Atene-Berlino, linee roventi

Atene-Berlino, linee roventi

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Tre­cen­tot­tan­ta­cin­que pagine dense di avanzi pri­mari, riforme da rea­liz­zare e altri obiet­tivi da rag­giun­gere. È il risul­tato dell’accordo-lampo siglato dal governo greco con i tec­nici dell’ex troika e che il Par­la­mento è chia­mato a votare in appena 24 ore, su richie­sta del pre­mier Ale­xis Tsi­pras che ha un’unica carta da gio­carsi per uscire vin­ci­tore dalla bat­ta­glia per man­te­nere la Gre­cia in Europa e allo stesso tempo avere ragione della sini­stra interna: por­tare a casa un accordo pieno prima del con­gresso di Syriza pre­vi­sto a set­tem­bre e far pio­vere sulla Gre­cia un bel po’ di quat­trini per sti­mo­lare la cre­scita e uscire dalle sec­che in cui è ripiom­bata l’economia (le stime dif­fuse ieri par­lano di una con­tra­zione del 2,3 per cento del Pil). Il resto saranno misure pesanti, in molti casi agli anti­podi rispetto a quel pro­gramma di Salo­nicco sban­die­rato in cam­pa­gna elet­to­rale come la Bib­bia della rina­scita elle­nica, atte­nuate dalla poli­tica delle «com­pen­sa­zioni» del governo greco, che punta a far pagare il più pos­si­bile chi finora non è stato toc­cato dalla crisi e a moder­niz­zare il Paese com­bat­tendo cor­ru­zione ed eva­sione fiscale.

Tsi­pras fa sfog­gio di otti­mi­smo e mette in luce i punti forti e le novità dell’accordo: lo sconto sostan­ziale sull’avanzo pri­ma­rio, innan­zi­tutto, che con­sen­tirà di rispar­miare una ven­tina di miliardi di ulte­riori misure; la pos­si­bi­lità di rica­pi­ta­liz­zare imme­dia­ta­mente le ban­che evi­tando un col­lasso siste­mico; i 35 miliardi del “piano Junc­ker” (finora solo sban­die­rati, per la verità), ai quali acce­dere in via prio­ri­ta­ria. Insomma soldi, tanti, per miti­gare gli effetti dell’austerità impo­sta da Bru­xel­les e qual­che dif­fe­renza sostan­ziale rispetto ai pre­ce­denti Memo­ran­dum, a comin­ciare dal fatto che ad esso si appli­che­ranno le norme euro­pee e non quelle inglesi. Inol­tre, sul piano sociale si sot­to­li­nea come ver­ranno man­te­nuti il blocco degli sfratti per le prime case e la pos­si­bi­lità di rateiz­zare con una dila­zione lunga le bol­lette non pagate. Non dovreb­bero essere toc­cate nep­pure pen­sioni e salari, men­tre più nebu­losa è la par­tita del lavoro, sul quale pende la spada di Damo­cle della richie­sta, con­te­nuta nell’accordo di luglio, dei licen­zia­menti col­let­tivi. Ma su que­sto tema il piatto forte sarebbe l’introduzione di un sala­rio minimo. Un altro punto caldo riguarda le pri­va­tiz­za­zioni, dove la Gre­cia rischia di diven­tare terra di con­qui­sta. Nell’ultimo Memo­ran­dum, ad esem­pio, la Fra­port, com­pa­gnia tede­sca che gesti­sce l’aeroporto di Fran­co­forte, era in pole posi­tion per rile­vare la gestione di quat­tor­dici scali greci (a par­tire da quelli di Atene e Salo­nicco). Cosa acca­drà ora?

In ogni modo, una volta appro­vato l’accordo dal Par­la­mento, dopo una mara­tona che dovrebbe con­clu­dersi entro domat­tina (dove andrà in scena il con­sueto tira e molla con la Pre­si­dente Zoe Kostan­to­po­lou, che già ieri ha ral­len­tato le ope­ra­zioni di con­vo­ca­zione riu­nendo i capi­gruppo dei par­titi in tarda serata), il governo greco deve con­fi­dare nel sì dell’Eurogruppo (con­vo­cato domani pome­rig­gio) e soprat­tutto di Ber­lino. È dalla Ger­ma­nia infatti che arri­vano le mag­giori per­ples­sità. La Bild ha rife­rito ieri di una tele­fo­nata infuo­cata, con urla reci­pro­che, tra Tsi­pras e Angela Mer­kel. Motivo: la richie­sta tede­sca di pren­dere tempo, con­ce­dendo alla Gre­cia un altro prestito-ponte per con­sen­tirle di ver­sare un’altra rata alla Bce e nel frat­tempo pro­se­guire nei nego­ziati. Secondo il mini­stero delle Finanze tede­sco il terzo Memo­ran­dum sarebbe insuf­fi­ciente. Il mini­stro Wol­fgang Schau­ble, pro­vo­ca­to­ria­mente, vor­rebbe prima cono­scere l’opinione del Fondo mone­ta­rio inter­na­zio­nale: è d’accordo con i ter­mini del sal­va­tag­gio? Atene è in grado di assi­cu­rare la soste­ni­bi­lità del pro­prio debito?

L’impressione è che stiamo per assi­stere a una nuova pun­tata di una sto­ria in cui gli attori non si smuo­vono dalle parti codi­fi­cate negli ultimi mesi: Schau­ble vuole arri­vare a un’esclusione della Gre­cia per ride­fi­nire i con­torni dell’Eurozona, Tsi­pras intende rima­nerci a ogni costo (spal­leg­giato dalla Fran­cia di Hol­lande e dall’America di Obama) e Mer­kel si trova costretta a mediare con que­sti e con l’ala più intran­si­gente del suo governo, pro­vando a pren­dere tempo e oppo­nendo la linea della «com­ple­tezza» a quella della «rapi­dità» pro­po­sta dalla Gre­cia. Men­tre il Fmi spinge per una ristrut­tu­ra­zione del debito che Ber­lino vede come il peg­giore dei mali.

Nel frat­tempo, la poli­tica greca (dove i son­daggi danno ancora ragione al pre­mier e a Syriza, con la popo­la­zione delusa dagli esiti delle trat­ta­tive che però non ven­gono impu­tati a Tsi­pras) pre­ci­pita nell’ennesimo psi­co­dramma, fatto di un richiamo d’urgenza dei par­la­men­tari dalle vacanze per appro­vare un pac­chetto che non faranno nep­pure in tempo a leg­gere, dalla fronda interna a Syriza che non accenna a ricom­porsi e dalla pro­te­sta dei dipen­denti pub­blici con­vo­cata per que­sta sera davanti al Par­la­mento dal sin­da­cato Adedy. Un anti­cipo di quello che sarà l’autunno caldo di Atene, fuori e den­tro le aule istituzionali.



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