Libia, quattro italiani rapiti dai jihadisti
È tornato l’incubo dei rapimenti in Libia. Ormai le sedi diplomatiche occidentali sono vuote perché le rappresentanze estere (inclusa quella italiana) hanno gradualmente lasciato il paese in fiamme a partire dallo scorso anno e quindi gli unici obiettivi dei jihadisti sono rimasti lavoratori e ingegneri stranieri delle compagnie petrolifere europee.
Come è il caso dei quattro impiegati della società Bonatti di Parma, fornitore dell’Eni, rapiti ieri in Libia nei pressi della città di Mellitah. I tecnici Gino Tullicardo, Fausto Piano, Filippo Calcagno e Salvatore Failla sono stati prelevati nel villaggio di al-Tawileh e portati nel deserto del Fezzan.
Secondo fonti militari di Tripoli, i rapitori apparterrebbero al gruppo «Geish al Qabila» (Esercito delle tribù), jihadisti che combattono contro i miliziani di Fajr (Alba), appoggiati dai combattenti di Misurata. I pozzi di Mellitah, punto di partenza del gasdotto Greenstream, gestito da Eni e dalla compagnia nazionale libica (Noc), erano stati oggetto di tentativi di attacco da parte dei jihadisti ma erano stati messi in seguito in sicurezza dai combattenti di Fajr.
Con l’abbassamento dei prezzi del petrolio e l’aggravarsi della crisi, la Banca centrale ha deciso di non distribuire né al Congresso di Tripoli né al Parlamento di Tobruk gli introiti della vendita del petrolio. Dopo gli attacchi al Consolato Usa di Bengasi, costati la vita nel settembre 2012, all’ambasciatore Chris Stevens, per mano dei jihadisti di Ansar al-Sharia, è stato evidente che gli stranieri fossero i primi ad essere nel mirino dei gruppi radicali.
Egiziani ed eritrei copti sono stati rapiti e decapitati in varie occasioni dai jihadisti dello Stato islamico che ancora controllano le città di Derna e alcuni quartieri di Sirte. Almeno in altri tre casi di rapimenti sono stati coinvolti tecnici italiani che lavoravano in Libia. L’ultimo episodio in ordine di tempo ha riguardato il medico catanese Iganzio Scaravilli, liberato il 9 giugno scorso.
Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha attivato l’unità di crisi della Farnesina. Non sono state avanzate ancora ipotesi precise sulla matrice del rapimento, ma Gentiloni ha escluso la rappresaglia anti-italiana.
Non aveva fatto lo stesso in occasione dell’attacco al Consolato italiano in Egitto che si è poi dimostrato un attacco jihadista che non aveva come obiettivo gli interessi italiani nel paese. Anche l’Alto rappresentate per la politica Estera dell’Unione europea, Federica Mogherina, si è detta colpita dalla notizia.
Nel Consiglio Ue di ieri è stata discussa l’ipotesi di applicare sanzioni individuali a un numero ristretto di leader libici. Lo scopo sarebbe quello di riportare il Congresso di Tripoli al tavolo negoziale.
Per il momento il parlamento di Tobruk, appoggiato dalle milizie di Zintan e guidato dall’ex agente Cia Khalifa Haftar, ha fatto sapere di aver aperto un’inchiesta ma di ignorare chi siano i responsabili del blitz. Condannando il rapimento, Tobruk ha anche chiesto di revocare l’embargo sulle armi, come già aveva fatto in sede Onu.
Questa evenienza, caldeggiata da Egitto e Arabia Saudita (che avrebbero volentieri invaso la Cirenaica al fianco di Haftar nel febbraio scorso) è stata esclusa dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite anche per dare spazio ad una possibilità di intesa tra le due fazioni. L’accordo per la formazione di un governo di unità nazionale, mediato dallo spagnolo Bernardino León che domani sarà a Roma per riferire della crisi libica, è stato chiuso pochi giorni fa ma non ha trovato il sostegno del parlamento di Tripoli.
Il Congresso si è invece dedicato a dimostrare alla comunità internazionale il suo impegno nella lotta ai traffici illegali di migranti.
Sebbene con metodi discutibili, l’autorità libica che contrasta l’immigrazione clandestina a Sabrata, ha arrestato 110 migranti nord-africani nella città costiera in procinto di imbarcarsi.
L’iniziativa rientra nell’accordo siglato da Tripoli con le autorità locali per fermare i traffici di migranti che partono dalla Tripolitania.
Infine, violenti scontri intertribali, in corso da giorni, hanno causato a Sabha, nel sud-ovest della Libia, 25 morti. Oussama el Wafi, portavoce dell’ospedale di Sabha, ha lanciato un appello agli abitanti a proteggere la struttura.
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