«Odio nero» da Ber­lino a Remchingen

by redazione | 25 Luglio 2015 8:46

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«Odio nero» pro­prio come in Ita­lia con la dif­fe­renza che qui, al solito, è tutto fin troppo orga­niz­zato. Dagli incendi pre­ven­tivi dei cen­tri per i rifu­giati, ai pre­sídi xeno­fobi nelle peri­fe­rie non più solo ex Ddr, fino alla sezione della poli­zia sveva fedele ma al Ku-Klux-Klan che ancora non si rie­sce a met­tere fuori ser­vi­zio. Come se non bastasse ora dalla rete spunta anche la Goo­gle map dei campi pro­fu­ghi, postata dai neo­na­zi­sti a bene­fi­cio del loro net­work.
Nei Kri­mi­na­lamt non solo a livello di Land gli attac­chi raz­zi­sti (150 nel 2014) sono in cima alle prio­rità inve­sti­ga­tive, men­tre a livello fede­rale ogni sin­golo caso viene accu­ra­ta­mente moni­to­rato dall’Ufficio per la pro­te­zione della Costi­tu­zione (BfV) cioé il con­tro­spio­nag­gio. Ma la situa­zione non è sotto con­trollo. Anzi.
Terra bru­ciata
Il 18 luglio a Rem­chin­gen nel distretto di Karl­sruhe va a fuoco un edi­fi­cio pub­blico desti­nato ai rifu­giati afri­cani. Il rogo non è un fatto iso­lato ma segue otto epi­sodi coin­ci­denti oltre la cro­no­lo­gia. Due giorni prima, con moda­lità ana­lo­ghe, in Baviera bru­cia un cen­tro pro­fu­ghi con 67 posti letto men­tre la set­ti­mana pre­ce­dente dalle parti di Lip­sia qual­cuno spara alle vetrate di una strut­tura già abi­tata.
Casi «dolosi» inquie­tanti, e mate­riale d’indagine da aggiun­gere ai fasci­coli sulle inti­mi­da­zioni (mafiose, con teste di porco appese all’ingresso del rifu­gio) in Assia il 1 luglio e su altri due «Asy­lheim» incen­diati il 28 e 29 giu­gno in Sas­so­nia e Schleswig-Holstein.
Cro­naca nera a tutti gli effetti, come la sco­perta (della Ber­li­ner Zei­tung) della mappa della Ger­ma­nia con l’indicazione di tutte le strut­ture che ospi­tano i richie­denti asilo.
L’ha cari­cata su di Goo­gle il 15 luglio il «par­tito nazi­sta» ed è stata subito rimossa dal gestore, ma il lasso di tempo è stato più che suf­fi­ciente a chi la doveva vedere, e forse a sug­ge­rire a certi utenti un uso meno vir­tuale. Una mar­mel­lata di segna­lini rossi sulla carta geo­gra­fica della Bun­de­sre­pu­blik, volàno della cam­pa­gnia raz­zi­sta «Nes­sun rifu­giato nelle mie vici­nanze» che indica, soprat­tutto, come il livello di guar­dia sia stato abbon­dan­te­mente oltre­pas­sato.
Nimby
Den­tro al recinto della lega­lità eppure egual­mente sin­to­ma­ti­che le decine di mani­fe­sta­zioni con­tro i Con­tai­ner­dorf che hanno inve­stito anche la capi­tale. Pro­te­ste xeno­fobe sem­pre più scien­ti­fi­che e meno spon­ta­nee, a Ber­lino non più con­fi­nate alla peri­fie­ria “sovie­tica” di Mar­zahn o al quar­tiere «Sal­va­dor Allende» di Köpe­nick.
Il 10 luglio in occa­sione del «Giorno delle porte aperte» nel centro-profughi tra i pre­fab­bri­cati di Mar­zahn si leva la pro­te­sta di 80 mili­tanti di destra con­tro la “posa” dei con­tai­ner. Ven­gono subito argi­nati dalla con­tro­ma­ni­fe­sta­zione di Linke e Pira­ten con il qua­dru­plo di anti­raz­zi­sti, ma il «males­sere», non più intimo e inte­riore, non si spe­gne.
