Ucciso 17enne palestinese, «legittima difesa» per Israele

by redazione | 4 Luglio 2015 10:11

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Territori Occupati. Mohammed Qusba aveva lanciato pietre contro la jeep di un colonnello israeliano che ha risposto sparando. Approvazione da parte di diversi ministri del governo Netanyahu. Per i palestinesi è stato un omicidio a sangue freddo. L’Anp di Abu Mazen arresta oltre 100 presunti militanti di Hamas in Cisgiordania

Erano piut­to­sto grandi le pie­tre lan­ciate ieri, sulla strada tra Ram e Qalan­diya, da Moham­med Qusba, 17 anni, con­tro la jeep del coman­dante della bri­gata Benya­min, il colon­nello Israel Sho­mer. Per que­sto motivo l’adolescente pale­sti­nese meri­tava di essere ucciso? Le foto dif­fuse dai comandi israe­liani dopo la sua ucci­sione mostrano il para­brezza della jeep per metà in fran­tumi. Nes­sun sol­dato però è rima­sto ferito, a comin­ciare da Sho­mer. Il por­ta­voce mili­tare ha spie­gato che a Qusba è stato inti­mato di fer­marsi ma il 17enne pale­sti­nese si sarebbe allon­ta­nato con­ti­nuando a lan­ciare sassi e, «solo al quel punto», sono stati esplosi i colpi che lo hanno ucciso. A spa­rare sarebbe stato pro­prio il colon­nello Sho­mer. In Israele si parla di “legit­tima difesa”, Qusba però non aveva in mano armi da fuoco o col­telli, solo pie­tre. Meri­tava la morte, di essere punito ben oltre oltre gli anni di car­cere che la mini­stra della giu­sti­zia Aye­let Sha­ked pro­pone per coloro, ciòè i pale­sti­nesi, che lan­ciano pietre?

Non ave­vano dubbi ieri mini­stri ed espo­nenti della destra, pronti a caval­care l’onda della rab­bia di buona parte dell’opinione pub­blica per l’uccisione nelle ultime set­ti­mane di due israe­liani nella Cisgior­da­nia occu­pata. Mer­co­ledì a cen­ti­naia si sono radu­nati davanti alla resi­denza del pre­mier Neta­nyahu per chie­dere di bloc­care con ogni mezzo i “lupi soli­tari” respon­sa­bili di que­sti attac­chi. «Io dico uccidi per primo chi vuole ucci­derti. Al coman­dante della bri­gata Benya­min va il mio pieno soste­gno», ha com­men­tato sulla sua pagina Face­book il mini­stro dell’istruzione e lea­der del par­tito ultra­na­zio­na­li­sta Casa Ebraica Naf­tali Ben­nett. Ma Moham­med Qusba, armato di pie­tre, dav­vero inten­deva ucci­dere? Nes­suna esi­ta­zione anche per il mini­stro delle scienze Danny Danon: «Il colon­nello Sho­mer ha agito per difen­dersi da un ter­ro­ri­sta che lo aveva affron­tato con la volontà di ucci­derlo. Con­tro il ter­rore e la vio­lenza dob­biamo rispon­dere con la fer­mezza». In quelle stesse ore reparti spe­ciali dell’Autorità nazio­nale pale­sti­nese ese­gui­vano in Cisgior­da­nia gli arre­sti di oltre 100 atti­vi­sti veri o pre­sunti di Hamas, con­fer­mando la ripresa a pieno ritmo della coo­pe­ra­zione di sicu­rezza con Israele — di cui qual­che mese fa il Comi­tato Cen­trale dell’Olp aveva chie­sto la ces­sa­zione – e il fal­li­mento della ricon­ci­lia­zione interna palestinese.

L’uccisione del 17 enne Qusba in casa pale­sti­nese è vista come un assas­si­nio a san­gue freddo. Durante i fune­rali nel campo pro­fu­ghi di Qalan­diya dove l’adolescente viveva, seguiti da almeno 2 mila per­sone, tanti hanno chie­sto ven­detta. La morte di Moham­med Qusba è andata ad appe­san­tire il clima di lutto in cui vivono tanti pale­sti­nesi in que­sti giorni in cui si ricorda l’omicidio, un anno fa, di un altro ado­le­scente, Moham­med Abu Khdeir, rapito e bru­ciato vivo da tre israe­liani (sotto pro­cesso) per ven­detta dopo il ritro­va­mento dei corpi di tre ragazzi ebrei seque­strati e assas­si­nati in Cisgior­da­nia, pare da una cel­lula di Hamas. Omi­cidi che furono il pre­lu­dio dell’operazione israe­liana “Mar­gine pro­tet­tivo”, scat­tata tra il 7 e 8 luglio, uffi­cial­mente con­tro il movi­mento isla­mico Hamas. In realtà fu un attacco con­tro l’intera Stri­scia di Gaza, costato la vita a oltre 2200 pale­sti­nesi (in gran parte civili), il feri­mento di altri 11mila e la distru­zione di decine di migliaia di abi­ta­zioni ed edi­fici. I morti israe­liani furono 72, dei quali però 66 sol­dati caduti in com­bat­ti­mento. Anche in quel caso Israele parlò di legit­tima difesa e a metà giu­gno il governo Neta­nyahu ha dif­fuso un suo rap­porto nel quale esclude di aver avuto alcuna respon­sa­bi­lità nella morte di tanti civili pale­sti­nesi e sca­rica la colpa tutta su Hamas. Non è que­sto però il giu­di­zio del Con­si­glio Onu per i Diritti Umani che ieri ha appro­vato una riso­lu­zione che chiede a Israele e ai pale­sti­nesi di por­tare davanti alla giu­sti­zia i respon­sa­bili di cri­mini di guerra e di vio­la­zioni del diritto uma­ni­ta­rio com­messi a Gaza durante “Mar­gine Pro­tet­tivo” e, quindi, a coo­pe­rare con la Corte penale inter­na­zio­nale. La riso­lu­zione è stata appro­vata con 41 voti a favore, uno con­tra­rio (Stati Uniti) e cin­que asten­sioni. Gli Stati dell’Unione euro­pea hanno votato a favore.

Ieri pome­rig­gio, ad aggra­vare ulte­rior­mente la ten­sione, sono stati lan­ciati tre razzi verso il ter­ri­to­rio israe­liano, dove sono caduti senza fare danni. L’attacco è stato riven­di­cato da un gruppo sala­fita che si pro­clama affi­liato all’Isis e che opera a Gaza, ma l’esercito israe­liano è certo che i razzi siano stati spa­rati dal Sinai egi­ziano. Tel Aviv sostiene che ele­menti di Hamas avreb­bero aiu­tato atti­va­mente i mili­ziani dell’Isis, pro­ta­go­ni­sti a ini­zio set­ti­mana di un attacco in massa con­tro l’esercito egi­ziano nel Sinai. Accusa bol­lata ieri come “pro­pa­ganda” dal movi­mento islamico.

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