by redazione | 22 Luglio 2015 8:57
La parola chiave del governo Tsipras per convincere i riottosi, fuori e soprattutto dentro Syriza, è «flessibilità» nell’applicazione dell’accordo con i creditori. Ne parla al mattino la nuova portavoce dell’esecutivo, Olga Gerovasili, portando come esempio il rinvio ad agosto della riforma delle pensioni e lo stralcio della tassazione agli agricoltori dai «prerequisiti» imposti dalla troika per sedersi al tavolo dei negoziati e ottenere il maxi-finanziamento da 82–86 miliardi in tre anni del Meccanismo europeo di stabilità (Esm), meglio conosciuto come Fondo salva-stati.
È questa la cruna dell’ago attraverso la quale Tsipras e compagni devono passare: mostrare all’opinione pubblica interna che il Memorandum consente un’interpretazione elastica e permette misure sociali «compensative», e allo stesso tempo dar mostra ai partner continentali che l’approvazione dell’accordo procede senza intoppi.
In questa via crucis che rischia di protrarsi fino all’autunno, quella di oggi è considerata una data-spartiacque: arrivano in Parlamento la riforma della giustizia civile e l’approvazione della direttiva europea sulle banche, e si capirà se dai dissenzienti arriverà un’apertura (magari sotto forma di astensioni e non partecipazione, invece del no come nel voto della scorsa settimana) oppure se si andrà al muro contro muro, con esiti potenzialmente nefasti non solo per l’esperienza di governo ma per la stessa Syriza (mai come ora al top dei consensi in Grecia, grazie soprattutto a Tsipras). I toni degli ultimi giorni non lasciano presagire una ricucitura a breve termine degli strappi avvenuti a partire dall’accettazione dell’accordo da parte del premier. L’opposizione interna, in particolare la Piattaforma di sinistra attraverso il suo leader Panagiotis Lafazanis, ha denunciato il rischio di «trasformazione» della ragione sociale del partito più ancora che del governo. I giovani di Syriza, fermamente contrari al Memorandum perché «contrario ai fondamenti ideologici, agli impegni elettorali e alle decisioni collettive del partito», hanno chiesto una riunione immediata del Comitato centrale e la convocazione di un congresso straordinario. Nel frattempo non si fermano le fuoriuscite: ieri si è dimesso un membro del Comitato centrale, Dimitris Spartinos, tra i 109 che avevano detto no all’accordo.
Inoltre, non passa giorno senza che l’ex ministro delle Finanze Yannis Varoufakis assesti un colpetto all’esecutivo, pur stando bene attento a non colpire il suo collega e sostituto Euclid Tsakalotos: l’altro ieri ha ospitato sul suo blog un intervento molto critico dell’accordo raggiunto e dell’atteggiamento tedesco firmato da un nome a sorpresa: l’ex candidato socialista all’Eliseo ed ex presidente del Fmi Dominique Strauss Kahn, insieme al quale starebbe lavorando a un partito-lobby transnazionale, di sinistra «ma non marxista-leninista» come ha detto spiegato l’economista francese Jean Paul Fitoussi, anche lui della partita insieme a James Galbraith e Joseph Stiglitz (che il giorno precedente aveva incontrato Tsakalotos per offrirgli l’aiuto di quello che per ora si configura come non più di un think thank di intellettuali).
In ogni modo, è probabile che il rinvio della riforma delle pensioni e la sostanziale archiviazione della stangata agli agricoltori (bacino elettorale del partito di centrodestra Nea Democratia, che per questo non la voterebbe mai) non facciano scendere il governo sotto la fatidica soglia dei 120 voti provenienti dalla sua maggioranza, che lo spingerebbero alle dimissioni. Così, incassato il prestito-ponte, riaperte le banche e ripagati i debiti in scadenza, Tsipras prenderebbe fiato in vista dell’inizio dei negoziati per accedere all’Esm, previsto per il 20 agosto. Fino a quel giorno, dovrà provare a riconquistare il suo partito dimostrando che la «flessibilità» nella gestione dell’accordo vuol dire anche non cedere ai peggiori diktat e poter agire sul piano sociale, anche se sarà difficile cominciare le trattative senza l’approvazione della legge sulle pensioni.
Un buon esempio di «flessibilità» è arrivato già ieri: il neoministro del Lavoro George Katrougalos ha bloccato il licenziamento collettivo di 349 dipendenti della metropolitana di Salonicco. Per giustificare l’atto di disobbedienza al Memorandum (che chiede una drastica cura dimagrante del settore pubblico), Katrougalos ha fatto appello al «modello sociale europeo». Come a dire: non chiedeteci di fare cose che voi non fareste mai.
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