare in contatto con i fili elettrici scoperti, i lampadari sembrano in procinto di staccarsi dal soffitto da un momento all’altro, i documenti negli archivi non hanno supporto informatico ma vengono ammassati in scatoloni di cartone, i metal detector sono difettosi e obsoleti.
Topi, celle fatiscenti, docce rotte e degrado dei reparti comuni anche Termini Imerese, il carcere speciale fortemente voluto dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa.

ALLARME MALATTIE IN LIGURIA
Emergenza sanitaria, invece, in Liguria. Che vanta uno dei penitenziari più piccoli e antichi d’Italia: quello di Savona, un ex convento risalente al 1.400 dalla capienza di 38 posti (che però ne arriva a ospitare quasi settanta). Nel corso degli anni solo il primo piano è stato ristrutturato, ricavando docce e finestre. Il secondo piano, che si trova sottoterra, non ha né docce né finestre, ma solo le antiche “bocche di lupo” (poco più che fessure) che non permettono il ricambio di aria, neppure quando la temperatura si fa infernale.

Un carcere vetusto e continuamente in balìa di emergenze sanitarie si trova invece a Imperia, praticamente nel centro della città. “Trovandoci vicino al confine – spiega Michele Lorenzo, segretario regionale del Sappe Liguria – qui dentro vengono reclusi molti stranieri senza permesso di soggiorno e anche scafisti che arrivano in condizioni sanitarie preoccupanti. Abbiamo avuto episodi di Tbc, scabbia, e sospetti casi di Ebola che per fortuna poi si sono verificati falsi allarmi”. “E’ inutile che l’amministrazione penitenziaria pensi di risolvere il problema con qualche intervento di manutenzione qua e là per tamponare i danni – prosegue Lorenzo – queste carceri andrebbero abbattute e ricostruite, per adattarsi a quelle che sono le problematiche e le emergenze di oggi”.

PIANO CARCERI FANTASMA
E il piano carceri che prometteva di costruire penitenziari nuovi di zecca e di rimodernare quelli già presenti, appunto, che fine ha fatto? Nessuno più ne parla e i lavori sembrano essersi interrotti. Anche il sito www.pianocerceri.it che informava in tempo reale i cittadini sullo stato di avanzamento dell’edilizia penitenziaria non risulta più attivo, per il momento. L’ultimo aggiornamento risale al febbraio 2014, più di un anno fa. Prima di finire – nel giugno 2014 – sotto la lente della Corte dei Conti, che ha portato a un’inchiesta sugli appalti che ha bandito le gare per la costruzione dei nuovi padiglioni.

“Stiamo ancora aspettando anche che qualcuno nomini il commissario straordinario come aveva promesso il governo”, sottolinea ancora il segretario generale del Sappe Capece.

E a chiedersi dove siano finite le buone intenzioni del governo è anche l’ Osservatorio Antigone , che nel suo ultimo rapporto 2015 sulla condizione detentiva in Italia lo mette nero su bianco: “Ad oggi l’unica grande novità è data dal prossimo avvio dei lavori del carcere di Bolzano con il project financing. Un esperimento di parziale privatizzazione che va ovviamente attentamente monitorato”.

Per il resto “L’Italia risulta essere, dopo la Russia (298 mila dipendenti), il paese europeo con il più numeroso personale carcerario, pari a 45.772 unità nonostante molti Paesi abbiano più detenuti in termini assoluti rispetto all’Italia”. Personale che viene impiegato con mansione di sorveglianza dietro le mura carcerarie in condizioni lavorative disastrose e che condivide con i detenuti un amaro e beffardo destino: vivere da prigionieri in un inferno.



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