Qualche giorno prima del referendum, un importante funzionario del governo greco ha ricevuto alcuni giornalisti francesi, tra i quali Christian Salmon di Mediapart, per raccontare loro quello che era successo negli ultimi mesi di trattative fra il governo di Syriza e Bruxelles: le discussioni con le istituzioni europee, la situazione catastrofica della Grecia, le strategie di soffocamento messe in atto dall’Eurogruppo e l’asfissia finanziaria che ha distrutto l’economia greca. Quello che segue è un estratto del racconto che il funzionario, che ha chiesto di rimanere anonimo, ha fatto ai giornalisti.
“FIN dall’inizio non ero d’accordo sul modo in cui abbiamo negoziato con gli europei. Il governo greco ha avuto delle discussioni, degli accomodamenti sulla politica di bilancio, sulle condizioni, ma siamo sempre stati noi a fare concessioni, ad avvicinarci alla Troika, senza che loro facessero il minimo movimento nella nostra direzione. Non hanno mai discusso del debito: la ristrutturazione del debito, la sua sostenibilità. Non hanno mai discusso dei finanziamenti: la Bce avrebbe tolto o no le restrizioni? Con quali limiti le banche avrebbero potuto prendere in prestito, e lo Stato prendere in prestito dalle banche? Perché noi non possiamo prendere in prestito niente. Potevamo farlo fino a febbraio. Potevamo ancora emettere commercial paper : si tratta di titoli a breve scadenza, obbligazioni a tasso fisso a tre mesi, nella maggior parte dei casi a un anno. Ma questo governo non è mai stato autorizzato a usare questi strumenti. Appena arrivato, la Bce ha detto: «Niente più
commercial paper ».
IL REBUS DELLE BANCHE
Così, da marzo in poi, abbiamo cominciato a economizzare tutto quello che potevamo nelle spese dello Stato. Abbiamo accorpato tutte le riserve di denaro delle varie ramificazioni dello Stato, degli enti pubblici, degli enti locali, per pagare il Fmi. Questo ha portato a una riduzione interna della liquidità in contanti. Le banche, le imprese esportatrici, le imprese manifatturiere non potevano più prendere soldi in prestito. Le persone non potevano più pagare i loro debiti. Il sistema del credito ha cominciato a disintegrarsi.
Normalmente la liquidità sul mercato, (il denaro in circolazione), si colloca intorno ai 10 miliardi di euro. Ora, con quello che è successo, la gente tiene i soldi sotto il materasso e la liquidità si aggira intorno ai 50 miliardi di euro.
Le persone che hanno sul loro conto venti, trenta o quarantamila euro possono ritirare appena 60 euro al giorno. Chi ha più conti, può ritirarne di più. Ma che succede per le persone che non hanno risparmi, che vivono del loro stipendio? Alla fine di ogni mese sono al verde finché non arriva l’assegno. E improvvisamente si ritrovano a poter ritirare solo 60 euro.
Le riserve che avevano stanno per esaurirsi. Se tutti ritirano 60 euro, arriverà il momento in cui le banche non avranno più soldi del tutto. Ed è qui che comincia il problema. In questo caso, se non avremo accesso ai fondi di emergenza della Bce, non avremo altra scelta che emettere una sorta di moneta parallela. Sarebbe la fine dell’economia. C’è già la paura. C’è il panico all’idea che anche se le banche riapriranno dovranno essere ricapitalizzate. Finora erano solventi.
UN WATERBOARDING FINANZIARIO
Tutti i prestiti che abbiamo ricevuto — 240-250 miliardi — sono andati a pagare gli interessi sul debito, e dunque sono tornati ai creditori. Il primo piano di salvataggio è stato un salvataggio delle banche e un trasferimento in favore dello Stato. Non potevamo prendere nessuna misura per migliorare la liquidità dell’economia: la Bce ha imposto restrizioni, una dopo l’altra. Fin dall’inizio questo l’ho chiamato strangolamento attraverso il credito.
A metà marzo qualcuno a Bruxelles ha detto: «Sì, le istituzioni (Bce, Fmi, Commissione europea) usano il creditoper costringere il Governo a sottomettersi e accettare le riforme. Fatele in fretta». Per quanto mi riguarda, equivaleva ad ammettere che usavano il peggiore degli strumenti di ricatto economico contro il Paese. La peggiore delle sanzioni economiche. Non si può sopravvivere troppo a lungo a un trattamento del genere. Il ministro dell’Economia Yanis Varoufakis ha parlato di waterboarding finanziario, io gli ho detto: «Dobbiamo far sapere che stanno commettendo un reato equivalente a un crimine contro l’umanità. Tutta l’economia del Paese è distrutta. Ci sono poveri e senzatetto, bambini compresi. Questi fatti sono stati portati avanti in modo intensivo per arrivare a una forma di ricatto che è un crimine rispetto alle leggi internazionali, ai trattati europei. Non possiamo continuare così, perché equivarrebbe a legittimare questo crimine».
