«Safe-zone» turco-americana

«Safe-zone» turco-americana

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È il sesto giorno della cam­pa­gna anti-Pkk e Isis avviata dalle auto­rità tur­che il 24 luglio. Il piano anti-terrorismo senza pre­ce­denti è stato giu­sti­fi­cato con l’aggressione jiha­di­sta nella città di con­fine tra Tur­chia e Siria di Suruç che lo scorso 20 luglio ha cau­sato 32 gio­vani vit­time tra i socia­li­sti che ten­ta­vano di por­tare aiuti al capo­luogo del Kur­di­stan siriano (Rojava) di Kobane.

Le basi del Par­tito dei lavo­ra­tori kurdi nelle mon­ta­gne tra Tur­chia e Iraq non sono mai state col­pite così siste­ma­ti­ca­mente dall’aviazione turca come in que­sti giorni. Que­sto ha chiuso la pagina del pro­cesso di pace con il par­tito di Oca­lan, come con­fer­mato ieri dal pre­si­dente turco. Recep Taiyyp Erdo­gan ha addi­rit­tura chie­sto che venga tolta l’immunità par­la­men­tare ai poli­tici del Par­tito demo­cra­tico del popolo (Hdp) entrati per la prima volta in par­la­mento con il 13% dei voti lo scorso 7 giugno.

Erdo­gan ha aggiunto che devono «pagare il prezzo dei loro legami con gruppi ter­ro­ri­stici». Hdp e Pkk hanno radici e una base elet­to­rale comune. Per il momento i lea­der del par­tito isla­mi­sta mode­rato hanno escluso però la messa fuori legge di Hdp, richie­sta dagli ultra-nazionalisti di Mhp.

I prov­ve­di­menti con­tro i jiha­di­sti di Isis sem­brano invece molto meno inva­sivi di quelli con­tro i par­titi kurdi. Nono­stante gli annunci, il governo turco con­ti­nua a mostrarsi alquanto indul­gente nei con­fronti di Daesh, che per mesi ha potuto ope­rare sul ter­ri­to­rio turco. L’unica vera novità nella lotta con­tro Isis è la con­ces­sione delle basi nel Kur­di­stan turco a Stati uniti e ai paesi della coa­li­zione inter­na­zio­nale anti-Isis dopo mesi di rilut­tanza del governo turco nel par­te­ci­pare alle azioni con­tro i jiha­di­sti in Siria in Iraq. Il vero obiet­tivo di Ankara sono i par­titi kurdi in Tur­chia e Siria. Il par­tito demo­cra­tico unito (Pyd) che ha la mag­gio­ranza nel Kur­di­stan siriano e per­se­gue una lotta auto­no­mia (con­tro al-Assad e le oppo­si­zioni) conta di radici e di un’ideologia comune al Pkk.

Per il momento la Nato non inter­verrà al fianco della Tur­chia. Lo ha con­fer­mato ieri il segre­ta­rio della Nato in un ver­tice di emer­genza tenu­tosi a Bru­xel­les e voluto da Ankara. Jens Stol­ten­berg ha anche assi­cu­rato che l’Alleanza atlan­tica non è coin­volta nella «safe-zone» turca in ter­ri­to­rio siriano, nego­ziata da Ankara con gli Stati uniti. Per Erdo­gan que­sto per­met­terà a 1,7 milioni di pro­fu­ghi siriani di fare ritorno in patria.

Secondo il pre­mier turco que­sto prov­ve­di­mento doveva essere attuato da tempo per evi­tare l’avanzata di Isis. Ahmet Davu­to­glu ha pun­tato diret­ta­mente il dito con­tro le poli­ti­che del pre­si­dente siriano Bashar al-Assad, respon­sa­bile secondo lui di aver faci­li­tato l’avanzata di Isis. Ieri Erdo­gan ha discusso degli attac­chi tur­chi anti-Isis anche con il pre­si­dente fran­cese, Fra­nçois Hol­lande, l’emiro del Qatar, Tamim bin Hamad al-Thani, e il re sau­dita Sal­man. L’iperattivismo turco di que­ste ore ha por­tato Erdo­gan anche in visita a Pechino, dove ha nego­ziato nuovi inve­sti­menti cinesi nella difesa mis­si­li­stica turca.

Di fatto la Tur­chia mette le mani in ter­ri­to­rio siriano occu­pan­dosi diret­ta­mente della sicu­rezza nel Nord del paese nelle mani dei com­bat­tenti kurdi con lo scopo di creare una zona «Isis-free».

Nel suo inter­vento il pre­si­dente Erdo­gan aveva chie­sto alla Nato di fare la sua parte nella lotta al ter­ro­ri­smo nel suo con­fine meri­dio­nale. Anche il pre­si­dente russo Vla­di­mir Putin ha accolto con sod­di­sfa­zione il nuovo impe­gno degli Stati uniti, al fianco di Ankara nella lotta al ter­ro­ri­smo. «Meglio tardi che mai», ha detto Putin par­lando delle ope­ra­zioni di Mosca con­tro al-Qaeda degli ultimi anni.

L’accordo sul nucleare ira­niano e il piano turco di lotta al ter­ro­ri­smo hanno di fatto riav­vi­ci­nato Mosca e Washing­ton su alcune delle prin­ci­pali crisi regio­nali, ridi­men­sio­nando qui il ruolo saudita.

Ma con il pre­te­sto dell’attacco a Isis, la guerra turca pro­se­gue soprat­tutto con­tro il Pkk. Sono 1050 gli arre­sti in cin­que giorni soprat­tutto di mili­tanti di par­titi comu­ni­sti e kurdi. 96 siti inter­net (per la mag­gio­ranza di sini­stra) sono stati oscu­rati. Aerei da com­bat­ti­mento F-16 hanno bom­bar­dato tre basi del par­tito di Oca­lan a Sir­nak (dove da giorni pro­se­guono gli scon­tri tra kurdi e poli­zia), a Hak­kari e Xaxurke.

Il Pkk ha rispo­sto con attac­chi a Mar­din, Amed, Erzu­rum e Bitlis. Ma tutto il Kur­di­stan turco è in fiamme. Al con­fine con l’Iran un’esplosione ha col­pito il gasdotto di Agri. Il mini­stro dell’energia turco, Taner Yil­diz, ha con­fer­mato che è stata opera di atti­vi­sti kurdi. Un mili­tare turco è stato ucciso a Mala­z­girt. Cen­ti­naia di per­sone sono scese in piazza a Bat­man e Nusai­byn dove un ragazzo era stato ucciso dalla poli­zia. Sul fronte siriano, le Unità di pro­te­zione popo­lare maschile e fem­mi­nile in Siria (Ypg-Ypj) hanno ripreso il cen­tro della città di Hasaka, con­trol­lata da mesi dallo Stato islamico.

È un’importante con­qui­sta dei com­bat­tenti kurdi ma la zona è ancora oggetto di colpi di coda dei jiha­di­sti, come è avve­nuto nelle scorse set­ti­mane a Kobane e Tel Abyad.



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