Ora la troika apre sul debito greco

Ora la troika apre sul debito greco

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Crisi d’Europa . Prestito-ponte di 7 miliardi per rimborsare i debiti di luglio (ma non bastano per quelli di agosto). La Bce alza l’Ela, poi via libera al negoziato di un terzo piano di aiuti di 82-86 miliardi. Dopo il voto del nono piano di austerità in sei anni ad Atene, le relazioni si distendono. Si precisa l’ipotesi di un alleggerimento del debito, ma non è ancora decisa la forma. Ieri la Finlandia ha approvato, oggi tocca al Bundestag. Discussione all’Europarlamento

La situa­zione si nor­ma­lizza nelle rela­zioni tra Gre­cia e i part­ner, dopo il voto a favore del nono piano di auste­rità in sei anni al par­la­mento di Atene, mer­co­ledì notte. L’attacco di feb­bre è calato (e si è tra­sfe­rito all’interno della Gre­cia, ma per Bru­xel­les e i part­ner è una buona noti­zia, che fa intrav­ve­dere la pos­si­bi­lità di una modi­fica della mag­gio­ranza). Così, dopo i giorni di paura e di minacce, ieri la Com­mis­sione si è ral­le­grata per il «passo impor­tante» fatto con il voto ate­niese, rea­liz­zato «in tempo e in modo soddisfacente».

L’Eurogruppo for­ma­liz­zerà oggi l’accordo per un prestito-ponte di 7 miliardi, che per­met­terà alla Gre­cia di rim­bor­sare lunedì 20 la Bce (3,5 miliardi) e di rime­diare al ritardo con l’Fmi (2 miliardi), in altri ter­mini, resu­sci­tano i 7 miliardi che dove­vano essere ver­sati ad Atene come ultima tran­che del secondo piano di aiuti, ora pescati nel Mesf, una strut­tura creata nel 2010 per evi­tare il con­ta­gio della crisi di Irlanda e Por­to­gallo e che ha in cassa ancora 13,5 miliardi (ma 7 miliardi bastano solo per i rim­borsi di luglio, non per quelli di ago­sto, così la Gre­cia resterà con il col­tello alla gola durante tutto il nego­ziato sul terzo piano).

Oggi un’Ecofin a 28 for­ma­liz­zerà la deci­sione, dando a Lon­dra e Praga le garan­zie di rim­borso chieste.

La Bce ha poi alzato l’Ela, la liqui­dità di emer­genza, alle ban­che gre­che di 900 milioni, «per­ché le cose sono cam­biate», ha spie­gato Mario Dra­ghi: c’è l’accordo del prestito-ponte, sono state votate nuove leggi di rigore e i 25 miliardi desti­nati alla ban­che del terzo piano di aiuti allon­ta­nano lo spet­tro di fal­li­mento del sistema.

Per il pre­si­dente, «la Bce con­ti­nua ad agire secondo il prin­ci­pio per cui la Gre­cia è e resterà nella zona euro». I mini­stri delle Finanze dei 19 paesi della zona euro hanno appro­vato «in linea di prin­ci­pio» il pro­getto di un terzo piano di aiuti, intorno agli 82–86 miliardi su tre anni, ero­gato attra­verso il Mes, il mec­ca­ni­smo di stabilità.

La nor­ma­liz­za­zione, su pres­sione dell’Fmi, ha aperto anche la discus­sione sulla non soste­ni­bi­lità del debito greco: Chri­stine Lagarde (Fmi) ha affer­mato ieri di avere «un po’ di spe­ranza» per­ché nelle ultime ore ha sen­tito «com­menti più posi­tivi sul prin­ci­pio» di ristrutturazione.

«È fuori que­stione che un alleg­ge­ri­mento del debito per la Gre­cia sia neces­sa­rio».Il pre­si­dente della Bce Mario Draghi

Anche Dra­ghi ha evo­cato que­sta ipo­tesi: «L’alleggerimento è neces­sa­rio, biso­gna deci­dere in quale forma». Anche per la Ger­ma­nia è ormai «un’opzione», pur esclu­dendo un hair-cut e favo­rendo un allun­ga­mento della matu­rità. Ma per arri­vare a que­sto ai greci viene chie­sto ancora uno sforzo: sus­si­stono dubbi, ha pre­ci­sato Dra­ghi, «su volontà e capa­cità» del governo greco di fare le «riforme».

Il terzo piano serve ad evi­tare un ter­re­moto nella zona euro, ha sot­to­li­neato «Herr Mes», Klaus Regling, senza di esso «il sistema ban­ca­rio greco col­las­serà» con con­se­guenze «per l’intera zona euro». Addi­rit­tura, dopo i rim­borsi di lunedì, alla Gre­cia potrebbe venire aperta la porta di accesso al quan­ti­ta­tive easing della Bce.

Dopo le minacce, anche i fal­chi votano via via a favore dell’accordo del 13 luglio. È stato il caso ieri della Fin­lan­dia, dove la com­mis­sione par­la­men­tare ha appro­vato, «con severe con­di­zioni», ha pre­ci­sato il mini­stro delle Finanze, che con­ti­nua a rifiu­tare la ristrut­tu­ra­zione del debito. Ieri hanno votato anche Olanda e Esto­nia. Oggi tocca all’Austria e, soprat­tutto, al Bun­de­stag. Wol­fgang Schäu­ble, che con­ti­nua a bor­bot­tare che un Gre­xit tem­po­ra­neo era l’ipotesi migliore, andrà in par­la­mento «con piena con­vin­zione» a chie­dere l’approvazione dell’accordo e di un terzo piano di aiuti, «un passo impor­tante». Devono ancora votare Let­to­nia, Slo­vac­chia e Spa­gna (all’inizio di ago­sto), men­tre l’Irlanda voterà quando sarà con­cluso il nego­ziato per il terzo piano.

In ogni caso, al Mes non c’è diritto di veto e le deci­sioni pas­sano quando sono appro­vate da chi ha com­ples­si­va­mente l’85% del con­trollo dei capi­tali (solo Ger­ma­nia, Fran­cia e Ita­lia pos­sono bloc­care una deci­sione, rispet­ti­va­mente con il 27%, il 20% e il 17,5%).

SULL’ACCORDO CON LA GRE­CIA HA DIBAT­TUTO IERI ANCHE LA COM­MIS­SIONE AFFARI ECO­NO­MICI DELL’EUROPARLAMENTO

Il pre­si­dente, Roberto Gual­tieri (S&D), ha evo­cato l’ipotesi di una ristrut­tu­ra­zione del debito, pre­ci­sando che molto pro­ba­bil­mente sarà più un allun­ga­mento della matu­rità che un taglio netto. Dimi­trios Papa­di­mou­los della Gue si è ral­le­grato che il Gre­xit sia stato «sop­presso dal voca­bo­la­rio». Per il verde Ernest Urta­sun, spa­gnolo, «il pro­gramma eco­no­mico kami­kaze» è stato «impo­sto come puni­zione poli­tica, il Par­la­mento euro­peo dovrebbe denun­ciare che uno stato mem­bro ha minac­ciato un altro di espulsione».

Dalla Spa­gna, Pablo Igle­sias di Pode­mos ha com­men­tato: «Io, come Tsi­pras, non ero d’accordo, ma è una situa­zione limite: o l’accordo o l’uscita dall’euro. In un certo senso, il governo greco ha gua­da­gnato in sta­bi­lità e allo stesso tempo ha otte­nuto che l’argomento della ristrut­tu­ra­zione del debito venga preso in considerazione».



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