by redazione | 24 Luglio 2015 17:22
Superato in piena notte, dopo dodici ore di discussione in aula e con corollario di proteste di dipendenti pubblici e qualche molotov antagonista in piazza Syntagma, il secondo “crash test”, Alexis Tsipras guarda al prossimo obiettivo: portare a casa il terzo pacchetto di aiuti, un piano da 86 miliardi in tre anni che dovrà servire a rimborsare i debiti ma pure per fare qualche investimento in grado di rilanciare l’economia.
Già oggi prenderanno il via i negoziati con gli emissari della troika, puntualmente arrivati ad Atene. La deadline è il 18 agosto, dopodiché l’accordo dovrà finire al vaglio di Commissione europea, Bce e Fmi per essere approvato entro il 20 agosto, quando scadrà una nuova maxi-rata di rimborsi (3,2 miliardi di euro) alla Banca centrale europea. Questa la road map istituzionale per arrivare a settembre con le banche a pieno regime e senza rischi di default, e passare così alla fase 2: il «processo collettivo» all’interno di Syriza, attraverso il congresso forse più difficile della sua breve esistenza, e il probabile voto anticipato, a meno che non riesca l’impresa di una riappacificazione fra le due anime del partito.
Il voto di ieri notte non ha cambiato sostanzialemente gli equilibri parlamentari ma ha fatto registrare una novità: il sì del grande oppositore Yannis Varoufakis. L’ex ministro delle Finanze l’ha motivato in questo modo, ieri mattina, sul sito thepressproject: «Nonostante il disaccordo per le scelte dopo il referendum, il mio obiettivo è mantenere l’unità di Syriza e supportare Tsipras e Tsakalotos. Per questo ho votato a favore di misure che io stesso avevo proposto, sia pure in un circostanze e condizioni radicalmente diverse». Varoufakis è «convinto che l’accordo è destinato a fallire», «ma appoggio i compagni che sperano di guadagnare tempo, in modo che, insieme e uniti, possiamo pianificare la nuova resistenza all’autoritarismo europeo». Probabilmente, l’economista che ha condotto con il premier i primi cinque mesi di trattative si è voluto distinguere dalla sinistra interna (che durante le trattative con i creditori ne aveva criticato l’operato) e far capire che la sua battaglia sarà dentro il partito e non alla testa di nuove formazioni.
Rimane il muro contro muro invece con la sinistra del partito, guidata dall’ex ministro dell’Energia Panagiotis Lafazanis e dalla presidente del Parlamento Zoe Konstantopoulou. Quest’ultima è stata ancora una volta durissima contro il governo, in aula e attraverso una lettera al Presidente della Repubblica Prokopis Pavlopoulos (per questo ieri mattina Tsipras l’ha convocata al Megaro Maximou, entrambi all’uscita hanno parlato di discussione «franca» ma senza che, come si pensava, Konstantopoulou rassegnasse le dimissioni): in 31 hanno votato no (gli stessi di una settimana fa) e altri 5 si sono astenuti dicendo «presente» al momento della chiamata. In totale sono stati 36 i voti contrari provenienti dalle fila di Syriza, contro i 39 della scorsa settimana, nonostante lo stralcio delle pensioni. Nonostante il recupero di qualche dissenziente, rimane il problema di un governo di minoranza, con pochissimi voti sopra la soglia minima dei 120 voti (ieri sono stati 125 all’approvazione della riforma della giustizia e 130 a quella della direttiva sulle banche, contro i 123 della scorsa settimana) e soggetto ai ricatti dell’opposizione che, com’è accaduto con la riforma del regime fiscale per gli agricoltori, ha in questo momento una forte possibilità di condizionamento.
Da oggi la priorità del premier torna a essere però l’Europa. Lo ha spiegato la loquace portavoce Olga Gerovasili: «D’ora in poi il governo concentrerà tutta la sua attenzione sui negoziati per completare l’accordo». Il governo ha smentito le indiscrezioni secondo le quali dalle istituzioni sarebbe arrivata la richiesta di «nuovi prerequisiti» per cominciare le trattative. Solo il Fmi ha fatto sapere che per sedersi di nuovo al tavolo è necessario che Atene attui le riforme imposte mentre, sul versante europeo, chiede «impegni concreti e specifici sul fronte della ristrutturazione del debito». Quanto ai dissenzienti, Gerovasili ha ammesso che «la spaccatura dentro Syriza è chiara», ma si tratta di «un problema politico che deve affrontare il partito» e non l’esecutivo.
Sul fronte interno, le prossime misure del governo riguarderanno la corruzione e l’evasione fiscale, nonché la regolamentazione delle frequenze televisive. Ieri il Centro di controllo dei contribuenti con grandi patrimoni (Kefomep), un nuovo ente istituito dall’Agenzia delle entrate ellenica (quando era guidata dall’attuale viceministro delle Finanze Trifon Alexiadis, subentrato alla dimissionaria ribelle Nadia Valavani) per dare la caccia agli evasori, ha fatto sapere che ogni giorno l’Ufficio delle imposte congela una media di venti conti correnti bancari di persone che hanno inviato più di 100 mila euro all’estero o eseguito operazioni irregolari per un importo superiore a 300 mila euro. Il Kefomep ha bloccato 410 conti di medici e 210 di avvocati che non avevano dichiarati redditi proporzionati. In tutto sono stati congelati 45 milioni di euro, nonché altri 253 milioni provenienti da grandi imprese. È l’inizio di una battaglia che si annuncia lunga e dura.
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