La soglia della fobia è visi­bile soprat­tutto a Frei­tal, nell’hinterland di Dre­sda, dove a giu­gno va in scena un vero e pro­prio asse­dio all’hotel Leo­nardo desti­nato a ospi­tare (prov­vi­so­ria­mente) 280 pro­fu­ghi. Oltre 150 per­sone pro­te­stano ani­ma­ta­mente con­tro la strut­tura e il diritto di asilo, men­tre tra la folla più di qual­cuno rico­no­sce Lutz Bach­mann, fon­da­tore di Pegida e imi­ta­tore del Füh­rer anche sul social-network.
Una “base” da radio­gra­fare fino in fondo, visto che il cosmo non più così micro e il «Volk» è con­nesso con realtà più peri­co­lo­sa­mente orga­niz­zate. Basta leg­gere le 58 pagine del rap­porto sugli Hoo­li­gans against sala­fists (Hogesa) «ana­lisi esplo­ra­tiva» datata 2015 recen­te­mente pub­bli­cata dall’Ufficio cri­mi­nale fede­rale a Wie­sba­den. La rela­zione del Bka rico­strui­sce e prova i con­tatti tra gli ultras di destra e i «cit­ta­dini» che da dicem­bre 2014 si riu­ni­scono sotto le ban­diere di Pegida, ong isla­mo­foba fon­data a Dre­sda pro­prio sull’onda degli «inci­denti» tra tifosi della Ger­ma­nia e ultras dell’Islam.
Klan­de­stini
Il 4 mag­gio 2013 a Sch­wä­bi­sch Hall nel Baden-Württemberg viene sco­perta una cel­lula di agenti legata a dop­pio filo con gli incap­puc­ciati ame­ri­cani. La noti­zia defla­gra: per­ché si tratta del Ku Klux Klan, per­ché sono coin­volti mem­bri delle isti­tu­zioni, e per­ché l’«ambiente» è esat­ta­mente lo stesso che si occupa delle inda­gini sugli omi­cidi dei ter­ro­ri­sti dell’Nsu, under­ground nazi­sta attual­mente sotto pro­cesso a Monaco.
«Una pic­cola sezione con meno di dieci com­po­nenti» mini­mizza Die­ter Sch­nei­der, pre­si­dente del Lan­de­skri­mi­na­lamt svevo. Un gruppo non così iso­lato, tanto che l’anno pre­ce­dente erano venuti a galla altri due pub­blici uffi­ciali iscritti al Kkk da almeno un decen­nio. Non basta: nel pro­ce­di­mento con­tro la «pasio­na­ria» dell’Nsu Beate Zschäpe si indaga anche l’inquietante ruolo dei ser­vizi tede­schi dopo la sco­perta che l’ex agente del BfV Andreas Temme il 6 aprile 2006 (pro­prio nell’ora del delitto) sedeva al tavo­lino dello stesso internet-café di Kas­sel dove viene ucciso Halit Yoz­gat, nona delle 10 vit­time dei «delitti del kebab».
La spia giu­sti­fica la coin­ci­denza con la neces­sità di “flir­tare” in chat al riparo dagli occhi della moglie, men­tre a casa sua la poli­zia ritrova un revol­ver Smith&Wesson, pistole Beretta e Heckler&Koch insieme a 240 cari­ca­tori. Temme ha il porto d’armi e come «tira­tore» è auto­riz­zato a dete­nere anche le muni­zioni. Se non fosse che dai cas­setti spunta un altro arse­nale altret­tanto mici­diale: da rivi­ste come «Il Terzo Reich» alla copia di «Mein Kampf» di Adolf Hitler che in Ger­ma­nia si può con­sul­tare solo per motivi di stu­dio.
«Il sospetto è che i ser­vizi dell’Assia cono­sces­sero in anti­cipo le moda­lità dell’attentato», rias­sume Stern, men­tre al vaglio degli inve­sti­ga­tori restano «ano­mali» ritardi nella tra­smis­sione agli uffici fede­rali di infor­ma­zioni vitali per le inda­gini sul ter­ro­simo nazi­sta.
Così, in attesa di esplo­rare tutti i link con­nessi alla rete neo­na­zi­sta in Ger­ma­nia si con­ti­nua ad archi­viare l’«Odio Nero» nelle, tutto som­mato, più tran­qul­liz­zanti cate­go­rie tra­di­zio­nali. Poco importa se, come ricorda la Taz, gli agenti del Klan sono ancora in ser­vi­zio e rischiano al mas­simo una nota disciplinare.

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