Varoufakis: “Alexis lo sa, io non avrei ceduto”
La notte in cui in Piazza Syntagma sventolavano le bandiere del “No”, dopo la vittoria al referendum, si è consumata la frattura definitiva tra Alexis Tsipras e Yanis Varoufakis. È l’ex ministro delle Finanze ellenico, in una intervista a New Statesman, a raccontare il retroscena di quelle ultime ore delicate. All’origine della rottura tra il premier e il ministro ci sarebbe stata una diversa visione sul da farsi dopo il responso delle urne
Varoufakis, all’indomani della chiusura forzata delle banche, aveva in mente un piano: mettere in atto tre misure shock per fare pressione sui partner europei. Una sorta di minaccia simulata di Grexit per convincere i creditori a tornare al tavolo perché, ha spiegato Varoufakis, “solo rendendo la Grexit possibile avremmo potuto negoziare un accordo migliore”. Una mossa di rottura non condivisa però da Tsipras e dalla maggioranza di Syriza.
“Emettere i cosiddetti IOU (promesse di pagamento, l’equivalente di buoni di credito ndr), tagliare il rimborso dei bond detenuti dalla Bce, riprendere controllo della Banca di Grecia sottraendolo a quello della Bce”. Queste, spiega Varoufakis, le tre proposte che la Grecia avrebbe dovuto mettere in atto una volta, tanto più alla luce del no dei cittadini greci. Le ore immediatamente successive al voto, il gabinetto ristretto di Syriza, riunito per decidere le mosse successive, ha però bocciato 4 a 2 il “piano Varoufakis”. Una volta sconfitto in quella sede, l’addio al governo è parso così inevitabile.
“Quella notte – rileva l’ex ministro – è stato deciso che il fragoroso No del popolo greco non sarebbe stata la spinta decisiva per il mio piano, ma anzi avrebbe dovuto condurre ulteriori concessioni: l’incontro con gli altri leader politici in cui il nostro primo ministro ha accettato il fatto che qualsiasi fosse stata la posizione dei creditori lui non li avrebbe sfidati. E ciò avrebbe significato cedere, smette di negoziare”.
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