Zona di sicurezza a Calais per fermare i migranti
La Manica non è più larga, figuriamoci per i migranti. La Gran Bretagna annuncia nuove misure per scongiurare gli arrivi illegali nel paese. Misure che non sorprendono affatto da parte del governo tory in carica, e che erano imminenti, visti gli sviluppi della drammatica situazione ormai da anni quotidiana lungo la tratta Calais-Dover.
Le immagini dei disperati assalti umani ai camion incolonnati all’imbarco per Dover — approfittando anche di uno sciopero dei portuali francesi di qualche settimana fa — avevano preparato il terreno alla risposta del governo.
Ieri in tre si sono feriti dopo essere entrati nel terminal dell’Eurotunnel cercando di salire sui treni merci; la settimana scorsa, un migrante eritreo è morto cercando di fare la stessa cosa.
E ora la notizia che le autorità francesi hanno intercettato più di 8.000 tentativi di passare in Gran Bretagna solo nelle ultime tre settimane. Ecco dunque il ministro dell’interno Theresa May annunciare la creazione a Calais di una zona di sicurezza riservata agli autoarticolati britannici in transito verso Dover, con lo scopo di eliminare — o perlomeno ridurre – i flussi.
Sarà costruita vicino agli ingressi dei terminal Eurotunnel e dei traghetti e conterrà circa 230 camion, che saranno così tolti dalla strada, dove subiscono i continui tentativi di arrembaggio. Entro la fine di luglio verrà inoltre costruita una recinzione fortificata lungo la strada che conduce ai terminal, in modo che automobili di turisti e viaggiatori vi accedano indisturbate.
La già esistente quantità di filo spinato e reti attorno a Calais fa dell’ex ridente cittadina costiera il set di un thriller su qualche epidemia batteriologica. Il ministro May, premuta dall’abnegazione con cui l’Ukip si dedica ai travagli dei poveri camionisti del Kent, la regione meridionale dell’Inghilterra più bersagliata negli ultimi mesi dagli arrivi indesiderati (i fermi di clandestini in Kent sono passati da 26 per i primi sei mesi dell’anno a 405 nella settimana fra giugno e luglio, circa 81 a settimana), ha quindi battuto cassa con l’altrimenti parsimonioso dicastero del Tesoro, annunciando la spesa di 12 milioni di sterline per rinforzare la sicurezza nei maggiori porti francesi e lavori stradali al fine di fluidificare la circolazione dei veicoli, dal momento che è più facile saltare — su un treno come su un camion – quando questo procede lentamente. Due milioni di sterline saranno stanziati per migliorare tecnologia di sorveglianza, e uno per unità cinofile e altri chilometri di recinzioni.
A dodici anni dalla chiusura di Sangatte, la tendopoli della Croce rossa vicino Calais nella quale in 2000 vivevano in condizioni disumane, la stessa Calais è tornata un ghetto concentrazionario dove quotidianamente circa in 3000 aspettano di potersi infilare dentro — o sotto -, ai camion prima che questi s’imbarchino in uno dei ferries che ininterrottamente (23 volte al giorno) attraversano il canale della Manica.
Non vogliono restare in Francia, i migranti, perché, con un’economia sommersa che fattura 80 miliardi annui di sterline, al momento la Gran Bretagna è il paese europeo il cui mercato nero offrirebbe loro le condizioni meno svantaggiose.
L’annuncio delle misure di May arriva a qualche settimana dalle parole concilianti di David Cameron rivolte al sindaco di Calais, Natacha Bouchart, che aveva accusato le autorità francesi di sottovalutare il problema. Ma puntano soprattutto a tutelare il commercio nazionale e gli autotrasportatori britannici. Con la solita enfasi simil-churchilliana, May ha affermato: «È imperativo che gli si permetta di continuare il loro business senza intralci». Prima le merci, poi le persone. Se sopravvivono.
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