Scuola, Renzi fa approvare la riforma più odiata

by redazione | 10 Luglio 2015 9:36

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La Camera approva il Ddl scuola con 277 sì, 173 no, 4 astenuti. Il movimento della scuola non si ferma e promette battaglia da settembre. In autunno i sindacati annunciano il più grande contezioso giudiziario italiano e gli studenti la boicotteranno “dal primo giorno”

La Camera ha appro­vato ieri in maniera defi­ni­tiva la riforma sulla scuola con 277 sì, 173 no e 4 aste­nuti. Dopo tre mesi e mezzo di iter par­la­men­tare ricat­ta­to­rio il governo Renzi è riu­scito ad imporre alle quasi 8 mila scuole ita­liane un’organizzazione azien­da­li­sta. La cosid­detta «buona scuola» isti­tui­sce la chia­mata diretta dei docenti da parte del «preside-manager» (detto «sce­riffo» o «sin­daco»), una norma già con­te­nuta in un ana­logo prov­ve­di­mento dei governi Ber­lu­sconi e poi Monti (il Ddl Aprea) respinto nel 2012. Que­sto pre­side, a metà di un diri­gente di azienda e un padre-padrone, sce­glierà una parte dei docenti neo-assunti (102 mila) in base al cur­ri­cu­lum una volta rea­liz­zati gli albi ter­ri­to­riali dal 2016. Gli è stata rico­no­sciuta la facoltà di con­fe­rire e rin­no­vare al docente un inca­rico trien­nale in base alla sua discre­zio­na­lità. Il pre­side deci­derà anche di aumen­tare lo sti­pen­dio a una mino­ranza di docenti sulla base di cri­teri da lui sta­bi­liti nel piano trien­nale e non in base alla nego­zia­zione con­trat­tuale. Al diri­gente sco­la­stico è stata attri­buita infine la pote­stà di rescin­dere il con­tratto a chi tra i docenti neo-assunti non supe­rerà l’anno di prova. In que­sta cor­nice sarà ridotto dra­sti­ca­mente il ruolo dei sin­da­cati nella con­trat­ta­zione, una stra­te­gia che rien­tra nel piano ren­ziano di esau­to­rare il ruolo dei corpi inter­medi e della media­zione socio-professionale a favore di una visione auto­ri­ta­ria e personalistica.

La riforma appro­vata ieri ha isti­tuito un comi­tato di valu­ta­zione con geni­tori e stu­denti che entra in con­tra­sto con il col­le­gio di isti­tuto e quello dei docenti. Que­sto organo deci­derà sugli aspetti didat­tici, pro­fes­sio­nali e sala­riali, mate­rie sulle quali non ha alcuna com­pe­tenza spe­ci­fica e che, anzi, rischia di creare con­flitti per­so­nali con i docenti. Nei ter­mini di una gestione azien­dale — que­sto è il punto di vista del governo — pre­side e comi­tato di valu­ta­zione favo­ri­ranno la «custo­miz­za­zione» della scuola. La libertà di inse­gna­mento sarà subor­di­nata alle esi­genze dei «clienti» e la didat­tica sarà trat­tata come un «pro­dotto». Chi non si adat­terà alle esi­genze del mer­cato dove con­cor­re­ranno isti­tuti di serie A e B, o al pub­blico che garan­ti­sce anche finan­zia­menti, non sarà giu­di­cato com­pa­ti­bile con la scuola-azienda. Il col­le­gio docenti è stato inol­tre esau­to­rato e, con esso, anche la dimen­sione coo­pe­ra­tiva e col­le­giale del lavoro dei docenti. L’obiettivo della «scuola dell’autonomia», impo­sta quin­dici anni fa da Luigi Ber­lin­guer, e faro della peda­go­gia libe­ri­sta soste­nuta anche dagli eredi del par­tito comu­ni­sta (poi Pds, Ds e oggi Pd) è stato pie­na­mente realizzato.

Per i sin­da­cati, gli stu­denti e i docenti che si sono mobi­li­tati in maniera instan­ca­bile a par­tire dallo scio­pero gene­rale del 5 mag­gio scorso, la riforma che isti­tui­sce la «chia­mata diretta» lede una serie di prin­cipi costi­tu­zio­nali come la libertà d’insegnamento. Pro­blemi arri­ve­ranno anche dalla crea­zione dell’organico ter­ri­to­riale dei docenti, dalla dispa­rità di trat­ta­mento sulla tito­la­rità d’istituto tra docenti e per­so­nale Ata. Nem­meno il tema qua­li­fi­cante della riforma — la «scom­parsa» del pre­ca­riato — può essere con­si­de­rato tale. Sono all’incirca 100 mila i docenti pre­cari abi­li­tati e ido­nei ad altri con­corsi esclusi dalle assun­zioni; non saranno sta­bi­liz­zati gli Ata con almeno 36 mesi di ser­vi­zio, men­tre nell’organico di diritto restano sco­perti 30 mila posti sul sostegno.

Su que­sti pre­sup­po­sti, da set­tem­bre, i sin­da­cati sono d’accordo nel sol­le­vare il più grande con­ten­zioso giu­di­zia­rio nella sto­ria della scuola ita­liana. Mar­cello Paci­fico (Anief) annun­cia richie­ste di risar­ci­menti milio­nari, men­tre Ste­fano D’Errico (Uni­co­bas) pre­vede che man­cherà il numero legale nei col­legi docenti chia­mati a votare sul nuovo «orga­nico fun­zio­nale». Per Fran­ce­sco Scrima (Cisl Scuola) «il governo si è assunto la grave respon­sa­bi­lità del man­cato con­fronto con la scuola» e Rino Di meglio (Gilda) accusa Renzi di «arro­ganza e pre­sun­zione». La bat­ta­glia avverrà anche con­tro i decreti attua­tivi avverte Marco Paolo Nigi (Snals/Confsal). «La mobi­li­ta­zione con­ti­nuerà con tutti gli stru­menti pos­si­bili per con­tra­stare l’applicazione di una legge che fa arre­trare il sistema di istru­zione» annun­cia Dome­nico Pan­ta­leo (Flc-Cgil). «I sin­da­cati e le strut­ture di base – è l’appello di Piero Ber­noc­chi (Cobas) – tro­vino le moda­lità comuni nella con­du­zione della “guer­ri­glia” con­tro que­sta legge-porcata».

