Opg, addio. Parola della Consulta
La scorsa settimana è stata pubblicata la sentenza della Corte Costituzionale che ha respinto per totale infondatezza il ricorso promosso dal Tribunale di Sorveglianza di Messina contro la legge 81 del 2014 sulla chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari. Veniva contestata la violazione di ben tredici articoli della Costituzione ed aveva come punto centrale la contestazione dell’accertamento della pericolosità sociale basato sulla base delle qualità soggettive della persona e senza tenere conto delle condizioni (cosiddette ambientali) di cui all’articolo 133, secondo comma, numero 4, del codice penale e inoltre la norma per cui «non costituisce elemento idoneo a supportare il giudizio di pericolosità sociale la sola mancanza di programmi terapeutici individuali».
La Consulta ha dunque affermato con nettezza la legittimità costituzionale della legge 81 sia nel procedimento legislativo sia nei contenuti e in particolare conferma che un malato povero, emarginato, senza casa o abbandonato dai servizi non può diventare, per questa ragione, socialmente pericoloso e finire in una istituzione totale per tutta la vita, come troppo spesso è accaduto in passato. La storia degli ergastoli bianchi nasce proprio da questa giustizia di classe.
Si conferma e si rafforza così l’orientamento di quella che abbiamo definito una buona legge. Il tratto più interessante della nuova norma è di avere spostato il baricentro dai binomi prettamente manicomiali «malattia mentale/pericolosità sociale e cura/custodia» ai progetti di cura e riabilitazione individualizzati e all’affidamento al territorio. In particolare, confermando orientamenti espressi in fondamentali sentenze precedenti, la decisione della Corte ha stabilito che la regola deve essere l’esecuzione di una misura di sicurezza diversa dalla detenzione, ieri in Opg e oggi in una Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems), salvo gravi situazioni ben fondate e motivate che devono costituire l’eccezione.
Ora non possono essere più accampati alibi da parte del Governo, delle Regioni e della Magistratura di Sorveglianza: sono ormai passati più di cento giorni dal 31 marzo, data stabilità dalla legge per la chiusura dei manicomi criminali, come abbiamo denunciato nel seminario di Firenze del 14 luglio. E’ ora di abbattere questo muro di illegalità. La situazione di centinaia di internati che sono letteralmente sequestrati in strutture che non devono più esistere viola l’art. 13 della Costituzione che si esprime chiaramente sui modi di restrizione della libertà personale. Lo stato di diritto non può essere calpestato impunemente. L’associazione Altro Diritto ha raccolto 58 istanze di internati nell’Opg di Montelupo fiorentino in base all’art. 35bis dell’ordinamento penitenziario e rivolte al magistrato di sorveglianza competente per far cessare la violazione dei loro diritti. Viene dai pazzi una lezione di saggezza rispetto del principio dell’habeas corpus!
Il Governo deve immediatamente commissariare le regioni inadempienti che non stanno applicando la legge 81 e non hanno potenziato i Servizi per la salute mentale. Compito essenziale del movimento abolizionista è vigilare per impedire il risorgere di forme nuove della logica manicomiale che deve essere superata per sempre.
La sentenza del 24 giugno non dà adito a dubbi. Si aprono, come ha scritto efficacemente il costituzionalista Andrea Pugiotto, «contraddizioni, tanto inedite quanto feconde, al sopravvissuto sistema del doppio binario», sia pure a codice penale invariato. Ancora una volta la suprema magistratura indica un percorso per la piena realizzazione di una riforma di civiltà. I diritti, anche in questo caso, aspettano la politica.
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