Scontri e saluti romani contro l’arrivo dei profughi
«Vuole sapere se sono razzista? Si, lo sono, ma non perché loro sono neri. Davanti al vu cumprà che sulla spiaggia si guadagna la vita vendendo tappeti io mi tolgo il cappello, ma questi vengono qui e ci rubano il lavoro e le case. Con i 35 euro al giorno che spendiamo per loro sai quanti italiani si potrebbero aiutare?». Alle quattro del pomeriggio, con un caldo che toglie il respiro, la signora Giulia, arrabbiatissima residente di Casale San Nicola, mette da parte la diplomazia. «Ho tre bambini piccoli, che vanno in bicicletta proprio lungo questa strada — dice — che ne so io che tra quelli non c’è un pedofilo?».
I quelli in questione sono una ventina di profughi arrivati tre ore prima nell’ex scuola Socrate che il prefetto di Roma Franco Gabrielli ha deciso di adibire a centro di accoglienza. Per richiedenti asilo, ovvero profughi, ovvero gente spesso fuggita da una dittatura o da una guerra e che per arrivare fin qui, in questo bellissimo angolo della campagna romana, periferia nord della capitale, ha rischiato la pelle. Non proprio pedofili, insomma. Ma per le 250 famiglie che abitano la zona sono un pericolo. «Qui non li vogliamo», dicono. E non solo a parole.
Tira un brutto vento veneto a Roma. L’arrivo della ventina di ragazzi africani non è infatti dei più tranquilli. Il pulmino bianco che li trasporta trova ad attenderli gli abitanti organizzati ormai da mesi in presidio e intenzionati a fermarli a tutti i costi. Grazie anche all’aiuto fornito da Casa Pound, che non ha perso l’occasione di cavalcare la protesta e che ieri si è presa il palcoscenico. Quando il pullman fa la sua apparizione in cima alla strada che conduce alla vecchia scuola, ad accoglierlo trova la solita scenografia fatta di braccia tese, sventolii di tricolori e inni nazionali. Oltre a qualche decina di uomini e donne seduti a terra per bloccare la strada. Comincia una trattattiva con le forze dell’ordine, che però non approda a nulla. «Non faremo nessun passo indietro», fa sapere il prefetto Gabrielli confermando l’ordine di trasferire i migranti nella struttura prescelta. Gli agenti cominciano a spostare le donne sedute a terra, poi i residenti si fanno indietro e lasciano il posto a militanti di Casa Pound. Lo scontro dura pochi minuti, ma è violento. Vanno a fuoco cassonetti e balle di fieno, contro le forze dell’ordine vengono lanciati sassi e bottiglie. Bottiglie volano anche contro il pullman con i migranti a bordo. Il bilancio finale fa contare 14 agenti feriti, due persone arrestate, una denunciata e 15 identificate. Sugli scontri è stata aperta un’inchiesta. «Abbiamo contenuto i militanti di Casa Pound e riaperto la strada», spiega la polizia, mentre gli abitanti accusano gli agenti di aver usato violenza contro donne anziane sedute a terra: «Abbiamo foto e video che provano quanto diciamo — affermano — e li mostreremo a tutti».
Di Casale San Nicola si potrà dire tutto, tranne che si tratti della solita periferia degradata. Ex zona agricola situata lungo la strada per Bracciano, appena alla periferia di Roma, è abitata da circa 400 persone distribuite in una sere di belle case circondate da ettari di terreno cosparsi in questi giorni da covoni di fieno. L’ex scuola Socrate è formata da tre strutture del ’700 disposte a ferro di cavallo e circondate da un giardino. Su una cosa i residenti hanno ragione. Intorno ai vecchi casali che formano il centro di accoglienza non c’è niente: per trovare un bar o un negozio in cui fare la spesa bisogna camminare a piedi per almeno tre chilometri, lo stesso dicasi per la prima fermata d’autobus. E di notte si cammina al buio, visto che non c’è neanche un lampione a illuminare la strada. Insomma, sistemazione abitativa a parte, anche per i migranti soggiornare da queste parti non sarà facile.
Da quando, tre mesi e mezzo fa, si è saputo che era stata scelta dalla prefettura per diventare un centro di accoglienza, i 400 residenti hanno cominciato ad avere paura di un aumento dei furti in casa e di, e di possibili aggressioni e si sono costituiti in presidio per bloccare il trasferimento dei migranti: 100 in tutto, dei quali i 19 di ieri rappresentano una piccola avanguardia. «Quella struttura non è neanche norma per ospitare 100 persone», spiega Giulia, 37 anni, seduta sotto un albero davanti l’ex scuola. «Abbiamo fatto ricorso contro il sequestro, ma nessuno ci ha ascoltati. Però noi non ci fermiamo», prosegue. «Questo è un contesto privato e le istituzioni non hanno mai aperto un tavolo di concertazione», spiega invece Francesca Sanchietti, la portavoce del comitato di Casale San Nicola. «Siamo cittadini italiani che hanno subito un sopruso».
Gli scontri di ieri hanno avuto uno strascico di numerose reazioni. «Indignazione» per quanto accaduto è stata espressa dall’Unhcr: «Alimentare consapevolmente la retorica xenofoba e razzista nei confronti dei rifugiati è pericoloso poiché fomenta tensioni sociali di difficile gestione», afferma l’Alto commissariato, mentre l’Arci legge gli scontri di ieri come la conseguenza «di un paese sempre più incattivito chiuso in se stesso».
Nel pomeriggio una delegazione del M5S guidata da Alessandro Di Battista ha incontrato alla Camera alcuni rappresentanti del comitato Casale San Nicola «per comprendere le ragioni della protesta», hanno spiegato i parlamentari grillini. Non risulta, però, che abbiano chiesto un analogo incontro con i migranti per ascoltare anche le loro ragioni. I quali migranti rischiano di vedere trasformata l’ex scuola che li ospita in un bunker sorvegliato 24 ore al giorno della polizia, senza avere neanche la possibilità di uscire. «Noi non molleremo», ripetono infatti i residenti di casale San Nicola. «Quelli da lì se ne devono andare».
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