La tra­sver­sa­lità del movi­mento tiene nono­stante la scon­fitta annun­ciata nella prima bat­ta­glia con­tro la «Buona scuola» del governo Renzi.Toni, e pro­po­siti ugual­mente deter­mi­nati, sono stati espressi dagli stu­denti. Insieme ai docenti ieri a piazza Mon­te­ci­to­rio hanno lan­ciato libri e urlato a squar­cia­gola «Ver­go­gna!» con­tro il Palazzo men­tre la Camera appro­vava la riforma. Nella notte tra mer­co­ledì e gio­vedì gli stu­denti dell’Uds hanno rea­liz­zato anche un blitz in alcuni par­chi della Capi­tale dove hanno imba­va­gliato decine di sta­tue raf­fi­gu­ranti, ad esem­pio, quella Cesare Bec­ca­ria, filo­sofo e giu­ri­sta: «Per rimar­care quanto l’approvazione del ddl scuola pre­vi­sta per oggi, silenzi il mondo dell’istruzione e della cul­tura, e al tempo stesso neghi un inve­sti­mento vero per garan­tire l’accesso ai saperi il diritto allo stu­dio». « Boi­cot­te­remo i dispo­si­tivi di valu­ta­zione, cree­remo nuovi organi di par­te­ci­pa­zione, costrui­remo pro­po­ste alter­na­tive da met­tere in pra­tica scuola per scuola — hanno detto gli stu­denti in un video dif­fuso sui social net­work — Boi­cot­te­remo la legge in ogni sua forma, con­tro il mer­cato dei saperi e la pri­va­tiz­za­zione dei diritti». «In autunno le scuole saranno un pro­blema per il Governo Renzi» con­ferma Danilo Lam­pis coor­di­na­tore Uds. Appun­ta­mento allora «al primo giorno di scuola, che sarà solo la data ini­ziale di un autunno denso di mobi­li­ta­zioni stu­den­te­sche con­ferma Alberto Irone della Rete degli stu­denti medi — Gli stu­denti non accet­te­ranno una scuola azienda, anti­de­mo­cra­tica, pri­va­tiz­zata ed esclu­dente. Non ci fer­me­remo fino a quando la scuola non sarà buona per davvero».

In tutt’altra realtà vivono gli espo­nenti di un governo che ha sudato sette camice per por­tare a casa una riforma il cui iter par­la­men­tare è stato gestito in maniera cao­tico e appros­si­ma­tivo, spac­cando il par­tito demo­cra­tico che ha comun­que tenuto. Per la mini­stra dell’Istruzione Ste­fa­nia Gian­nini, la sua appro­va­zione alla Camera «non è un atto finale» ma «l’atto ini­ziale di un nuovo pro­ta­go­ni­smo della scuola». «Il caos nella scuola si potrà creare solo se non si va a una appli­ca­zione piena della riforma» ha aggiunto rispon­dendo ai sin­da­cati. E poi ha messo le mani avanti: «Non c’è legge per­fetta, ci saranno punti deboli e ci sarà la pos­si­bi­lità di cor­reg­gerli, ma è una grande oppor­tu­nità, che con­se­gniamo nelle mani di stu­denti, fami­glie, inse­gnanti». Si mette in conto, cioè, che la riforma subira vari rima­neg­gia­menti, anche alla luce delle dele­ghe che il par­la­mento ha votato al governo, su aspetti deter­mi­nanti per l’intero mec­ca­ni­smo ideato. Per la mini­stra in Ita­lia c’è stato un «pre­ca­riato sta­bile» e il governo ha comin­ciato a risol­vere il pro­blema. I sin­da­cati hanno messo in moto i loro cen­tri studi e dimo­strano esat­ta­mente il con­tra­rio: il pre­ca­riato con­ti­nuerà, come le sup­plenze l’anno pros­simo. E le assun­zioni non risol­vono affatto il pro­blema del pre­ca­riato. L’anno pros­simo ci saranno 60 mila inse­gnanti senza cattedra.

Renzi vince in par­la­mento, ma si ritrova da solo nelle piazze. E nelle sezioni del suo par­tito. Ieri però ha incas­sato il favore della Con­fe­renza Epi­sco­pale Ita­liana. Il segre­ta­rio gene­rale mon­si­gnor Nun­zio Galan­tino si è sco­perto più ren­ziano dei ren­ziani quando ha detto che la riforma della scuola «è un passo in avanti in un Paese troppo abi­tuato alla sta­gna­zione». Le cri­ti­che al governo, e la spac­ca­tura nel Pd, non tur­bano il mon­si­gnore: «Appena si intra­vede qual­cosa di nuovo scatta subito il virus della con­flit­tua­lità». Segue il sol­lievo per la boc­cia­tura della pre­sunta norma sul «gen­der» e l’invito a «inve­stire di più sulla for­ma­zione». Pro­ba­bil­mente allu­deva alle scuole pari­ta­rie cat­to­li­che che hanno rice­vuto in regalo dal governo le faci­li­ta­zioni fiscali con­te­nute nello School Bonus.

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