IL RUOLO DELLA GERMANIA
Schäuble e Berlino sono intelligenti. Hanno alimentato artificialmente la crisi: «I greci non collaborano. Non hanno capito che cosa bisogna fare. Non forniscono nessuna cifra». Avevo detto che Tsipras doveva andare di fronte al Parlamento europeo e rivelare pubblicamente il modo in cui siamo stati trattati e perché rifiutava di mettere in atto le misure di austerità che ci venivano chieste, perché preferiva perdere le elezioni che applicare quelle misure. Ogni volta che abbiamo provato a portare avanti delle trattative politiche, ci hanno mandati a quel Paese. Quante riunioni dell’Eurogruppo si sono concluse con «Tornate dai gruppi di lavoro tecnici, tornate dalla Trojka »?
C’è stato un Eurogruppo, un altro Eurogruppo, delle riunioni di lavoro e ancora e sempre altri Eurogruppi… Gli europei hanno creato una ridda di pseudotrattative: tempo perso, che dal loro punto di vista è stato tempo guadagnato. E intanto hanno condotto una campagna incessante contro Varoufakis, l’hanno assassinato mediaticamente. E lui continuava a negoziare. Che cosa sperava?
Abbiamo perso ogni leva economica per trovare i termini di un nuovo accordo, e perso ogni credibilità per costringerli a negoziare con noi. Il governo Tsipras dice che quando ci hanno presentato l’ultimatum c’erano delle misure peggiori di quelle che avevano preteso dal precedente governo. Un nuovo accordo è necessario. La prima cosa da fare è andare a elemosinare dei fondi di emergenza dalla Bce. Ma gli europei dicono che hanno bisogno di tornare davanti ai loro Parlamenti e così via. Eppure è indispensabile una ricapitalizzazione (delle banche) per far funzionare di nuovo l’economia. È la prima condizione per stabilire un nuovo programma.
CRIMINI CONTRO L’UMANITÀ
L’uscita della Grecia dall’euro, come tutte le altre misure che i greci hanno subito, è illegale rispetto alla legge internazionale, alle leggi sul lavoro, ai trattati europei, alla dichiarazione europea del diritti dell’uomo, alla dichiarazione europea del lavoro. All’inizio del 2014 il Parlamento europeo aveva cominciato ad attaccare la Trojka, rimproverandole di imporre misure che facevano a pezzi i diritti umani, i diritti del lavoro. Ma noi avevamo un governo che non voleva sentir parlare di questo. Preferiva attaccare l’opposizione piuttosto che i creditori. Non si è reso conto che era l’arma più potente che avevamo.
Oggi è troppo tardi. È una questione di egemonia politica e ideologica. All’inizio Varoufakis da solo ha cercato di far cambiare verso all’opinione pubblica in Europa e perfino in Germania. I responsabili dell’Eurogruppo hanno risposto a modo loro. All’inizio di febbraio Dijsselbloem ha detto a Varoufakis: «O firmate il memorandum o la vostra economia colerà a picco. Come? Faremo crollare le vostre banche». C’era una volontà di umiliazione. Varoufakis ha chiesto: «Chi lo ha deciso?». Dijsselbloem gli ha risposto: «Io l’ho deciso». Non avrebbe dovuto esserci un voto? Quella decisione non avrebbe dovuto essere presa all’unanimità? In un funzionamento normale, sicuramente. Ma all’eurogruppo non è necessario, perché non c’è nessun rendiconto scritto. E dunque, non c’è niente di formale.
Varoufakis ha detto di aver registrato le riunioni, perché doveva riferire al primo ministro e agli altri membri del governo quello che diceva. Gli altri hanno gridato allo scandalo. Ha descritto degli episodi che provano che l’Eurozona è totalmente antidemocratica, quasi neofascista. Solo Varoufakis ha parlato apertamente. Schaeuble ha detto: «Quanto volete per lasciare l’euro? ». Non vuole la Grecia nell’euro. È stato il primo a parlare di uscita della Grecia, nel 2011.
Abbiamo sottovalutato il loro potere. È un potere che si iscrive in una vera e propria fabbrica della società, del modo di pensare delle persone. Si fonda sul controllo e il ricatto. L’edificio europeo è kafkiano”.
(Traduzione di Fabio Galimberti)